“L’orso ha paura pure della sua ombra”

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Sparare al plantigrado in Turchia è vietato. Una situazione non diversa dall’Appennino. Qui l’animale e l’uomo convivono da secoli e solo una volta. La sfida ora spetta al Trentino

di Giuseppe Didonna

© Foto: Biosphoto / AGF –  Orso

AGI – “Ma cosa fai? Sei matto a correre nei boschi, ci sta l’orso, vieni che ti faccio il tè”. Mi urla una anziana nonnina turca in uno sperduto villaggio dei monti Kackar, al confine tra Turchia e Georgia.  Senza ascoltarla ho continuato a correre lungo un sentiero che in pochi chilometri di bosco mi portato verso un prato di montagna. Qui la vista si apre davanti a me per centinaia di metri e mi sento più sicuro. L’invito della nonnina all’inizio mi pareva esagerato, ma ammetto che ha preso peso e autorevolezza man mano che mi addentravo nel bosco. Meglio sedere al caldo a bere tè, piuttosto che ritrovarsi faccia a faccia con il plantigrado.

Scacciati i cattivi pensieri mi godo la corsa, ma al ritorno, prima di attraversare il bosco a ritroso, urlo qualche frase ad alta voce, giusto per avvisare della mia presenza. L’anno dopo, sempre durante una corsa, i monti Kackar mi regaleranno la scena di due orsi che giocano, rotolandosi su un nevaio, sotto gli occhi della madre che intanto mangia.

Una scena indimenticabile, osservata a distanza di sicurezza. “L’orso ha paura pure della sua ombra e per questo non ama le sorprese”.  Stavolta a parlare è un ranger di Sarikamis, non lontano dal confine armeno. A differenza dei monti Kackar qui la popolazione di orsi turchi è letteralmente fuori controllo.  Di Sarikamis, conosciuto come uno dei posti più freddi della Turchia, è famosa anche la discarica. Ci vado con il taxi la prima sera e all’ingresso ci sono 4 orsi che mangiano resti di cibo nell’immondizia. “Quanti ce ne saranno in tutta la discarica?” penso.

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La sera non faccio in tempo a mettermi a letto che il cane dell’albergo abbaia fino allo stremo, mi affaccio dalla finestra e un orso rovista in un bidone della spazzatura. Correre qui sarà difficile, penso. Evito per quanto posso i boschi e nelle aree più fitte corro con la musica dello smartphone al massimo, se il fiato lo permette canto.  Seguo strade sterrate e incontro diversi gruppi di turchi che mi invitano a mangiare il barbecue piuttosto che prendere rischi. “Sei matto? Ci sta l’orso, pure a quest’ora certo”. Ogni sera l’orso continua intanto a fare visita al bidone dell’albergo prontamente segnalato dal cane. Il quarto giorno mi trovo in una radura larga mezzo chilometro e noto una massa scura sulla sinistra, a circa 150 metri. Mi fermo, si muove, si gira, mi guarda, si alza in piedi su due zampe (altissimo) e penso: “ecco, doveva succedere”.  Poi si rimette su quattro zampe e se ne va a gambe levate, lasciandomi paralizzato sulla sterrata. Più tardi, controllando il battito registrato dall’orologio, noto un picco di 194 battiti al minuto in quel momento, a quel chilometro. Un altro incontro indimenticabile, mi ripeto ancora una volta che questo sport, la corsa in montagna, la si pratica anche e sopratutto per momenti come questi, ma Sarikamis non è decisamente il posto per correre e me ne vado.

Tornerò a fare escursioni. C’è una stretta correlazione tra l’attività della corsa in montagna e la tragica morte di un ragazzo di 26 anni, Andrea Papi, ucciso da un orso in Trentino. “L’orso ha paura anche della sua ombra e non ama le sorprese”.  Arrivare di corsa, da soli, in silenzio, senza neanche uno zaino con un contenuto che fa rumori impercettibili agli uomini, ma non agli animali è la maniera peggiore per avere un incontro con un plantigrado.  Attraversare di corsa curve e punti “ciechi” sul percorso espone al rischio di trovarsi faccia a faccia, a pochi metri, con animali che pesano quintali o con cuccioli la cui madre è sicuramente nelle vicinanze e non gradisce che qualcuno si avvicini, di corsa poi. Perchè in natura sono i predatori che arrivano di corsa. Il tragico evento accaduto in Trentino difficilmente avrebbe potuto avere come protagonisti un gruppo di escursionisti.

Ho corso tantissimo in Turchia in luoghi frequentati dall’orso e per fortuna mi sono portato a casa solo ricordi belli. Allo stesso tempo pur trattandosi della stessa specie che ha ucciso Andrea Papi in Trentino, la convivenza nei secoli ha creato una situazione in cui gli attacchi ogni anno si contano sulle dita di una mano, anche dove l’orso si affida a risorse umane per rubare cibo e la popolazione è in salute.

Eppoi sparare all’orso in Turchia è vietato. Una situazione non diversa dall’Appennino. Qui l’orso e l’uomo convivono da secoli e solo una volta, in una delle mie corse, mi sono imbattuto in una madre con due cuccioli che si sono dileguati prontamente senza neanche avermi visto, ma solo per aver sentito il mio odore. Sull’Appennino a nessuno, a differenza che in Turchia, verrà mai in mente di dirti di non correre nei boschi “perchè c’è l’orso”. Vedere l’orso è un evento cosi’ raro da non poter costituire un motivo di tensione e nella storia del parco non si sono mai verificati attacchi e l’unica ‘aggressione’ è stata inventata lo scorso dicembre in una storia ricca di contraddizioni e punti poco chiari.

Diversa e più complicata la situazione delle Alpi italiane, dove dal 2014 a oggi (l’orso è stato reintrodotto a partire dal 1996) si sono verificati 9 attacchi, quasi tutti nella provincia di Trento. L’orso si è riprodotto con successo dopo che 10 esemplari provenienti dalla Slovenia sono stati riportati per dare nuova linfa genetica agli ultimi 4 orsi delle Alpi. Ha trovato un ambiente naturale pulito, un territorio enorme, grandi risorse di bacche, mirtilli e piante e un ecosistema in cui si è inserito perfettamente o quasi. Boschi e prati alpini sono infatti anche luogo di una serie di attività umane, alcune radicate nella cultura locale da secoli, altre di nuova affermazione, come appunto la corsa in montagna. La gestione degli alpeggi, le regole del maso chiuso, la proliferazione di sentieri, malghe e rifugi, il rendere accessibile la montagna al più alto numero di turisti possibile è una caratteristica delle Alpi più che di Appennini, Carpazi, Balcani e monti della Turchia. Tutte catene montuose dove uomo e plantigrado convivono e sparare non è sulle prime pagine dei giornali.

Qui si inserisce la sfida della convivenza tra l’orso e il Trentino, una terra che ha saputo valorizzare e conservare i propri boschi e le proprie montagne e che ora ha il dovere di trovare una soluzione che permetta a uno dei più antichi abitanti delle Alpi italiane di tornare e convivere con l’uomo.

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