De Laurentiis pronti a rilanciare il Bari tra concrete speranze e contro il puntuale disfattismo imperante

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Della riunione di ieri a Roma tra il presidente De Laurentiis e il direttore sportivo Polito si sa poco, anzi nulla. Si possono fare solo ipotesi, si possono ricavare indiscrezioni, si può, come suol dirsi, fare “due più due” per provare a tirare sbiadite somme, ma più di così, per adesso, non possiamo fare né sbilanciarci. Tra l’altro, chi vi scrive, sta cercando di mettersi in contatto con la dirigenza ma invano. Diciamo che le uniche due certezze, così come scritto ieri, dovrebbero essere le conferme dello stesso direttore Polito e del tecnico Mignani verso il quale, anzi, ci sarebbe l’ipotesi di un prolungamento di contratto. Di un loro disimpegno lo avremmo saputo già da tempo.

E dando per scontato, quanto meno, queste conferme, ora occorre saperne di più sulla programmazione, cosa ne sarà della nuova rosa che dovrà affrontare il campionato dove il Bari, nonostante il proclama dello scorso anno quando la dirigenza dichiarò urbi et orbi che si sarebbero presi tre anni di tempo per puntare alla serie A, è un po’ costretto a puntare dritto alla promozione non fosse altro per dare continuità al campionato scorso che lo ha visto fuori dalla massima serie al 94′ quando mancavano poco più di cento secondi alla fine. Un triste epilogo, un cazzotto allo stomaco che, in città, ancora si fa fatica a digerire, e l’impressione è che, trattandosi della classica partita maledetta, sarà pressoché impossibile dimenticarla. Sta di fatto che bisogna andare avanti e guardare al futuro anche se con una ferita ancora aperta difficile da rimarginare. Solo il tempo e i risultati positivi potranno aiutare in tal senso. Già, i risultati positivi, proprio per questo il Bari è praticamente condannato a provarci a tutti i costi perché altrimenti i malumori della piazza si faranno sempre più intensi. Già ci sono quelli a cui stanno sullo stomaco i De Laurentiis per svariati motivi già abbondantemente trattati in precedenti articoli, poi ci sono quelli col mal di pancia verso Mignani al quale non perdonerebbero più nemmeno un pareggio, insomma c’è da lavorare bene e tapparsi le orecchie.

Ma i De Laurentiis, piaccia o meno, sono immuni da urla scomposte, strilla, mal di pancia, invidie di tifosi di strisciate che soffrono nel vedere i loro risultati ottenuti coi bilanci in ordine al contrario delle loro società che con miliardi di euro di debiti e con le truffe vincono lo scudettino, perdono le finali europee o, peggio, non vincono nulla. I De Laurentiis si possono amare o odiare, ma non si può negare che siano imprenditori seri che, come abbiamo detto più volte, puntano l’obiettivo centrandolo guardando il bilancio. Non è mai andato in affanno economicamente il Napoli da 15 anni a questa parte coi loro bilanci sono sempre invidiabilmente in ordine, mai un’ipotesi di penalità, mai un pericolo fallimento, tasse, ritenute ed iscrizioni a tornei sempre onorati puntualmente, solo qualificazioni ogni anno in Europa, con scudetto finale, non vediamo perché il Bari, gestito alla stessa maniera, debba andare in affanno per ottenere la promozione in A. Certo, servirà che l’asticella degli investimenti venga adeguatamente alzata, su questo non c’è dubbio (e ieri qualcuno, i soliti bontemponi e amanti dei “like”, senza parlare con la dirigenza, hanno scritto di 30 milioni pronti da consegnare a Polito) ma non aspettiamoci follie perché questi imprenditori sanno bene come arrivare all’obiettivo senza svenarsi. Fa parte del loro modus operandi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Qualcuno vede il Palermo come modello da seguire per la promozione diretta, una società che ha trattenuto Brunori e che sta allestendo attorno a lui il cosiddetto squadrone per provare a tornare in serie A. Per carità, auguriamo loro un pronto ritorno in serie A ma, visti i risultati di Benevento e Spal coi loro ragguardevoli paracadute di due anni fa, del Venezia col suo paracadute, di Como, Palermo stesso, Perugia, Parma e Ternana che hanno investito barche di soldi per poi ottenere quei miserabili risultati, siamo sicuri che, spendendo così tanto, per la squadra rosanero sia automatica la promozione? E se dovesse andarle male? La verità è che investire non vuol dire ottenere per forza di cose l’obiettivo prefisso, non è una operazione matematica, c’è sempre un rischio concreto da mettere in preventivo, c’è e ci sarà pur sempre un “Bari” outsider dietro l’angolo. E questo i De Laurentiis lo sanno bene tanto è vero che spendendo poco, se non quegli assurdi due milioni e mezzo per Schiedler che ancora facciamo fatica a capirne le dinamiche, è arrivato al terzo posto perdendo la finale.

L’Inter ha perso lo scudetto e la Champions, la Roma pure, il Milan idem, la Juve non ne parliamo. E questa è la dimostrazione lampante che investire tanto nel calcio non vuol dire essere automaticamente promossi o vincere titoli. Certo, il Genoa ha investito tanto, il Cagliari meno avendo preferito trattenere mezza squadra di serie A, e alla fine ha centrato con merito la promozione, ma è stata una logica e prevedibile eccezione, perché prima o poi ci sarà sempre la società che investe molto e ottiene i risultati.

E poi, domandiamo ai disfattisti, a coloro i quali già intravedono Caprile e Cheddira via per altri lidi: siamo certi che la società li lascerà partire? E se li trattenessero ancora come base su cui costruire la squadra e ripartire? E messo e non concesso che li lascino partire, i segnali chiari e precisi provenienti dalle falde del Vesuvio dove la famiglia tanto amata e odiata è stata audacemente capace di disfarsi di fior di giocatori nel corso degli ultimi quattro anni riuscendo ad arrivare lontano il Champions e vincendo lo scudetto, non ha insegnato nulla? Come dire: via caprile e Cheddira, dentro soldi e con quelli ne prendiamo altri di eguale caratura se non migliori. Il sospetto è che costoro pensano di vivere ancora in epoche relativamente lontane, anzi diciamo ancora recenti, dove disfarsi di Cassano, di Protti, di Tovalieri, di Bonucci, di Ranocchia, di Ventola, di Zambrotta era routine per incrementare il proprio portafoglio senza investire. Con questi imprenditori, se dovessero partire Caprile e Cheddira c’è da giurarci che arriveranno due che non li faranno rimpiangere. Certo, poi nulla è scontato, può capitare di sbagliare, però dopo quanto abbiamo visto, pensare ad errori così clamorosi di Polito ci risulta un esercizio difficile. Fino adesso, gli unici, per così dire, errori intravisti sono stati quel Di Gennaro e Schiedler le cui dinamiche, ribadiamo, non ci sono ancora chiare.

La verità è che a Bari, purtroppo, il disfattismo sia dei presunti tifosi del Bari, sia di quello dei baresi tifosi delle strisciate che gufano contro i biancorossi (e nessuno ci leverà dalla mente che al gol di Pavoletti hanno esultato), è antropologicamente radicato e non c’è giardiniere di prima scelta che possa estirparlo. Occorre fare buon viso a cattivo gioco e avere molta pazienza con questi elementi tendenzialmente messi male psicologicamente. Il nostro augurio è quello che pensino un po’ più a se stessi, alla propria vita, alle proprie squadre di calcio lecitamente e legittimamente tifate, e non si contorcano lo stomaco e la bile pensando al loro incubo De Laurentiis. Perché è partita persa. Ché lascino stare in pace il Bari che è una cosa seria, i cui tifosi dopo centoquindici anni di approssimazione e di improvvisazione, hanno diritto di sognare ad occhi aperti. Ma soprattutto hanno diritto a riprendersi la rivincita dopo la disfatta di 15 giorni fa. E’ un loro diritto e nessuno potrà e dovrà negarglielo. Poi, certo, nessuno può garantire il raggiungimento degli obiettivi immediatamente, è facile che ci vorrà del tempo, ma con questa società non si può non aver fiducia.

E quando, come più volte ribadito, troveremo un solo preteso per muovere una critica dal nostro rostro di giornalisti obiettivi e mai schierati, non esisteremo un attimo ad evidenziarla. Ma, dispiace per taluni, al momento non ne abbiamo riscontrata nemmeno una. A meno che non si parli delle idiozie tipo la sciarpa del Napoli sul collo del figlio Luigi o del tanfo delle uova di Pasqua. Ma questo esercizio di profonda ed alta scienza critica preferiamo lasciarla a quelli dello striscione facile del tipo “De Laurentiis tempo scaduto”, che solo quello possono fare.

Adesso aspettiamo qualche notizia in più per trarre le prime conclusioni, magari organizzando una conferenza stampa. Perché due cose sono certe, anzi tre: le suddette conferme di Polito e Mignani e puntare alla A diretta. Senza svenarsi ma alzando l’asticella degli investimenti operando con acume e saggezza, così come solo Polito sa fare. Con buona pace dei disfattisti che, c’è da giurarci, saranno in rampa di lancio anche quest’anno. E’ più forte di loro.

Massimo Longo

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