Secondo i dati Istat sono circa 100mila i senza tetto, di cui la maggior parte a Roma, di questi solo il 38% è rappresentato da stranieri, provenienti in massima parte dall’Africa. Sono soprattutto uomini con un’età media di 45.5 anni. I numeri più alti di senza tetto sono concentrati nelle grandi città dove ci sono più servizi, unica eccezione è la piccola città di Foggia, nel sud del Paese, a riportare una percentuale elevata di senza tetto e senza fissa dimora, mentre un dato caratteristico emerge per Napoli dove più elevata è la quota di donne senza fissa dimora rispetto ad altri Comuni. Il fenomeno ha avuto in questi anni di crisi un leggero aumento. Secondo l’ISTAT le persone senza fissa dimora registrano il proprio domicilio nel comune dove vivono abitualmente, ma non hanno un luogo dove registrare la propria residenza; le persone senza tetto, invece, non hanno un domicilio: sono iscritti all’anagrafe spesso in un indirizzo fittizio o presso l’indirizzo delle associazioni che si occupano di loro. I dati non sono però attendibili perché un terzo dei senza dimora ha dichiarato di non essere iscritto nell’anagrafe di nessun comune. E’ un fenomeno drammatico che interessa circa 100 milioni di persone nel mondo. Le cause che portano queste persone a diventare barboni, cioè a vivere per strada, sono le più svariate; molti lo diventano dopo la perdita del lavoro a causa della difficoltà a mantenere una casa che costa molto, spesso si tratta di separati che non ce la fanno, pur lavorando, a potersi permettere un’abitazione perché buona parte dello stipendio deve andare, per legge, al mantenimento di figli e moglie; alcuni si perdono per la mancanza di un supporto familiare e sociale; altri ancora lo diventano per problemi psichici o per dipendenza da sostanze. Ma di fatto sono senza tetto anche quelle persone che vivono nei ricoveri o istituti perché non hanno dove andare. Purtroppo il fenomeno è in aumento tra i giovanissimi, secondo quanto affermano le associazioni di volontariato; le sue cause sono le più disparate come la mancanza di lavoro o la perdita del lavoro dovuta alla contrazione economica, la perdita dei genitori sui quali potevano contare economicamente e moralmente, la mancanza di un supporto istituzionale adeguato. Ad ingrossare le fila dei senza tetto vi sono pure i dimessi dagli ospedali psichiatrici che non vengono tutelati adeguatamente dai servizi sociali a causa anche della mancanza di fondi e di personale. Molti vivono di elemosina o di un piccolo sussidio, mangiano alle mense della Caritas o presso altre strutture che si occupano di volontariato e dormono nei ricoveri. Spesso vivono di quello che trovano rovistando tra i rifiuti di merce, non più fresca, abbandonata dai super mercati. Sono soprattutto giovani stranieri, che poca familiarità hanno con i centri di supporto sparsi sul territorio, a vivere in condizioni di estremo disagio. Naturalmente ogni caso è un caso a sé, ciò che li accomuna tutti è sicuramente la profonda solitudine umana, la mancanza di affetti, di conforto; al disagio fisico e alle sofferenze connesse alla mancanza di luoghi di rifugio adeguati, si somma la mancanza di cure mediche costanti, di igiene personale cui si aggiunge anche il grande disagio interiore, che col tempo li incupisce, abbrutisce e in alcuni casi li spersonalizza. Purtroppo la nostra è una società malata di egoismo ed indifferenza che esclude sempre il diverso, anzi spesso alcune persone si infastidiscono quando vedono dei clochard dormire negli androni di qualche portone o sui gradini di qualche edificio pubblico o in qualche giardino pubblico e li giudicano come, alla stregua di un oggetto, un elemento che deturpa l’ambiente cittadino o la bellezza del luogo. Molti della società civile, che non conoscono né si interessano al problema, sono convinti che queste persone hanno scelto una vita libera e lontana dagli schemi, dei veri fannulloni che non vogliono lavorare e si accontentano di vivere alla giornata. Eppure non ci si sofferma mai a considerare che molte di queste persone un tempo avevano la loro casa, il loro lavoro, i loro affetti e magari a causa di una serie di congiunture sfavorevoli hanno perso tutto. Ci sono casi di architetti, ragionieri, commercianti, operai, le così dette persone normali, che non avrebbero mai immaginato di finire così e purtroppo hanno visto la loro vita precipitare verso un abisso. L’aumento dei senza tetto in Europa è stato considerevole, si parla quattro milioni di senza tetto nella UE, a causa di una molteplicità di fattori quali: la pandemia che ha fatto perdere il lavoro a tanti, l’aumento dei costi abitativi e la grave crisi economica determinata anche dalla guerra in Ucraina; di contro non c’è stata la presenza della UE o dei singoli Stati a supportare adeguatamente queste fasce deboli di cittadini, né c’è stata la tutela del diritto al domicilio, le istituzioni sono state quasi completamente latitanti.
Quando questo stile di vita si cronicizza è difficile reinserirsi nella società verso la quale nasce una profonda diffidenza se non addirittura paura, stare da soli in disparte diventa spesso un atteggiamento difensivo e, come documentano i volontari, poiché queste persone hanno avuto gravi traumi affettivi, lavorativi o sociali evitano tutti i rapporti umani anche con gli altri barboni, per cui ogni possibile reinserimento sociale diventa sempre più difficile.
Suggestivi e profondi i versi di Alda Merini che, con la sua sensibilità di ex internata di manicomi e disagiata, riuscì a cogliere l’essenzialità di questa misera esistenza umana ed il suo valore intrinseco: ” Mi piacciono i barboni. Catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore”.