Il caos del Terzo Polo placa i malumori nel Pd

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“Extra ecclesia nulla salus”: le frizioni tra Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno avuto la conseguenza di smorzare l’effervescenza della corrente riformista del Nazareno, che chiede a Schlein un compromesso sui temi più controversi

Elly Schlein

AGI – Il Terzo Polo è in subbuglio e l’effervescenza dei riformisti dentro il Partito Democratico si placa. Un caso, forse. Ma tra i parlamentari dem viene considerato anche come la dimostrazione che “extra ecclesia nulla salus”. Non c’è salvezza fuori dal Pd, insomma. O, per usare i versi di Ivano Fossati, “non c’è più terra dove andare”. Lo dimostrerebbe l’intervista di Andrea Marcucci che, dopo aver annunciato la sua uscita dal partito, ha parlato come se la decisione fosse ancora aperta.

Il tema della tenuta degli esponenti e, soprattutto, degli elettori “moderati” è reale ed è sollevato da una voce che nel partito fa sempre rumore. “I moderati vanno recuperati”, dice Romano Prodi. E lo dice su Avvenire. La scelta del vettore del messaggio, in questo caso, è il messaggio stesso. Il Professore parla dalla casa dei cattolici, una parte importante dei moderati, per dire loro che nel Pd si possono sentire a casa.

E per dire a Elly Schlein che va bene il rinnovamento, va bene anche il radicalismo su alcuni temi. Ma su altro serve “il compromesso. Anzi serve un compromesso alto. E serve la forza di discutere sul futuro. Di dire basta alla politica del giorno per giorno. Di progettare. Di fare scelte guardando a un orizzonte lungo”. I temi su cui confrontarsi non mancano, d’altra parte: l’Ucraina, la diplomazia europea, i migranti, il welfare, l’agenda sociale.

Il test delle Europee

Gli smottamenti del Terzo Polo, tuttavia, sono osservati anche da Schlein. Con un interesse duplice e con un misto di speranza e preoccupazione. La segretaria, infatti, ha messo nel mirino le europee del 2024, vero test per saggiare l’efficacia delle scelte compiute sul partito. Da questo punto di vista, i sommovimenti del Terzo Polo rappresentano un rischio e una opportunità, viene spiegato da un alto dirigente dem.

Da una parte, infatti, il Partito Democratico può accreditarsi sempre più come unica alternativa alla destra di governo e puntare a piazzarsi alle europee intorno al 25-30 per cento – obiettivo indicato da una fonte di primo piano del Pd – confidando anche nella fine della “luna di miele” dell’esecutivo Meloni con gli italiani.

Dall’altra, però, c’è da considerare che dopo le europee andranno al voto alcune regioni importanti come Puglia ed Emilia-Romagna. E lì le alleanze serviranno, eccome. Questo il timing. Sempre che i presidenti uscenti di Puglia ed Emilia-Romagna non vogliano candidarsi a Bruxelles. Se Michele Emiliano e Stefano Bonaccini volessero fare il salto europeo, Schlein si troverebbe nella condizione di anticipare il lavoro per le alleanze.

Con quali possibilità? Molto dipenderà dai candidati, ovviamente. In Puglia, stando a quanto viene spiegato da fonti parlamentari, se ne è già cominciato a discutere, facendo il nome di Antonio Decaro. Il sindaco di Bari sembra in grado di tenere insieme Pd, Terzo Polo e, soprattutto, i Cinque Stelle che nella regione sono forti.

In Emilia-Romagna il nome che viene fatto è quello della deputata europea Elisabetta Gualmini, esponente dem vicina a Stefano Bonaccini. Le speranze di una fonte Pd sono riposte nella capacità di Schlein di attrarre pezzi di Movimento 5 Stelle, come accaduto con Massimo Bugani. Intanto la leader dem, archiviata la breve pausa pasquale, è di nuovo al lavoro per programmare l’avvio del Partito Democratico che porta la sua firma.

La prossima direzione nazionale

Si dovrebbe tenere la prossima settimana. Un appuntamento che rappresenta il primo vero confronto interno dopo le primarie e la messa a punto degli organi statutari, ultimo dei quali la segreteria dem. Un esecutivo fatto a immagine e somiglianza della leader, tanto che un esponente di primo piano del Pd alla Camera oggi ironizzava: “Abbiamo appaltato il partito al Pd dell’Emilia-Romagna“.

Un riferimento nemmeno tanto velato alla figura di Igor Taruffi, bolognese di Porretta Terme, consigliere e assessore in Regione Emilia-Romagna, a cui Schlein ha consegnato le chiavi del partito delegandolo all’organizzazione. Un fedelissimo di Schlein come Marta Bonafoni, titolare del coordinamento. Scelte che hanno spiazzato anche alcuni di quei parlamentari che avevano sostenuto Schlein durante il congresso.

La direzione non è stata ancora convocata, ma è attesa per l’inizio della prossima settimana, fra lunedì e martedì. Da vedere se Schlein vorrà presentarsi all’appuntamento avendo chiuso tutta la partita sugli assetti del partito. Ancora da nominare, infatti, le vicepresidenze dei gruppi per i quali nessuno, fra i parlamentari, si sente di scommettere.

Non è ancora chiaro, infatti, quale sia lo schema di Schlein. Se riequilibrare le scelte fatte con le presidenze dei gruppi di Camera e Senato, andate alla maggioranza interna, o se assegnarne tre all’area Bonaccini e tre alla maggioranza. In ogni caso, a sondare i parlamentari dem di minoranza, non sembra che il confronto nel parlamentino dem sia destinato ad accendersi: “Potrebbe esserci qualche intervento da parte delle mozioni rimaste fuori dagli organi del partito“, si spinge a ipotizzare una fonte dem.

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