Le emergenze sociali oggi

Attualità & Cronaca

Di

Tra le molte emergenze sociali del nostro Paese la prima e forse la più importante è il lavoro.  Bisogna ricominciare a creare lavoro, producendo ciò che serve a livello nazionale, finiamola di essere il mercato della Cina.  Possiamo produrre prodotti come quelli cinesi e anche migliori e far rinascere la nostra economia ed il lavoro, basta che la politica lo voglia e non sia più asservita alle volontà globaliste e ai diktat  di Bruxelles. Ogni paese ha il diritto di produrre per sé e far girare l’economia interna. Più di venti anni di globalizzazione e delocalizzazione hanno portato alla deindustrializzazione del nostro Paese, alla scomparsa del ceto medio, che era la spina dorsale della nazione, alla chiusura di importanti fabbriche ed industrie e alla conseguente perdita di milioni di posti di lavoro. L’Italia un tempo era l’eccellenza del settore tessile, bisogna riprendere a produrre manufatti per far ripartire il settore e puntare sulle tante risorse che rendono il nostro paese unico, come le bellezze artistiche e ambientali. Il turismo deve essere potenziato per fare ripartire l’economia e dare lavoro. Oggi l’emergenza si chiama povertà, non è più quella povertà marginale e quasi statica che è stata sempre presente, è una povertà nuova perché colpisce chi ha sempre prodotto e lavorato, finito in miseria per la crisi economica, per le restrizioni e le chiusure selvagge imposte da una gestione improvvisata ed incompetente della recente pandemia, per le speculazioni finanziarie internazionali, per le banche che decidono le economie degli stati e che per i tassi di interessi troppo alti hanno fatto fallire intere famiglie che hanno perso anche la loro casa. Tre sono state le cause principali che hanno reso il cittadino più vulnerabile: al primo posto c’è la precarizzazione del lavoro, la contrazione del così detto welfare state o stato del benessere, cioè  la riduzione delle spese pubbliche e delle politiche sociali che lo stato adotta per proteggere i cittadini dai rischi e dai bisogni; a tutte queste contingenze esterne negative  si aggiunge la fragilità dei legami familiari e interpersonali a causa dell’affermarsi di nuovi modelli e stili di vita, molto veicolati dai mass media, che minano alla radice ogni legame stabile; la società è diventata, spesso suo malgrado, fluida. Ad esempio molti  uomini separati, pur avendo delle normali entrate vivono in condizione di povertà, senza neppure la casa, perché è rimasta alla ex moglie alla quale devono passare gli alimenti e in più provvedere ai figli.  Oggi si parla di nuove povertà per indicare questo stato di insicurezza ed instabilità, un lavoro precario produce un reddito precario e sempre più persone non possono avere alcuna sicurezza per il loro futuro più prossimo . Tutti questi fattori rendono vulnerabili. Per risolvere questi problemi bisogna ripartire dal lavoro che dà dignità, costruisce identità, appartenenza ed integrazione, questo compito spetta allo stato che deve favorire le politiche occupazionali agevolando le imprese e non la baronia di Bruxelles, riducendo le tasse, promovendo la nascita di nuove realtà produttive. Bisogna recuperare le relazioni sociali per contrastare povertà ed emarginazione  e combattere la crescente affermazione dei legami deboli.I nuovi poveri, pur vivendo in una condizione di vulnerabilità lavorativa e relazionale, sono esclusi dai servizi sociali e dall’assistenza. Le persone esposte a queste criticità sono molte: gli anziani in pensione, i genitori separati, i disoccupati, i giovani precari, i lavoratori poveri, i lavoratori precari che hanno tra i quaranta e i sessanta anni, i migranti. Molto c’è da ricostruire, molto da progettare, ci vogliono le politiche giuste per rilanciare lo stato sociale, ma ancor di più sarebbe giusto dire che ci vogliono gli uomini giusti. Uomini giusti e non servi di una politica europea che ha distrutto la serenità ed il benessere dei cittadini per favorire la crescita ed il potere di quei “mercati” dai quali ormai dipendono le sorti di una Nazione. Bisogna avere comunque fede, la storia ci insegna che tutto questo finirà, così come è finito il nazismo ed ogni altra follia che nei secoli ha violentato, mortificato e perseguitato l’umanità e quel qualcuno che oggi crede di essere invulnerabile farà la fine che il tempo e la ferocia dell’uomo ferito gli hanno riservato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube