Uber Eats fa flop in Italia e chiude le attività

Economia & Finanza

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Dopo sette anni di presenza nel settore delle consegne a domicilio, l’azienda ha deciso di interrompere le operazioni promettendo una transizione senza problemi per i ristoratori e i corrieri. La Cgil avverte: “I lavoratori non avranno diritto agli ammortizzatori”

AGI – Dopo 7 anni Uber Eats dismette le attività di consegna a domicilio del cibo in Italia. “In questi anni, purtroppo, non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo. Ecco perché oggi siamo tristi di annunciare che abbiamo preso la difficile decisione di interrompere le nostre operazioni di consegna di cibo in Italia tramite l’app Uber Eats”, scrive Manuele De Mattia, responsabile della comunicazione, sul blog dell’azienda.

“Il nostro obiettivo principale è ora quello di fare il possibile per i nostri dipendenti – prosegue – in conformità con le leggi vigenti, assicurando al contempo una transizione senza problemi per tutti i nostri ristoranti e i corrieri che utilizzano la nostra piattaforma”. Mentre termina l’attività di consegna del cibo, l’azienda rilancia il suo impegno in Italia negli altri settori in cui è attiva: “Questa decisione ci consentirà di concentrarci ancora di più sui nostri servizi di mobilità, dove stiamo registrando una crescita importante”.

Le preoccupazioni della Cgil: lavoratori senza ammortizzatori

“Uber Eats ha comunicato oggi la chiusura in Italia, con la conseguente perdita dell’occupazione nelle diverse attività dirette e indirette legate alla consegna del cibo. Una grave decisione motivata dal fatto che l’azienda non è riuscita a costruire sufficienti quote di mercato”. Lo affermano la segretaria confederale della Cgil Francesca Re David.

“Chi lavorava per Uber – prosegue la dirigente sindacale – si ritroverà in grave difficoltà, con la perdita dell’occupazione e del reddito. I lavoratori inquadrati come collaboratori occasionali e a partita Iva, che sono la forza lavoro utilizzata per la consegna del cibo, pur perdendo l’attività lavorativa non avranno diritto agli ammortizzatori sociali né ad alcun sostegno pubblico per un’eventuale ricollocazione”.

Re David sottolinea: “Oltre alle procedure riguardanti i dipendenti diretti, che se non ricollocati in altre attività avranno accesso quanto meno al sussidio di disoccupazione, occorre capire se e in che modo Uber Eats intende ridurre l’impatto di questa decisione improvvisa per l’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori. Non è accettabile lasciare lavoratrici e lavoratori senza alcun reddito a partire dal prossimo mese”.

Poi conclude: “L’azione che abbiamo intrapreso come sindacato a sostegno di questi lavoratori dovrà continuare più forte di prima. Chiameremo in causa – conclude Re David – anche il Ministero del Lavoro per chiedere di intervenire su Uber e per agire sulle norme vigenti in materia di lavoro tramite piattaforma”.

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