Fu vera democrazia?

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La storiografia attuale ha ripreso ed approfondito i giudizi dati dagli storici e dagli intellettuali antichi sull’Atene periclea per valutare in modo più critico ed obiettivo le opinioni tradizionali che tanto hanno influenzato e condizionato le opinioni dei moderni. Del sistema politico-sociale inventato 2500 anni fa e noto come democrazia si svelano la realtà e l’origine. Lo storico Canfora nota che la parola demokratia nel V secolo viene usata per indicare il predominio violento della parte più povera dei cittadini. Sembra che il termine fu coniato dai nemici del demo ed in effetti le numerose attestazioni del termine nel V secolo sono  ostili e spregiative. Democrazia non nasce dunque come parola della convivenza politica, ma esprime la prevalenza di una parte più che la partecipazione paritetica di tutti alla vita politica. Platone afferma che la democrazia nasce con un atto di violenza: ” quando vincono i poveri ed uccidono alcuni dei ricchi, altri li scacciano, ai rimanenti consentono di compartecipare alla vita politica e le cariche vengono date quasi tutte per sorteggio”. Anche il fatto di conferire le cariche per sorteggio non viene sentito come un atto positivo in quanto non vengono valutate le reali competenze e capacità del singolo, ma è l’attuazione di un programma di appiattimento politico verso il basso. Nella classificazione tipologica delle costituzioni Aristotele ci informa che la democrazia (come l’oligarchia e la tirannide) è una forma deteriore, il cui corrispettivo positivo è la politeia. La democrazia oggi nell’opinione corrente  è considerata una forma di governo positiva pur con i suoi limiti e difetti, tant’è che ci si adopera per “esportarla” e si dà per scontato che realmente il significato etimologico della parola “potere di tutto il popolo” esista realmente e venga applicato quotidianamente; si dà per scontato che tale fu anche nel mondo greco e nella politica della polis di Atene di 2500 anni fa. Eppure già nel mondo antico vi furono diversi giudizi poco lusinghieri sulla nuova forma di governo ateniese, in primis va ricordato il giudizio del grande storico ateniese Tucidide, contemporaneo di Pericle che visse quel periodo e le drammatiche vicende della prima fase della guerra del Peloponneso, causata dalla politica imperialista di Atene. L’antico storico greco definiva il lungo governo di Pericle come una democrazia solo a parole che di fatto era il governo di uno solo, un principato. Nel famoso epitaffio, che Tucidide parafrasa ed in parte riporta in occasione della commemorazione dei primi caduti ateniesi nella guerra peloponnesiaca, lo storico esprime una cupa ironia ed una chiara critica alla retorica democratica che in realtà si rivelò come un’azione violenta e prevaricatrice esercitata ai danni anche degli alleati. Lo storico Luciano Canfora nel suo saggio “ Il mondo di Atene” fa una lucida analisi della democrazia ateniese soffermandosi sulle fonti del mondo antico e riprendendo il giudizio che ne dà l’antidemocratico Platone nel Menesseno, dove il grande filosofo greco afferma che anche se la chiamano democrazia è in realtà un’aristocrazia che ha l’appoggio della massa. D’altra parte Platone non poteva che darne un giudizio negativo dal momento che la maggior democrazia greca diventò famosa per avere condannato a morte Socrate, il suo maestro. Canfora ritrova però il vero e proprio antiepitaffio di Pericle nella breve opera “ Sul sistema politico ateniese” che viene attribuita a Senofonte, ma che in realtà è opera di Crizia (politico, scrittore e filosofo, esponente dell’aristocrazia ateniese, vissuto tra il 460-403 a.c.). In questo testo tutti i punti toccati dal tradizionale elogio vengono capovolti per dimostrare che la democrazia ateniese “è in realtà violenza di classe, cattivo governo, regno della corruzione e della sopraffazione soprattutto nei tribunali, regno di spreco e parassitismo”, inoltre questa democrazia calpesta la cultura e l’arte nelle persone dei suoi massimi rappresentanti “con l’eliminazione stessa degli uomini che le incarnano”. Infatti lo storico statunitense Moses Finley nell’opera ”La democrazia degli antichi e dei moderni” scriveva che la democrazia ateniese pagò un prezzo terribile a livello di fama con la condanna a morte di Socrate. Canfora, proseguendo nella sua analisi, fa notare che quella ateniese non è una vera libertà perché siamo davanti ad una società schiavista, ma bisogna ricordare che neppure gli stranieri o meteci e le donne avevano alcuna voce. Lo storico sostiene che vi era però una libertà in senso moderno perché c’era il diritto alla fruizione della ricchezza e quindi essa era esposta a tutte le sue inevitabili conseguenze come la inarrestabile deriva imperialista, sfociata poi in una oligarchia finanziaria.

Secondo Canfora fu Roma a creare un mito distorto della democrazia ateniese funzionale alla propria politica, ciò nasceva dall’esigenza romana di screditare il grande e comune avversario macedone.  Canfora ritiene che la descrizione della figura di Pericle da parte di Tucidide ed il suo giudizio condizionò le visioni politiche successive ed in particolare sembra che l’idea stessa di princeps nella Roma tardo repubblicana prenda le mosse da Pericle. Cicerone stesso, mentre analizza la situazione critica della politica romana contemporanea, matura l’idea che dalle difficoltà strutturali della repubblica si potrà uscire solo attraverso un princeps e lo descrive usando le stesse parole con cui Tucidide descrive il potere di Pericle.

Lo storico greco scrive:” Per tutto il tempo che fu a capo della città in periodo di pace, governò sempre con moderazione, garantì la sicurezza della città, la quale sotto di lui raggiunse il massimo splendore.” Poi Tucidide spiega perché Pericle riuscì a governare la città per oltre trent’anni, dal 461 al 429 a.c.,( mentre quelli venuti dopo di lui non ne furono capaci) ricostruendo l’Acropoli con una serie di maestose opere pubbliche e grandiosi monumenti e facendone una fortezza inespugnabile: ”La ragione era che egli personaggio potente, per prestigio e lucida capacità di giudizio, assolutamente trasparente ed incorruttibile, reggeva saldamente il popolo senza però violare la libertà e non si faceva guidare da esso più di quanto non lo guidasse lui, poiché non cercava di conseguire il potere con mezzi impropri e perciò non era costretto a parlare per compiacere l’uditorio. Il suo potere si fondava sulla considerazione di cui godeva. A parole era una democrazia, di fatti il potere del primo cittadino”.

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