Anche quest’anno l’Italia delle istituzioni ricorderà la tragedia di Marcinelle in Belgio

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Anche quest’anno l’Italia delle istituzioni ricorderà la tragedia di Marcinelle in Belgio. Era l’8 agosto del 1956 e il nostro paese aveva firmato dieci anni prima il “Protocollo Italo-Belga” con cui inviava 50.000 lavoratori nelle miniere belghe in cambio di 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore.

I flussi migratori nel secondo dopoguerra erano stati  massicci soprattutto verso la Gran Bretagna, l’America, la Germania ed anche il relativamente piccolo Belgio e cio’ significava abbandonare la propria terra, le proprie famiglie e le proprie tradizioni all’inseguimento di un futuro per i propri figli ma in condizioni di vita alquanto difficili se non disumane. Il Belgio non era attrezzato a ricevere un’onda migratoria di migliaia di persone e gli alloggi erano baracche di lamiera che si surriscaldavano d’estate ed erano gelide d’inverno. Gli italiani appena arrivavano finivano nelle cave dopo un paio di giorni di formazione. Uno shock per chi pensava di trovare l’Eldorado e invece trovava uno stile di vita nocivo, mal retribuito e pericoloso.  Quell’8 agosto il lavoro era iniziato presto e la miniera era in piena attivita’ con centinaia di persone che scendevano a lavorare in profondi cuniculi sotterranei per riemergere al tramonto.  I sistemi di sicurezza erano scarsi anche se la miniera Bois du Cazier a Marcinelle era un fiore all’occhiello dell’industria dell’estrazione del carbone belga. A causa di un fatale errore umano alle 8.11 di quella mattina, un ascensore su cui erano stati caricati due vagoncini sporgenti, durante la risalita sbatte’ contro una putrella che troncò di netto i fili telefonici, due cavi di alta tensione e le condotte ad alta pressione che servivano per far funzionare gli strumenti in fondo alla miniera. A causa di questa concatenazione di eventi scoppiò un incendio nel pozzo d’entrata dell’aria dando alle fiamme le strutture di legno e riempiendolo, in pochi minuti, di fumo e asfissiando centinaia di minatori. Una fine orrenda, da inferno dantesco, in cui morirono 262 persone tra cui diversi ragazzini (gia’ a 14 anni venivano reclutati per lavori pericolosi) di cui 136 italiani.

Lo sgomento fu immediato sia in Belgio che in Italia e diede la spinta per un lento ma decisivo interesse verso i lavoratori e le loro condizioni di lavoro.

La miniera venne chiusa e oggi è macabro patrimonio dell’Unesco a eterna memoria della tragica fine di tante vittime.

I sindacati italiani ricorderanno l’anniversario anche per inserirlo in un discorso piu’ ampio relativo alle migrazioni e al rispetto della dignità umana e in particolare dei lavoratori.

Noi vorremmo qui ricordare tutti coloro che abbandonando l’Italia per recarsi in terre straniere con fatiche immani (ancora a fine Ottocento gli italiani andavano a pieni in Inghilterra impiegandoci circa un mese) hanno non solo garantito un futuro migliore per i propri figli dando, talora, inizio a stirpi di famiglie diventate poi ricchissime, ma hanno anche sostenuto l’Italia con le rimesse e, soprattutto, hanno sempre mantenuto alto il nome del nostro paese.

Sagida Syed

Docente/ giornalista

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