Il governo di destra sul lavoro in sei mesi fa piu della sinistra in dieci anni

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Le critiche da parte della sinistra contro il decreto lavoro appena varato dal CdM e sulle politiche che il governo di centrodestra sta portando avanti sul sociale sono state improntate più che altro sulla ideologia e sui luoghi comuni. Ma è certamente indubbio che le ultime riforme in tal senso da parte della sinistra ( se cosi ancora si può definire Renzi e il suo governo) nel periodo del governo di Matteo Renzi, dieci anni or sono.

Il tanto vituperato ” jobs act ” ( soprattutto dal Pd ) e il bonus 80 euro che ancora oggi rappresentano una beffa per la sinistra e per i gruppi parlamentari Pd. Un’opera di macelleria sociale. Un favore a Confindustria.  Un colossale furto di diritti. Così a turno sono stati bollati i primi decreti attuativi del Jobs Act non solo dalle forze dell’opposizione a cominciare dai pentastellati, ma dalla minoranza Pd e dai sindacati (la Cgil, ma pure Uil e Cisl). Ma pur essendo manovre certamente perfettibili avevano avuto il merito di rappresentare un primo tentativo di riforma del lavoro, cosa di cui da anni la sinistra si riempie la bocca, ma su cui a conti fatti non riesce a tirare fuori un provvedimento degno di tale nome, pur essendo al governo per 8 anni sugli ultimi dieci. D’altra parte la vera colpa che si additava al Jobs act era quella di avere toccato il vero e proprio totem della sinistra, quel articolo 18, che ormai da anni ha dimostrato quanto sia superato e spesso controproducente.

Un classico delle citazioni marxiste sul lavoro è tratto dai Manoscritti economico-filosofici del 1844: “ Il lavoro produce sicuramente meraviglie per i ricchi, ma spoglia l’operaio. Produce palazzi, ma antri per l’operaio.. respinge una parte dei lavoratori a occupazioni barbariche, e riduce a macchine l’altra parte”. Centosettant’anni di ideologie antagoniste del lavoro hanno continuato – nell’evoluzione dei tempi, dei modi di produrre, del welfare affermatosi e divenuto poi Stato dilapidatore – a ispirarsi a tale tesi. Sindacato e sinistra lottavano perciò per regole “rigide” a tutela del lavoro e dei lavoratori: servivano a ingabbiare la propensione all’incanaglimento considerata istintivamente connaturata agli imprenditori, all’economia di mercato. Un vero e proprio totem ideologico che ancora oggi fa sentire tutti i suoi malefici effetti.

E non è un caso che i più duri attacchi rivolti da parte della sinistra e del sindacato alle nuove riforme del governo Meloni, siano appunto improntate su questi vecchi steccati ideologici e sulle accuse di lanciate dalla nuova segretaria del Pd Elly Schlein che sostiene come ” il decreto condanni alla precarietà”. Ma d’latra per la rigidità di sinistra unico obiettivo deve essere quello, purtroppo irrealizzabile, di apire a tutti le tutele del lavoro a tempo indeterminato, e nessuna concessione alla maggiore flessibilità, come nei paesi anglossassoni, che da anni richiede a gran voce il mondo imprenditoriale. Il reddito di cittadinanza è una sorta di compromesso illusorio, per la tutela di chi non trova lavoro. Un provvedimento che non può e non deve essere considerata una soluzione per i milioni disoccupati del nostro paese, Il governo di centrodestra, al di là di quello che pensano molti ( anche se la Cisl all’uscita dei colloqui a Palazzo Chigi ha fatto importanti aperture al dialogo col governo ) sta provando a trovare una “terza via” ( per citare un termine che per molti anni è stato di gran voga a sinistra), tra assistenzialismo tout court e lavoro fisso per tutti.

Il taglio del cuneo fiscale per esempio, che pare aver stupito anche lo stesso Landini, anche se temporaneo e limitato, è un capisaldo del nuovo decreto lavoro, e questo evidentemente dovrebbe far riflettere chi a sinistra, quando era al governo, non è riuscito ad adottare, anche in momenti di congiuntura economia certamente più favorevoli di quello attuale. Sul piatto ci sono 3,4 miliardi di euro, risorse ottenute grazie al minor deficit previsto quest’anno (4,35% del pil), rispetto al 4,5% fissato con Bruxelles. La detassazione dovrebbe riguardare tutti i redditi fino a 35mila 8 6% di taglio), ma ci sarà uno sforzo maggiore per chi ha un imponibile inferiore ai 25mila (7% di taglio al cuneo). Secondo la Banca d’Italia, con le risorse a disposizione e ipotizzando un “raddoppio dell’importo mensile dell’esonero” per le fasce di reddito che hanno già beneficiato del taglio nei mesi scorsi, l’incremento medio dovrebbe essere intorno tra gli 80 e 100 euro mensili. Ma si tratta di stime. Per conoscere l’entità del taglio bisognerà attendere il decreto. Inoltre si interviene sui fringe benefit che vengono aumentati per chi ha familiari a carico. Reddito di inclusione per chi non può lavorare. Corsi di formazione per chi è in cerca di lavoro, per realizzare tutto quello che invece il reddito di cittadinanza non ha fatto, e cioè incentivare un mercato di lavoro sano, cercando di incentivare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. E poi c’è la questione pensioni minime che dovrebbero essere ritoccate.

Tutte misure che certo non possono ritenersi risolutive, ma che rappresentano un primo tentativo di approcciarsi in maniera non ideologica ma concreta facendo conto sulla scarsità di risorse a disposizione. La premier nei giorni scorsi era stata chiara nel delineare quella che sarebbe stata la linea politica del suo governo sul lavoro e sulle imprese

“La priorità del governo è alleggerire la pressione fiscale sul costo del lavoro. Abbiamo approvato il Def, che ha liberato risorse che abbiamo dedicato completamente a taglio del cuneo fiscale. Procediamo alla riforma del Reddito di cittadinanza, per distinguere chi è in grado di lavorare da chi non lo è. Serve un dialogo serio, costruttivo, sia sul lavoro sia su tutte le materie che affronteremo. Il Cdm di domani prenderà provvedimenti utili per il mondo del lavoro, che variamo in un giorno simbolico”.

E ancora: ”Non è un appuntamento una tantum ma un ulteriore segnale del fatto che il governo ritiene il confronto con le parti sociali molto importante, in un momento particolare in cui abbiamo tante sfide da affrontare per la nostra Nazione. L’incontro di oggi, quindi, è esaustivo rispetto al nostro dialogo, anche perché l’iter del provvedimento che approveremo domani sarà abbastanza lungo”. Quindi serve ‘‘un dialogo serio, costruttivo, sia sul lavoro sia su tutte le materie che affronteremo”, ha detto la Meloni.

Quello che pare certo è che i mercati, tanto tenuti alla vigilia delle elezioni, sembrano premiare questi primi sei mesi di governo di centrodestra, e questo è dimostrato dal differenziale con il bund tedesco ormai stabilmente sotto i 200 punti base. La borsa sta realizzando la migliore performance europea, il Pil ha stupito gli analisti con una crescita del 0,5% ne primo trimestre, con un tendenziale annuo del 1,8%, superiore a quello di Francia e Germania, ed inferiore in Europa solo al Portogallo. Insomma forse la sinistra invece di attaccare la Meloni ed accusare il governo di voler distruggere il lavoro, dovrebbe fare un attento e serio esame di coscienza.

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