Ponte Morandi, sapevano che rischiava di crollare

Dalle carte di un processo che cerca giustizia per le 43 vittime dell’agosto di (quasi) cinque anni fa, fuoriesce che già dal 2010 c’era più di qualcuno che poteva e doveva parlare, oltre che agire. Tra un disinteresse “autocertificato” e dei rimpianti tardivi, monta lo sdegno di chi ogni anno, dopo sirene e silenzi, intorno a sé vede solo un’altra vergogna “all’italiana”

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La tragedia del Ponte Morandi è un altro doloroso capitolo di cronaca “all’italiana”, un caso in cui tutti erano a conoscenza dei pericoli imminenti ma il silenzio ha prevalso, fino a quando la conta delle vittime ha deciso di svelare lentamente la verità.

Fatti e nomi

Gianni Mion, ex AD della holding Edizione S.p.A. dei Benetton, nonché membro del consiglio di amministrazione di Aspi e della sua ex società madre (Atlantia), ha fornito – come persona informata sui fatti – testimonianze cruciali durante l’udienza sul collasso del ponte. Le sue parole, tra le quali hanno risuonato “[…]Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo”, hanno rivelato una riunione del 2010 – ben otto anni prima della tragedia, quindi – a cui parteciparono l’allora amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia, e, secondo la memoria dell’ex consigliere, dirigenti e tecnici di Spea. Durante quest’incontro, di fatto, venne chiaramente dichiarato che il ponte presentava anomalie strutturali intrinseche, nonché che un suo cedimento – molto probabilmente dovuto a usura e reiterata incuria – fosse possibile. Ma pare che, in risposta alle preoccupazioni sollevate da Mion (“Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza”), Mollo avrebbe addirittura affermato: “Ce la autocertifichiamo”.

Una testimonianza sconcertante, dunque1, che ha evidenziato una cultura della negligenza unita ad una mancanza di responsabilità a vari livelli – l’affidabilità di un ponte può mai essere affidata a una sorta di autovalutazione? – e che si è rivelata persino controproducente per lo stesso ex AD che l’ha pronunciata, tanto da catapultarlo al centro dell’attenzione con la probabilità di essere iscritto nel registro degli indagati, insieme agli altri 59 coinvolti, con l’accusa di omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, omissione di atti d’ufficio, crollo doloso, attentato alla sicurezza dei trasporti e falso (richiesta, a quanto pare, avanzata dal rappresentante legale di Riccardo Rigacci, l’ex direttore del I Tronco di Autostrade per l’Italia, anch’egli sotto indagine).

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Un ponte tra i rimpianti e gli interrogativi

Il racconto di Mion, comunque la si veda, dipinge un quadro inquietante e solleva domande importanti sulla (cor)responsabilità di coloro che erano a conoscenza dei pericoli imminenti ma hanno scelto di tacere. Il suo rimpianto per non aver parlato prima, unito agli interrogativi di Egle Possetti, presidente del Comitato dei parenti delle vittime del Ponte Morandi (“Mi chiedo come si possa stare zitti quando si hanno tra le mani informazioni di una gravità come questa e come certe persone possano dormire sonni tranquilli”), riflette la profonda preoccupazione su come tali indizi gravi siano stati tenuti segreti, causando la perdita di vite umane.

Il 14 agosto 2018, infatti, quell’omertà si è trasformata in un disastro che ha reclamato le anime di 43 persone. 43 storie comuni che, pensando fosse un giorno qualunque, attraversavano il viadotto del Polcevera (alias il “Ponte Morandi“).
E ancora oggi, mentre le sirene risuonano ogni anno in memoria delle vittime – puntualmente, alle 11:36 dello stesso giorno d’estate – e mentre segue quel minuto “in sordina” che costringe tutti a riflettere su cosa è stato e perché, nel porto di Genova è sempre più forte l’eco della frase pronunciata dalla Possetti durante la celebrazione dell’anno scorso: “[…]A forza di osservare minuti di silenzio abbiamo messo insieme anni di vergogna”.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Miriam Gualandi del 23 maggio 2023), Wikipedia, Il Sole 24 ORE, Domus, Il Fatto Quotidiano, Primocanale.it, Calcolostrutturale.com, Genova24, Vanity Fair, Gazzetta Amministrativa, Gazzetta Ufficiale, Il Sole 24 ORE (sezione dei video), L’Indipendente;

Canale YouTube: Il Sole 24 ORE, Primocanale;

Profilo Facebook: Comitato dei parenti delle vittime del Ponte Morandi.

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

Note di riferimento:

  1. Oppure, come qualcuno dubita, saremmo solo di fronte a una semplice strategia giudiziaria per invalidare delle rivelazioni che potrebbero rappresentare una svolta cruciale nel processo, mettendo sul piatto una serie di incompetenze e avidità diffuse, con nessuno – e diciamo nessuno, Ministero incaricato compreso – disposto a prendersi l’accortezza di riesaminare l’integrità di un ponte “difettoso”.

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