La storia della Galleria Vittorio Emanuele II, tra griffe e scaramanzia

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In ogni giorno dell’anno si fatica quasi a farsi largo per camminare lungo questo crocevia, che ospita poco meno di cento negozi, librerie, bar, distribuiti su una pianta a croce

AGI – Dedicata a un re, con i suoi quasi 20 mila metri quadrati di splendore in ferro e vetro resinato, meta obbligata per ogni turista, ‘salotto’ buono di Milano dove le grandi griffe, da Prada a Gucci e Louis Vuitton, pagano affitti milionari per aggiudicarsi uno degli spazi messi a disposizione dal Comune, la Galleria Vittorio Emanuele, ieri sera vandalizzata da alcuni writer con scritte sulla facciata, è parte fondante della storia della città.

La troviamo già immortalata nella tela ‘Rissa in galleria’ di Umberto Boccioni, il pittore futurista che nel 1910 dipinse il movimento delle persone che la animavano. Ma le sue origini vanno indietro fino al 1863, quando l’architetto Giuseppe Mengoni vinse il concorso per la realizzazione di una Galleria dedicata a Re Vittorio Emanuele II che avrebbe collegato piazza del Duomo e piazza della Scala. Poi tra la posa della prima pietra e i lunghi lavori si arriva all’inaugurazione nel 1867. Da allora la Galleria è in cima alla classifica dei luoghi da visitare in città.

Non solo per respirare la storia, ma per lo shopping, la cucina, e anche l’arte. Ospita le boutique più eleganti, il ristorante dello chef stellato Carlo Cracco, lo storico caffe Biffi (nel 1882 fu il primo locale a dotarsi di luce elettrica), e il modernissimo Osservatorio Fondazione Prada. Questo spazio dedicato alla fotografia e ai linguaggi visivi, si trova al quinto e sesto piano di uno degli edifici centrali, al di sopra dell’ottagono, al livello della cupola in vetro e ferro che copre la Galleria. Già la vista da lassù merita la visita.

In ogni giorno dell’anno si fatica quasi a farsi largo per camminare lungo questo crocevia, che ospita poco meno di cento negozi, librerie, bar, distribuiti su una pianta a croce. I turisti, con sollievo del sindaco Sala, sono da cifre record: da gennaio ad aprile erano già arrivati più di 2,5 milioni di visitatori in città. E’ chiaro dunque che avere un ‘posto’ in Galleria è un must per le case di moda: ambitissimo.

Per dare un’idea: uno degli ultimi bandi del Comune, proprietario dell’area, per affittare un locale di 188 metri quadrati e doppia vetrina, è stato aggiudicato a Loro Piana, per un canone annuo di 2,3 milioni di euro. Si tratta di uno dei canoni al metro quadro più alti versati all’amministrazione per una boutique in Galleria, pari a oltre 12mila euro al metro all’anno: è secondo solo all’importo record offerto da Dior nel febbraio 2020, pari a oltre 15.500 euro al metro quadro. Tra i canoni più alti anche Gucci, 4,5 milioni all’anno e Fendi 2,45 milioni. Ma si vede che ne vale la pena se questi bandi sono sempre cosi’ affollati e contesi.

La Galleria porta fortuna insomma, non solo a chi la ‘abita’ ma a chi ci passa e va a farsi un giro sul ‘toro’, in mosaico, che rappresenta lo stemma della casa Savoia e si trova al centro dell’Ottagono. Un rito scaramantico a cui nessuno si sottrae. Ammettiamolo. Il solito ‘non è vero ma ci credo’, vale anche in questo caso. Secondo la tradizione è di buon augurio girare per tre volte, sulle ‘palle’ del toro con il tallone del piede destro. Chi riesce a farlo mantenendosi in equilibrio, sarà baciato dalla fortuna. Il rito è cosi’ praticato che ormai al posto delle parti basse del toro c’è una voragine.

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