Marrakech rinasce, un mese dopo terremoto sembra quasi un ricordo

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La città si è rimboccata le maniche e in poche settimane si è preparata ad ospitare il meeting annuale del Fondo Monetario Internazionale, con 14.000 presenze registrate

AGI – A Marrakech si resta abbagliati dalla qualità e dalla varietà della luce. A Marrakech il fascino dirompente dei colori lascia a bocca aperta. A Marrakech il tempo sembra non essere mai passato: ci si perde tra gli affollati suk, per le strette vie, per i mercati e le piazze, venendo circondati, come scriveva Canetti nel secolo scorso, “da cammelli, mendicanti, donne velate, cantastorie, farabutti, ciechi e commercianti”.

Un mese fa, il terremoto. Sembrava che questo posto così affascinante dovesse esser perduto per sempre. Ed invece, Marrakech si è rimboccata le maniche e in poche settimane si è preparata ad ospitare il meeting annuale del Fondo Monetario Internazionale, con la bellezza di 14.000 presenze registrate.

Il “Ghibli”, lo spazio dove si incontreranno i big dell’economia mondiale, non è vicino alla medina, ossia il centro storico, caratterizzato da un dedalo di vie e un tripudio di bancarelle, amato dai turisti ed evitato dagli abitanti perché considerato troppo caro e troppo caotico (e in effetti hanno ragione!) ma la città non è grande. Ci si arriva anche a piedi, se non fosse per il sole cocente e per i 40 gradi che infiammano l’aria.

Il terremoto insomma sembra quasi un ricordo, se non fosse per le impalcature e per una serie di cantieri che cercano di ricostruire qualche edificio vecchio che è venuto giù. In effetti, alcuni marocchini raccontano che la città è stata solo sfiorata dal sisma, e che i danni più ingenti si sono verificati a circa un centinaio di chilometri da qui. Solo alcuni edifici in particolare nelle zone più vecchie della medina, come il quartiere ebreo, sono inagibili. Ma è impossibile passarci accanto: le stradine sono state chiuse, e per raggiungere un posto molto spesso bisogna districarsi in un labirinto.

Marrakech rinasce un mese terremoto fondo monetario

La scossa però si è sentita, eccome. Youssef, un tassista cinquantenne, riferisce che si trovava proprio vicino all’aeroporto con alcuni colleghi e che subito hanno pensato ad un incidente aereo. “Ma abbiamo visto le auto dondolare e abbiamo realizzato che fosse il terremoto. Poi le sirene hanno iniziato a suonare tutte assieme e siamo corsi dalle nostre famiglie”.

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Addirittura, racconta un venditore delle famose babbucce (pantofole di pelle a punta, prodotto artigianale tipico del Marocco), “stavamo per montare i nostri banchi e li abbiamo lasciati così, con le merci praticamente esposte, senza paura che qualcuno ci rubasse qualcosa”.

È passato un mese dal sisma, e i viali che circondano la famosa piazza Jemaa el-Fnaa, cuore pulsante della città, piena di festose bancarelle che vendono di tutto, a cominciare dai succhi di frutta freschi, di incantatori di serpenti, di venditori di qualsiasi cosa (perfino di denti finti), sono stati ripuliti. Montagne di calcinacci sono nascosti dietro il palazzo del Re, la fantastica residenza El Bahia ma sono camuffati dagli operai che con cazzuola e carriole di fortuna li trasportano fuori dalla vista dei passanti. Sì perché nella medina, tra alcuni dei palazzi lesionati, sono presto tornati i turisti.

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“In realtà già dopo una settimana, si sono riaffacciati” racconta il cameriere di un lussuoso ristorante della medina. Nelle viuzze, si ascolta infatti parlare francese, tedesco e tanti tanti italiani. Il terremoto sembra già un ricordo. Ma lo sa che anche noi italiani siamo preoccupati per le scosse che continuano vicino Napoli?, chiedo alla signora che mi porta un bicchiere del celebre te’ verde al tavolo del bar e che parla molto bene italiano.

“Sì, lo abbiamo visto alla tv – mi risponde con tono sereno – il fatto è che non possiamo mai sapere quando e se accadrà di nuovo. Speriamo bene, insciallah”. In questi giorni, insomma, la città è ancora più animata proprio per i lavori dell’Fmi. Basta chiedere a chiunque, gli abitanti di Marrakech peraltro sono sempre gentili e sorridenti: “Scusi, dove sta il meeting?”.

E tutti indicano la direzione del “Ghibli”. Curiosando tra le stradine, la frase che si sente di più è “Kan Ya Ma Kan”…. Lo urlano i vecchi cantastorie seduti sugli sgabelli e significa “C’era una volta…”. E allora, c’era una volta il terremoto, e di come un popolo ha voluto dimostrare di essere forte.

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