Atlante delle debolezze – l’Italia

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L’Italia sta attraversando un periodo di crisi politica e delle istituzioni da troppo tempo rinviato.

Avete letto il libro del Generale Vannacci? Anche se non lo avete fatto, avrete visto la reazione che hanno avuto le istituzioni e quella della gente. Le prime hanno destituito dal comando il Generale, la gente ha reso il libro primo in classifica tra i libri più venduti in Italia (con buona pace della Murgia).

Avete ascoltato l’intervista di Giuliano Amato in cui chiedeva a Macron di confermare che la strage di Ustica fosse stata dovuta ad un errore di un caccia francese? Se non l’avete ascoltata, ne avrete comunque sentito parlare.

Avete letto l’intervista a Rino Formica (il trotziksta), su Domani, nel quale dice che la democrazia è in pericolo in quanto questa destra al governo è erede diretta della RSI? Forse no, e non ne avete neanche sentito parlare perché Formica non è più il colosso di una volta… Cionondimeno l’ha fatto.

Analizziamo questi fatti insieme, volete?

Il libro del Generale Vannacci ha sollevato una critica decisa alle ideologie woke e ecologiste. Questa critica ha agito come un “rutto liberatorio” condiviso da molte persone in Italia, evidenziando una crescente disillusione verso le politiche imposte dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, e che i governi italiani supinamente ripropongono alla popolazione, esacerbata e dubbiosa sul ruolo dell’Italia nella crisi Ucraina, peraltro.

Questo “rutto liberatorio” vuol dire forse che nel Bel Paese si sia arrivati ad una svolta e come, proprio per questo, si stiano agitando le acque profonde del deep state e quelle, altrettanto profonde, di un blocco di potere che ha svenduto l’Italia e l’ha portata ad essere un vassallo, dell’asse franco-tedesco, che ha portato al colpo di Stato anti-Berlusconi con lo Spread, e di un’Unione Europea prona alle strategie della finanza internazionale, il cui distillato di pensiero è appunto quello elaborato nel World Economic Forum, condito con l’ideologia woke.

“La sinistra socialista italiana, in gran parte, ha venduto l’anima alla finanza, ha rimosso il patto di Godesberg[i], ha affossato il welfare e la Mitbestimmung[ii], per consegnarsi a Davos.”

La sinistra democristiana e la Ditta (i Ds, ex Pci in versione dalemiana) hanno costituito un blocco di potere, contrassegnato dal marchio dell’Ulivo, che ha figliato il Pd.

Nel futuro d’Europa si intrecciano varie questioni e tra queste il rapporto con la Nato, la costruzione (fantasiosa allo stato attuale) di un esercito europeo e la destrutturazione dell’asse franco tedesco in quanto la Germania ha un deficit non di 17, ma di 86 miliardi e la Francia ha perso le sue posizioni neocoloniali in Africa. Le carte si vanno rimescolando, ma il mazzo non è più nelle mani di chi lo ha avuto per decenni.”[iii]

Giuliano Amato, socialista Psi, poi socialista Psiup (la scissione della parte filo sovietica del Psi), poi di nuovo Psi e, infine, Ulivo, è stato un possibile successore di Carlo Azeglio Ciampi nella carica di Presidente della Repubblica. Se ricordate bene, il suo nome fu proposto dalla Casa delle Libertà, ossia da Silvio Berlusconi.

La Sinistra, dopo aver proposto D’Alema, ha virato su Giorgio Napolitano.

Dal 23 maggio 2007 Amato è divenuto uno dei 45 membri del Comitato nazionale per il Partito Democratico, che riuniva i leader delle componenti del futuro PD; dopo la costituzione del partito, in quanto ex Presidente del consiglio aderente al partito, è componente di diritto del coordinamento nazionale del PD.

Nel 2013 il suo nome è tornato a circolare come possibile candidato alla Presidenza della Repubblica, come accordo di convergenza tra il PD, il Popolo delle Libertà e Scelta Civica (Monti), in una rosa di nomi proposta dal segretario del PD Pier Luigi Bersani, ristretta poi a una terna dal Presidente del PdL Berlusconi fu Silvio, in cui comparivano anche massimo D’Alema e Franco Marini.

Matteo Renzi, in quell’occasione, rompendo il Patto del Nazareno, indicò Mattarella. Sergio Mattarella non era estraneo al complesso di potere dell’Ulivo, ma non era direttamente legato a quel blocco di potere che rispondeva e risponde a Massimo D’Alema.

A questo punto, Amato rincara la dose, nella sua intervista del 2 settembre “Infine, l’appello a Macron. La richiesta al presidente francese di approfondire la verità su Ustica nasce dalla constatazione che la tragedia del Dc9 risale al 1980: Macron all’epoca non aveva ancora compiuto tre anni. Anche per la sua totale estraneità politica ai fatti, e per la libertà che può derivargliene, Macron potrebbe aiutare a restituire giustizia a 81 vittime innocenti ancora senza colpevoli. Una straordinaria opportunità per rinsaldare il rapporto tra i due paesi. Il ministero degli Esteri francese l’ha accolta, manifestando una volontà di collaborazione, peraltro senza mai domandarsi: perché ora? Un passo in avanti rispetto a chi in Italia continua ostinatamente a voltarsi indietro. Con l’intervista ho voluto lanciare una sfida per arrivare alla verità su Ustica. Ora tocca a chi ne è in grado raccoglierla, sotto la spinta di una stampa non prigioniera del piccolo cabotaggio”. Un attacco diretto alla Meloni lanciato da chi si candida a guidare un cambiamento?

Infatti, nella stessa intervista, Amato non ha risparmiato critiche a Mattarella. Il motivo è facilmente deducibile dal fatto che ultimamente il Presidente della Repubblica si dedica ai sermoni, facendo capire, evidentemente, che non ha intenzione di proteggere la Ditta.

A questo punto entra in gioco Rino Formica.

Rino Formica, un socialista noto anche come “il trozkista” nel suo ambiente politico, ha rilasciato un’intervista a Domani, una pubblicazione associata a De Benedetti, considerato una voce influente nella politica italiana. In questa intervista, Formica ha discusso di Ustica e ha affermato che c’è qualcosa di inquietante nell’aria. Ha suggerito che per avviare una nuova fase costituente in Italia, è necessario ridefinire la Repubblica e superare le differenze in un impegno collettivo, affrontando i misteri che circondano eventi passati.

Rispondendo a una domanda su perché Amato abbia sollevato nuovamente la questione di Ustica, Formica ha sottolineato che questo fa parte di un clima politico più ampio negli ultimi mesi. Si sta cercando di chiudere il capitolo della Repubblica antifascista e spingere il paese a riconoscere che un periodo è giunto al termine e che è necessario aprire un nuovo capitolo. Formica ha osservato che le istituzioni parlamentari, nate dopo l’8 settembre 1943, stanno mostrando segni di cedimento, il che indica la necessità di una ridefinizione delle strutture politiche e sociali in Italia.”

Roberto Vannacci, con il suo libro, ha messo in chiaro un NO condiviso dalla maggioranza degli italiani ad un possibile nuovo Patto del Nazareno e alle dinamiche che hanno gestito il Paese dal 1992, e ha indicato la richiesta di chiudere definitivamente la partita con la Ditta e con D’Alema. Il centro destra è avvisato.

Dopo un breve excursus storico sulla nascita della Repubblica, Rino Formica arriva al punto principale del suo discorso: la nuova destra al potere è direttamente legata all’eredità della destra repubblichina, fascista e collaborazionista. Sebbene sia disposta a distanziarsi dal periodo del Ventennio fascista, non vuole rinunciare all’eredità di Salò. Questa destra sostiene che la Repubblica in Italia non abbia rappresentato la conquista definitiva della democrazia, ma solo una transizione temporanea. Sostiene che i partiti democratici abbiano mantenuto le stesse debolezze del periodo precedente al fascismo e si siano sottomessi alle forze vincitrici della Seconda guerra mondiale.

Formica prosegue, affermando che per avviare una nuova fase costituente, è necessario azzerare la Repubblica, superando le differenze e abbracciando una responsabilità collettiva. Questa nuova fase dovrebbe essere caratterizzata dalla democrazia diretta e presidenziale. La destra vorrebbe una Costituzione scritta nell’oscurità, secondo lui, con l’obiettivo incerto di portare un leader (duce) al comando. Per raggiungere questo obiettivo, potrebbe essere necessario un presidente di transizione, come Enrico De Nicola fu tra due regimi. Questo “secondo De Nicola” potrebbe essere lo stesso Amato o un’altra figura simile.

Formica, in sostanza, sta dichiarando che coloro che mettono in discussione il dominio della “Ditta”, il blocco di potere che ha governato l’Italia negli ultimi trent’anni e ha favorito il controllo dell’asse franco-tedesco, stanno giocando il gioco del fascismo repubblichino, che è rappresentato dalla figura di Giorgia Meloni.

In breve, secondo Formica, se l’Ulivo non è al potere, se il Partito Democratico non fa parte del governo o se non ci sono accordi ampi in Italia, il paese rischia di cadere in una forma di Repubblica Sociale, con il governo che potrebbe spostarsi sulle sponde del Lago di Garda.

Formica sta essenzialmente sostenendo che la democrazia in Italia esiste solo se il Pd è al governo e che la Costituzione può essere garantita solo se il Pd è coinvolto in qualsiasi governo. Questo è il messaggio fondamentale che emerge dalle sue parole.

Formica suggerisce inoltre che Giorgia Meloni e il suo partito stiano cercando di diventare un partito conservatore europeo, in linea con il Partito Repubblicano degli Stati Uniti. L’idea di un sistema presidenziale non implica necessariamente un ritorno al passato, ma può rappresentare una modalità costituzionale adottata in molte democrazie. La questione principale è chi detiene il potere e come viene esercitato.

Formica sembra indicare che una nuova fase costituente potrebbe essere possibile, ma la chiave per il successo di questa fase è chi la guiderà. In questo senso, sembra sostenere che coloro che sono strettamente legati al blocco di potere esistente e ritengono di essere destinati a governare il paese saranno i leader di questa nuova fase.

Ma i cittadini, i dati sull’affluenza alle urne, e il comune sentire pongono fin d’ora una sfida allo status quo costituzionale esistente, messo in dubbio dalla non più riconosciuta validità delle proposte di coloro che l’hanno garantito fino ad ora.

Uno sguardo all’economia

L’indice per la produzione industriale delle PMI in Italia è salito a 45,4 ad agosto 2023 rispetto al 44,5 del mese precedente, mancando le previsioni di mercato che si attestavano a 46.

Questo segna il quinto mese consecutivo di contrazione dell’attività manifatturiera italiana, ed è il riflesso di un crescente impatto delle misure restrittive della BCE.

Le nuove ordinazioni di beni sono diminuite, e tra le cause le aziende che citano una ridotta fiducia del mercato, una diminuzione della capacità di aver scorte da parte dei clienti, preoccupazioni per la recessione e condizioni meteorologiche avverse.

Le difficili condizioni della domanda hanno spinto i produttori a ridurre l’attività di acquisto a un ritmo mai visto prima, poiché la produzione limitata ha impedito di utilizzare le scorte.

Allo stesso tempo, il numero di dipendenti delle aziende è diminuito per la prima volta in tre anni.

Sul fronte dei prezzi, il miglioramento delle catene di approvvigionamento e la bassa domanda di materie prime hanno causato una diminuzione dei costi dei materiali, e l’aumentata concorrenza ha portato anche a una riduzione dei costi di output.

L’energia contribuisce al 10,1% dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) complessivo in Italia. L’andamento dei prezzi dell’energia influenza l’inflazione totale misurata dal CPI di per tale proporzione.

Ma quello che interessa è il confronto tra l’andamento del CPI

e quello del tasso di inflazione

L’inflazione diminuisce grazie alla convergenza tra politiche monetarie BCE restrittive e diminuzione della richiesta dei beni di trasformazione (data la minore crescita della produzione), mentre i prezzi al consumo aumentano a causa dell’esigenza delle aziende di compensare il costo del capitale e forse ad un fattore ancora più preoccupante: la tendenza al disinvestimento

L’indice di fiducia nel settore manifatturiero in Italia è sceso a 97,8 nel mese di agosto del 2023. Questo dato rappresenta un calo rispetto alla cifra rivista al ribasso di 99,1 nel mese precedente ed è il livello più basso dal gennaio del 2021. L’indice è risultato al di sotto delle aspettative di mercato, che avevano previsto una stabilità a 97,8.

Il deterioramento della fiducia nel settore manifatturiero è stato diffuso:

  1. Le valutazioni attuali per i nuovi ordini sono peggiorate, con un valore di -16,9 in agosto rispetto a -16,3 a luglio.
  2. Le valutazioni attuali per la produzione si sono anch’esse deteriorate, con un valore di -12,1 in agosto, in calo rispetto a -12,8 nel mese precedente.
  3. Le valutazioni delle scorte di prodotti finiti sono leggermente diminuite, con un valore di 4,8 in agosto, rispetto a 4,9 a luglio.

Inoltre, la fiducia futura nel settore manifatturiero è diminuita, come evidenziato dai seguenti indicatori:

  1. Le aspettative per i nuovi ordini sono scese a 2,5 in agosto, rispetto a 3,8 a luglio.
  2. Le aspettative per la produzione sono diminuite a 2,7, rispetto a 3,9 nel mese precedente.
  3. Le aspettative per l’occupazione sono scese a 2,6, rispetto a 3,4 a luglio.

Tuttavia, in agosto il trend all’aumento dei prezzi al consumo è stato notato dalle aziende, che ovviamente registrano tale tendenza come fattore positivo.

Si presentano quindi diversi scenari, dovuti a questo andamento asincrono degli indici

CPI Inflazione Motivi possibili Conseguenze Misure da intraprendere
Stabile o in aumento In aumento o stabile Permanere dell’incertezza, inflazione importata Fascia della popolazione in difficoltà sempre più ampia

Difficoltà degli istituti finanziari dovute ai mancati rientri

Moratoria del rimborso del capitale nei prestiti a privati e alle aziende

 

Stabile o in aumento In diminuzione Diminuzione della propensione all’investimento

Eccessivo costo del denaro

Accelerazione dell’impoverimento della popolazione

Aumento provvisorio dei margini aziendali

 

Favorire il reinvestimento degli utili aziendali e contemporanea lotta all’evasione
In diminuzione In aumento o stabile Aumento del costo dei fattori di produzione Diminuzione dei margini aziendali

Diminuzione della propensione agli investimenti

Spostamento del risparmio su titoli di Stato o esteri

Defiscalizzazione della parte in aumento dei costi di produzione e contemporanea lotta all’evasione
In diminuzione In diminuzione Diminuzione delle quantità acquistate dalle persone, mantenimento della pressione monetaria Diminuzione della fiducia delle aziende, disinvestimento,

Recessione

pax fiscale per aumentare la fiducia delle imprese e diminuire il drenaggio di risorse

In questo scenario si dovrebbero evitare gli aiuti a pioggia, che non fanno che impoverire le casse dello Stato e aumentare gli indici inflattivi. Per questo serve una campagna di comunicazione di massa orientata a diminuire il malcontento derivante.

Naturalmente una migliore negoziazione in campo internazionale, con una ridimensionata propensione delle altre potenze europee a combatterci economicamente e politicamente, la ripresa del programma nucleare ed una migliore circolazione del denaro attraverso l’abolizione dei limiti al contante sarebbero auspicabili.

Ma, data la fragilità delle istituzioni e della politica, riusciremo a farlo?

Con questa fragilità, è difficile che l’Italia possa portare avanti le riforme di cui necessita veramente: la riforma della previdenza sociale e della sanità pubblica, la riforma delle deleghe in materia di amministrazione, la riforma del codice di procedura penale e della Giustizia, la riforma fiscale e, infine, la riforma del sistema elettorale.

Ma più tarda a farlo, più terreno perde, e più si indebolisce. Indebolendosi ancor di più, cede il passo a Stati e organizzazioni più aggressivi, compromettendo la sua possibilità di espandere la propria influenza verso le necessarie sponde Sud del Mediterraneo.

 

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[i] ll Programma di Godesberg è stato un momento significativo nella storia del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). Ha segnato una svolta importante nell’ideologia e nella politica del partito. Con il Programma di Godesberg, l’SPD ha abbandonato le politiche marxiste ortodosse che sostenevano il conflitto di classe e la determinazione economica. Invece, ha ridefinito la sua ideologia come “liberal socialismo”, basato su principi umanistici e ha enfatizzato la sua natura democratica, pragmatica e riformista.

Una delle decisioni più controverse del Programma di Godesberg è stata la dichiarazione che la proprietà privata dei mezzi di produzione “può rivendicare la protezione della società finché non ostacola l’instaurazione della giustizia sociale”. Questo ha segnato un cambiamento significativo rispetto alla posizione tradizionale socialista sulla proprietà privata.

L’SPD ha accettato i principi del libero mercato, ma ha sostenuto che un vero libero mercato dovrebbe essere regolamentato per evitare di degenerare in un’oligarchia. Ha anche sostenuto principi keynesiani di gestione economica, welfare sociale e una certa pianificazione economica. Alcuni ritengono che ciò abbia rappresentato un abbandono del concetto classico di socialismo che prevedeva la sostituzione del sistema economico capitalista.

Il Programma di Godesberg ha anche divorziato la concezione di socialismo dall’ideologia marxista, sostenendo che il socialismo democratico europeo era radicato nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica. Questo ha reso il partito più attraente per un pubblico più ampio, oltre alla classe lavoratrice tradizionale.

È stato un momento di divisione sia all’interno dell’SPD che all’esterno, con alcune fazioni che ritenevano che l’abbandono delle politiche marxiste fosse un tradimento del socialismo. Tuttavia, il Programma di Godesberg ha segnato il passaggio definitivo dalla lotta di classe e dalla rottura del capitalismo alla riforma del capitalismo come obiettivo principale dell’SPD.

Inoltre, il Programma di Godesberg ha avuto un impatto notevole sulla politica sindacale, con i sindacati che hanno abbandonato le richieste di nazionalizzazione e hanno invece collaborato sempre più con l’industria per ottenere rappresentanza nei consigli di amministrazione aziendali e aumenti salariali e benefici.

In sintesi, il Programma di Godesberg rappresentò un cambiamento fondamentale nella politica dell’SPD, spostandolo verso un’ideologia socialdemocratica più moderata e pragmatica, e abbandonando le politiche marxiste ortodosse.

[ii] Mitbestimmung, ossia cogestione, è il termine che si riferisce alla partecipazione attiva dei lavoratori nei processi decisionali delle aziende. Il termine riguarda anche una partecipazione ai risultati economici e alla redistribuzione degli utili.

[iii] Silvano Danesi, su Nuovo Giornale Nazionale, 6 settembre 2023

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