L’ultimo comizio Erdogan nella roccaforte di Kasimpasa

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Il presidente turco ha chiuso la campagna elettorale nel quartiere di Istanbul, l’area dove suo padre si trasferì dal Mar Nero e dove il leader turco in cerca di una difficile riconferma è cresciuto e ha mosso i primi passi in politica

©  Giuseppe Didonna – Agi –

AGI – Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiuso la campagna elettorale nel quartiere di Kasimpasa, la sua roccaforte di Istanbul, l’area dove suo padre si trasferì dal Mar Nero e dove il leader turco in cerca di una difficile riconferma è cresciuto e ha mosso i primi passi in politica.

“Siete pronti alla vittoria? Non c’è Turchia senza di noi, voi siete la Turchia e domani lo grideremo forte e chiaro al mondo”, ha arringato una folla in delirio che lo acclamava come ‘figlio di Kasimpasa’. Sullo sfondo della folla sfila il corteo dei tifosi della squadra locale, accendono fumogeni e inneggiano al presidente “C’è solo un presidente Recep Tayyip Erdogan”.

Oltre ad aver rinnovato e ripulito un quartiere che nei decenni passati era fatiscente e pericoloso Erdogan ha anche costruito lo stadio. La gente qui lo ama e lo accoglie come un figlio, tantissime le famiglie accorse ad ascoltarlo e rassicurarlo prima dell’esame delle urne che si presenta a dir poco complicato. Ma i sondaggi che danno in leggero vantaggio lo sfidante Kemal Kilicdaroglu almeno per oggi, qui a Kasimpasa, possono essere lasciati da parte e la fiducia può prendere il sopravvento sulle preoccupazioni.

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Recep Tayyip Erdogan

Erdogan ha poi elencato i risultati ottenuti dal proprio governo con un lunghissimo video che mostra le infrastrutture costruite, la nuova macchina turca Togg, le conquiste dell’industria della Difesa, i giacimenti di gas del Mar Nero e il petrolio trovato nell’est.

“Raggiungeremo l’indipendenza energetica, taglieremo i costi. La Turchia è grande e continua a crescere, diventeremo sempre più forti”, slogan buoni per una folla che lo ama e lo amerà a prescindere, che di una Turchia senza di lui non ne vuole proprio sapere.

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© Giuseppe Didonna – Agi

“Lo amiamo quanto amiamo Allah, lo ho votato e lo voterò sempre”, dice una signora giunta con due bambini al comizio. “È un leader di livello mondiale, ha reso questo Paese importante. Ora non prendiamo ordini da nessuno, se ne facciano una ragione gli americani”, dice ad Agi un uomo di mezza età ad altissima voce per superare il rumore della folla. Poi tocca ai ‘nemici’. Sullo schermo passano le immagini di Kilicdaroglu, ma anche i filo curdi di Hdp, la segretaria Pervin Buldan, il leader Selattin Demirtas in carcere dal 2016 e i terroristi del Pkk. Parte un boato di fischi.

“Il signor Kemal (Kilicdaroglu ndr) è in combutta con i terroristi, vuole liberare Demirtas e sostenere il Pkk. Noi abbiamo combattuto i terroristi, li abbiamo colpiti e cacciati fuori dal Paese. Ora il signor Kemal si è alleato con chi ha ucciso i nostri figli”, arringa la folla Erdogan che continua a fischiare le immagini che scorrono schermo. Per l’ultimo appuntamento prima delle elezioni Erdogan ha abbandonato il profilo basso che ne aveva contraddistinto l’intervento televisivo di ieri sera, quando ha definito le elezioni “la celebrazione della democrazia per il futuro del Paese”.

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E definito “sciocchezze” le voci che dicono che, anche in caso di sconfitta non abbandonerà il potere. “Se la nostra nazione deciderà diversamente faremo ciò che la democrazia richiede, punto”, aveva detto Erdogan ieri. Pensieri negativi che oggi sono stati messi da parte. Il suo popolo, il popolo di Kasimpasa, di sconfitta non vuole proprio sentir parlare.

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