“Carne e nutrizione” – Presentazione libro edito da Franco Angelisulle nuove frontiere della sostenibilità

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Claudio Di Salvo

’Italia è agli ultimi posti in Europa per consumi di carne pro capite. Secondo i più recenti dati Ismea, che prendono in considerazione i “consumi apparenti”, quelli che includono nel computo anche ossa, tendini e grasso dell’animale, nel nostro Paese si mangiano circa 65,3 Kg pro capite di carne all’anno, fra pollo, suino e bovino, poco meno di 33 kg all’anno per persona se si considerano i “consumi reali”, cioè quelli al netto delle parti non edibili. Questo è ciò che è emerso oggi durante la conferenza stampa di presentazione del volume Carni e salumi: le nuove frontiere della sostenibilità, scritto da Elisabetta Bernardi, Ettore Capri e Giuseppe Pulina. Il libro è edito da Franco Angeli con il contributo di Carni Sostenibili, organizzazione no profit che riunisce le associazioni dei produttori di carni e salumi italiani con lo scopo di promuovere un consumo consapevole e la produzione sostenibile degli alimenti di origine animale.

Elisabetta Bernardi, biologa nutrizionista e specialista in Scienze dell’alimentazione, ha sottolineato il valore anche tradizionale delle proteine animali nella nostra alimentazione: “La carne è stata un caposaldo della dieta umana, e lo è tuttora in molte popolazioni – ha detto l’esperta – Essa contiene diverse vitamine e minerali, oltre a tutti gli aminoacidi essenziali, che la rendono un’eccezionale fonte proteica, ottimale per il supporto della sintesi proteica per la costruzione e il mantenimento dei muscoli. La carne, per esempio, costituisce una parte importante della dieta degli anziani, per prevenire il calo della forza muscolare correlato all’età e l’aumento della fragilità. Nei soggetti più giovani e fisicamente attivi, è stato recentemente documentato che l’assunzione di proteine della carne ha effetti benefici diretti sulla composizione corporea e sulla forza muscolare”.

Non solo proteine, però. Bernardi, infatti, ha ricordato l’alto valore nutrizionale della carne: “Un alimento che apporta un’ampia gamma di minerali e vitamine alla dieta, i più importanti dei quali sono il ferro, lo zinco e la vitamina B12”. Inoltre, il ferro associato alla carne rossa (il cosiddetto “ferro eme”) è notevolmente più biodisponibile del ferro non eme associato alle fonti vegetali e ad altri alimenti di origine animale. “La percentuale di ferro eme assorbita può essere da due a tre volte quella del ferro non eme”, ha aggiunto Bernardi. Un dato fondamentale, se pensiamo che la carenza di ferro rappresenta uno dei principali problemi nutrizionali in tutto il mondo. Anche nei Paesi sviluppati, l’assunzione di ferro può essere spesso inferiore a quella raccomandata e sembra essere particolarmente diffusa nelle giovani donne.

Insomma la carne è a tutti gli effetti parte integrante della dieta mediterranea, modello alimentare sui cui benefici la scienza è concorde, e proprio sulle novità dal mondo scientifico sui temi della nutrizione e della salute Bernardi ha aggiunto: “Una recentissima revisione della letteratura pubblicata su Nature Medicine sottolinea quanto siano deboli e insufficienti le evidenze per formulare raccomandazioni conclusive sul consumo di carne rossa”. Secondo gli autori dello studio, infatti, la carne rossa non costituisce un rischio per la salute, come del resto già evidenziato da altre pubblicazioni quali lo studio PURE, condotto su 164.000 partecipanti, che ha dimostrato che il consumo di quantità moderate di carne non trasformata non aumenta il rischio di patologie cardiovascolari né ha conseguenze sulla mortalità.

E sugli impatti ambientali della carne Elisabetta Bernardi ha affermato: “Le stime dell’impronta ambientale degli alimenti si basano principalmente su Kg di prodotto quale unità funzionale, non considerano invece la loro capacità di coprire i fabbisogni nutrizionali umani”. Gli amminoacidi essenziali, per esempio, sono parametri chiave nella valutazione della qualità degli alimenti “e – ha aggiunto Bernardi – quando viene calcolata l’impronta ambientale di un alimento di origine vegetale o animale, considerando la capacità di questo alimento di coprire i fabbisogni umani di aminoacidi essenziali, l’impronta ecologica degli alimenti di origine animale – sia come uso del suolo, sia come emissioni di gas a effetto serra – è pressoché simile o addirittura inferiore a quella relativa alla produzione di proteine vegetali, a eccezione della soia, che però non è nella tradizione mediterranea”. “Per coprire i fabbisogni in aminoacidi essenziali con gli alimenti di origine vegetale – ha concluso l’esperta – abbiamo bisogno di quantità maggiori, con conseguente maggiore uso di suolo e maggiori emissioni di gas a effetto serra”.

All’evento, insieme agli autori del volume, è intervenuto anche Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia.

Claudio Di Salvo

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