Sul Pnnr troppi attacchi strumentali

Economia & Finanza

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E’ stata una delle prime cose che la segretaria del Pd Elly Schlein ha detto, dopo la batosta elettorale alle amministrative. Il partito deve puntare maggiormente a criticare le difficoltà che il governo starebbe affrontando sulla gestione del piano di resilienza e resistenza, per provare a mettere in difficoltà una destra che sembra sempre più forte e per provare a frenare la sua corsa verso l’importante appuntamento delle Europee del prossimo anno. Ed in effetti sul Pnnr e sul povero ministro Raffael Fitto, che ha la delega al piano stanno piovendo da settimane critiche durissime e spesso anche ingenerose. Il ministro ha in mano uno dei compiti forse più ingrati di tutto il governo e sta cercando con la sua grande e riconosciuta abilità diplomatica e la sua lunga esperienza a Bruxelles, di portare in porto una trattiva assai complicata con la commissione europea. Ma certo che tutte queste polemiche non possono che nuocere al suo sforzo e quindi all’interesse della intera nazione che con il Pnnr si sta giocando moltissimo sia sul piano della credibilità che su quello più strettamente economico.

Certo inutile negarlo il piano certamente ha degli intoppi, generati non solo dalle condizioni radicalmente cambiate rispetto a due anni, sia dal punto di vista geopolitco che da quello economico, ma anche per quella atavica difficoltà da parte del paese a spendere i soldi che arrivano dall’Europa. Lo ha detto lo stesso Fitto di recente, facendo presente come degli ultimi fondi di coesione il nostro paese è stato in grado di spenderne solo il 34%. Ecco allora che pretendere che di colpo la elefantiaca macchina statale riesca ad diventare efficiente in pochi mesi e spendere senza problemi in tre anni ben 209 miliardi di euro, è pura e semplice fantasia.

Ma quello che stona in questo continuo stillicidio di polemiche che stanno riguardano il Pnnr e il ministro degli Affari regionali è l’accusa di incapacità verso un governo ed un ministro che sono in carica da soli 7 mesi e che hanno comunque cercato di fare ordine in una situazione che oggettivamente di ordinato aveva ben poco. Il governo Conte che ha ottenuto i fondi nell’estate del 2021, ha da subito mostrato una certa confusione sia nell’organizzare la macchina burocratica preposta e sia nel decidere quali fossero le opere da inserire nel piano e che potessero essere realisticamente realizzate nei tempi previsti. Forse qualcuno dimenticherà quella inutile e stonata passerella degli Stati generali, che servì solo a dare visibilità e rilievo al premier e al suo onnipresente guru della comunicazione, ma che all’atto pratico non produsse nessun fatto concreto.

Poi è stata la volta di Draghi, che dopo aver accentrato al ministero dell’economia, ha deciso di apportare alcune modifiche al piano conte per cercare di aumentare i fondi per la transizione energetica e per quella digitale. Ha poi ridotto i fondi per le infrastrutture ( proprio quello su cui ora sembra puntare fare Fitto ). Il Piano che Draghi con la sua squadra aveva messo a punto si focalizzava su tre obiettivi principali: il primo era volta soprattutto a  riparare rapidamente i danni economici e sociali della crisi pandemica. Il secondo invece che aveva un arco temporale più lungo, il Piano affrontava alcune debolezze che affliggono l’economia e la società italiane da decenni: divari territoriali, disparità di genere, debole crescita della produttività e basso investimento in capitale umano e fisico. Infine, le risorse del Piano doveva contribuire a dare impulso a una compiuta transizione ecologica. Nel complesso, il 27% del Piano era dedicato alla digitalizzazione, il 40% agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico, e più del 10% alla coesione sociale.

Ma tutto questo alla fine è rimasto sulla carta, perchè la crisi di governo non ha permesso che si potesse proseguire sulla strada seguita dal governo Draghi, che appariva fatto di buoni propositi ma di difficile attuazione in alcuni punti. Ma nessuno ha mai evidenziato qualche difficoltà che comunque si era palesata anche durante il governo dell’ex banchiere centrale. Ecco allora che adesso le polemiche praticamente giornaliere a cui si deve assistere sui ritardi e le difficoltà del piano, che nessuno, Fitto per primo, nega, sembrano appunto utilizzate in maniera un pò strumentale, considerando anche l’approssimarsi di un appuntamento elettorale cosi importante come quelle delle Europee del giugno del 2024.

Ma queste polemiche non fanno altro che creare tensioni e alzare polveroni controproducenti e che inevitabilmente rendono il governo più debole anche nella sua difficile e delicata interlocuzione con Bruxelles. In un momento in cui occorre, proprio su una occasione storica come del Pnnr, come ha anche detto qualche settimana fa il presidente della repubblica, la massima collaborazione da parte di tutti, si preferisce invece attizzare polemiche inutili per puro interesse di parte ( che poi visto come sono andate le ultime elezioni amministrative anche senza ottenere alcun beneficio di sorta).

L’opposizione deve fare il suo mestiere per carità e la critica al governo è sempre legittima, ma soprattutto quando c’è in gioco l’interesse e la credibilità della nazione, ma questa critica dovrebbe cercare di essere costruttiva e far prevalere sempre la difesa dell’interesse generale, rispetto a quello della propria parte politica. Ma purtroppo negli ultimi tempi, non è sempre stato così.

Vincenzo Cacciopoli

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