Ricordando la tragedia del Vajont…

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Un sibilo inquietante si diffonde nella valle attraversata dal torrente Vajont, poi un improvviso frastuono annuncia quello che da anni si temeva:
una frana di 270 milioni di m3 si stacca dal Monte Toc e cade di botto nel bacino ricavato dalla costruzione dell’omonima diga : ha un’estensione di oltre 2 km e un’altezza di 180m.
L’acqua invade i paesi vicini alle rive, poi solleva un’onda di 200m di altezza e 50 milioni di m3 di volume, di cui 30 si precipitano compatti verso il Piave con una velocità di 90 km/h e un fronte di 150m: lo spostamento d’aria che creano è pari a 2 bombe atomiche di Hiroshima.
E’ il 9 ottobre 1963, ore 22,39. Tutto succede in soli 4 minuti…

 

Grazie alla giuria della VI edizione del Concorso Artistico Letterario “Persephone, fiori di poesia”, per avermi elargito il Premio ‘Presidenza Atlantide’ per ‘L’orrore, l’umiliazione, la rinascita’ (sezione ‘Racconti brevi‘).
Il Concorso -organizzato da Atlantide – Centro studi nazionale per le arti e la letteratura (Liguria-Calabria) e La VOCE agli italiani (quotidiano online ed ora anche periodico cartaceo) è dedicato a Persephone, dea della primavera ed implicitamente, della rinascita.
E proprio facendo leva su quest’ultima parola, ho voluto ricordare la tragedia del Vajont, occorsa tanti anni fa ma impressa nella memoria collettiva di tutti noi italiani (anche quelli che all’epoca non erano nati).
Chi meglio di Longarone (con 1450 morti di cui 457 bambini) può insegnare -e insegna- che si può sempre rinascere, anche partendo da sotto zero?
Nonostante la forte compromissione del potere politico con quello economico?
Nonostante la campagna politica e di stampa da parte dei maggiori giornali nazionali per far passare la tesi dell’evento ‘naturale imprevedibile’?
Nonostante la vicenda processuale sia durata 37 anni dal disastro (29 dopo l’avvio dei procedimenti civili)?
Col tempo anche gli agenti atmosferici e la natura hanno rimediato in parte al dissesto: le acque hanno rimodellato gli alvei di scorrimento del Piave ricostituendo la rete idrica, la vegetazione pioniera ha gradualmente invaso i pendii e i versanti, riprendendo pian piano possesso del territorio: le cime del Parco delle Dolomiti Friulane sono oggi annoverate nel cosiddetto ‘Patrimonio dell’Umanita’ (Unesco).
Si può sempre ripartire.

Paola Cecchini

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