Sbarchi e centri di accoglienza ‘saturi’. Le Canarie come Lampedusa

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Le isole spagnole denunciano il rischio legato alle strutture dedicate ai migranti, vicine alla loro capienza massima, oltre alla mancanza di operatori, interpreti e mediatori culturali

AGI – Dopo l’arrivo di 1.500 migranti africani in 48 ore, i servizi di soccorso alle Canarie denunciano il rischio di “saturazione” dei centri di accoglienza, vicini alla loro capienza massima, oltre alla mancanza di operatori, a cominciare dagli interpreti e mediatori culturali.

Secondo gli ultimi dati ufficiali delle autorità locali, nel solo fine settimana sono sbarcati in 1.500, di cui 321 persone a bordo di una sola nave, mentre dall’inizio dell’anno, 27 mila migranti hanno approdato alle Canarie, per lo più in provenienza dalle coste del Senegal.

Gli arrivi si sono particolarmente intensificati da inizio ottobre: sull’isola di Tenerife in più di 10 mila in solo due settimane. Oltre a non trovare un posto fisico dove stare, ai migranti sbarcati da poco non viene più assegnato un legale, gettando in grande difficoltà le madri con bambini, le cui necessità non sono prese in considerazione.

Le Ong denunciano la “sconfitta” dello Stato di diritto, mentre le autorita’ spagnole deplorano da parte senegalese il mancato rispetto del trattato che autorizza il rimpatrio dei migranti verso Dakar. “Quello che succede è che dopo tre giorni in questura vengono rilasciati. Ovviamente i minorenni vengono presi in carico dal governo autonomo delle Canarie”, ha riferito all’emittente Rfi Laetitia Marthe, della Rete di Solidarietà con i Migranti nelle Canarie.

Una volta che sono nei centri di accoglienza da qualche mese, gli adulti sono liberi di muoversi all’interno del territorio nazionale, ma si trovano in una situazione irregolare, quindi non hanno diritto di lavorare. A 30 anni dai primi arrivi di migranti, alle Canarie scarseggiano ancora avvocati e interpreti, complicando ulteriormente l’accoglienza e la risoluzione dei problemi logistici e amministrativi.

Spitou Mendy, interprete della ONG Accem, a Lanzarote, isola dell’arcipelago spagnolo, ha spiegato che le prime parole da tradurre, dal wolof o dal dioula, sono spesso disturbi fisici dovuti alla traversata. Ad esempio le donne arrivano ustionate perché a bordo dell’imbarcazione c’è spesso una miscela di gasolio e di acqua salata che non fa bene alla pelle.

Non esiste poi un identikit del migrante che sbarca alle Canarie. “Si va dal bambino di strada, all’ingegnere informatico, all’infermiera, passando per il giovane studente, alla madre che sfugge con la figlia per impedire la mutilazione genitale”, ha ancora testimoniato Marthe, precisando che in media queste persone hanno speso tra 3 e 4 mila euro per salire su una barca, rischiando la propria vita per poi non riuscire ad ottenere un visto.

Le imbarcazioni sono piroghe da pesca dotate di strumentazioni sempre piu’ sofisticate e di motori di grande potenza per poter far fronte alla pericolosa traversata fino alle Canarie, dove una mafia ricicla le componenti delle barche delle migrazioni.

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