Maui (Hawaii), il mistero degli incendi tra inefficienza, ipotesi e sospetti

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L’8 agosto ha segnato l’inizio di un evento drammatico per Maui, seconda isola tra quelle hawaiane per superficie. Lahaina, storica capitale dell’arcipelago ai tempi del regno, è rimasta incenerita da un rogo che è stato definito “il peggiore degli ultimi 100 anni di storia negli Stati Uniti d’America”.

Accanto alle misteriose fiamme, che sarebbero divampate in vari punti pressapoco contemporaneamente, una gestione caotica e superficiale dei momenti di crisi, una serie di coincidenze perfettamente legate tra loro e alcune testimonianze che parlano di autorità e giornali restii nel comunicare la reale conta dei danni, hanno sollevato sospetti e critiche, con una sfilza di domande che rimangono tuttora senza risposta.

La sicurezza come ostacolo alla distruzione creativa dei collaborazionisti

Pochi organi informativi indipendenti e coraggiosi, come Infowars, avrebbero addirittura sussurrato delle ipotesi di dolo sulla vicenda, non escludendo che il fuoco sarebbe stato appiccato volontariamente, forse (viste le incognite) con il fine di distruggere e ricreare da zero il mercato dell’energia isolano, nonché di mettere le mani su preziosi terreni – passati in continua eredità sin dai primordiali insediamenti in quelle zone – sui quali ora restano soltanto delle fatiscenti dimore devastate. Cosa ha indotto queste “supposte certezze“?

Tanto per cominciare pare che alcuni incendi fossero già stati registrati a Maui nei primi giorni di questo mese, quando alcuni media locali avevano segnalato, infatti, delle fiammate inusuali. Per secondo arriva che il Servizio Meteorologico Nazionale (NWS, National Weather Service) avrebbe osservato con sufficiente anticipo – e comunicato in un tweet – le significative differenze di pressione atmosferica tra l’uragano Dora in azione e l’aria a nord delle Hawaii, “certificando” il rischio “di un gradiente che, se combinato con condizioni di siccità, avrebbe potuto rappresentare anche una seria minaccia di combustione, per via dei venti violenti”.

Poi ci sarebbe molto da discutere sulla questione della sicurezza: il dispositivo d’allarme civico presente a Maui, noto per la sua efficienza nel proteggere la popolazione da calamità naturali (come gli tsunami) per mezzo di segnali d’allerta acustici e tramite messaggistica, non sarebbe entrato in funzione durante la catastrofe, restando persino spento. Il direttore di HI EMA (l’agenzia di gestione del suddetto sistema), Herman Andaya, non si trovava nemmeno sull’isola mentre il rogo bruciava tutto – si dice che fosse stato invitato a prendere parte ad una catena di conferenze a Ohau -, il che, unitamente ad alcune sue dichiarazioni, ha scatenato una convinta richiesta di sue dimissioni dopo l’evento.

Inoltre, mentre accadeva il disastro, gli abitanti avrebbero lamentato l’imposizione di inconsueti blocchi stradali da parte delle forze dell’ordine, cosa che sarebbe stata un ulteriore ostacolo durante la fuga dei residenti: “Mentono a noi e al mondo intero quando dicono che non avevano istituito posti di blocco”, ha dichiarato Mike Cicchino, un sopravvissuto al rogo di Lahaina. “C’erano al mille per mille dei posti di blocco che noi non potevamo attraversare. Se ci avessero lasciato passare probabilmente molte persone si sarebbero salvate”, ha aggiunto il nativo hawaiano.

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Una scossa al mercato, ma i conti non tornano…

Abbiamo esordito parlando volutamente di “fiamme misteriose”, poiché le loro cause sono ancora effettivamente avvolte nel mistero: ma l’indagine sulla vicenda è solo all’inizio, dato che la compagnia elettrica delle Hawaii (la Hawaiian Electric Industries Inc., più semplicemente HE, i cui principali azionisti sono i fondi Vanguard e BlackRock) è comunque già finita sotto i riflettori per un suo ipotetico coinvolgimento.

Le autorità, come dicevamo, sembrano aver (sotto)stimato circa 100 vittime, nonostante alcuni testimoni denuncino un numero molto più alto di morti tra cui molti bambini, che la chiusura delle scuole in quel giorno, causata da un problema infrastrutturale energetico, ha lasciato bruciare da soli nelle abitazioni.

Un estratto di un’intervista raccolta dal “The Highwire” a uno dei miracolati, dice chiaramente: “Il governo ci sta mentendo apertamente, io ero lì e quello che dicono è falso al 100%. Ci sono molti più corpi là fuori di quello che dicono. Non posso fornire fonti o altro… ma se ne stimano più di 500 e meno di 1000. E molti sono bambini: conosco molte persone che stanno cercando i loro bambini là fuori. Le scuole erano chiuse quel giorno per via dell’elettricità, così i genitori erano andati al lavoro e i bambini erano rimasti a casa”.

La mano tesa dalle istituzioni statunitensi è stata poi giudicata una presa in giro, con solo 700 dollari offerti a ogni nucleo familiare rimasto senza tetto sulla testa. E, inoltre, le parole di Josh Green, governatore delle Hawaii, che ha confessato di sperare ora nell’acquisto dei terreni della città per costruire case pubbliche e spazi sociali, dà un’idea delle ulteriori scintille che possono essere state innescate.

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Laser ed elettromagnetismo, energia pulitissima (che non lascia traccia)?

Assodata la palese inefficacia degli aiuti e lo spuntare in rete di alcuni post con foto e video, infine, sono state avanzate addirittura accuse di utilizzo di DEW, ossia armi ad energia diretta (tipo laser o cannoni elettromagnetici) quali possibili inneschi degli incendi – legittimo pensarlo, se si fa caso che nella terra del “sogno americano” la Air Force ha in gestione ben due laboratori di ricerca su queste tecnologie, di cui uno precisamente a Maui -.

Chi abbraccia questa teoria collega il fatto che il World Economic Forum, nel 2018, gioisse nel veder realizzarsi l’obiettivo energetico hawaiano di essere “il primo Stato statunitense interamente alimentato da energia pulita, grazie ad una conversione di sistemi elettrici che, però, sull’isola avrebbe a lungo incontrato le resistenze forti e continue dell’originaria popolazione locale già negli anni passati, come testimoniato da una meticolsa indagine condotta dalla CNBC.

Da qui la deduzione (apparentemente fatta propria non solo da Infowars) che “l’apocalisse” potrebbe essere stata, dunque, dolosamente provocata, in vista di una ricostruzione cittadina collegata al modello studiato e “caldamente sponsorizzato” dal WEF (“La città di 15 minuti“).

Un’ipotesi – soltanto per il momento, speriamo – non provabile, che lascia sì sfuggire la verità ma che il susseguirsi degli accadimenti, le circostanze e le clamorose carenze istituzionali e mediatiche su quanto avvenuto a Maui non fanno altro che avallare, in un piccolo mondo globalizzato in cui regna (e si vuole che regni) la nebbia dell’incertezza.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Adalberto Gianuario del 23 agosto 2023), LAHAINATOWN.COM, ANSA, Infowars, sito istituzionale della Contea di Maui (Hawaii), Big Island Now, sito del Servizio Meteorologico Nazionale (National Weather Service – NWS -), Meteored, sito istituzionale del Dipartimento della Difesa dello Stato delle Hawaii, CBS NEWS, AP News, Yahoo! finance, The HighWire, INDEPENDENT, sito istituzionale del Governatore Josh Green M.D., Wikipedia, sito del Laboratorio di Ricerca dell’Air Force (AFRL), sito del World Economic Forum (WEF), CNBC;

Profilo Facebook: Contea di Maui;

Account Twitter: NWSHonolulu, Concerned Citizen, TJAConspiracy;

Canali YouTube: HI EMA, The Independent, KHON2 News, Redacted, Luogocomune2.

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

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