Kenaj (Shqiperia Live): “Quanti dubbi sui centri per migranti, ma Italia e Albania sono amiche”

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La reporter dell’emittente Top Channel Tv commenta le reazioni e le polemiche seguite all’intesa del 6 novembre

ROMA – “In tv raccontiamo sia timori e denunce sia un pregiudizio favorevole verso l’Italia e il suo popolo, lo stesso che 32 anni fa accolse i 20mila cittadini albanesi arrivati a Bari sul mercantile Vlora”: Eralda Kenaj, direttrice del programma ‘Shqiperia Live’ su Top Channel Tv, parla con l’agenzia Dire dell’accordo sui migranti.

COSA PREVEDE L’INTESA

L’intesa, annunciata il 6 novembre dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal suo omologo Edi Rama, è già all’esame del parlamento di Tirana. “Dovrebbe essere approvata nonostante le critiche dell’opposizione, condivise anche da Salvador Kacaj, ex sindaco di Shengjin, il porto designato per uno dei centri per migranti” riferisce Kenaj: “E’ convinto che il capo del governo, originario di Tirana, nutra un odio patologico per il nord del Paese”. L’accordo prevede l’apertura nel 2024 di due centri in territorio albanese sotto giurisdizione italiana, a Shengjin e nell’area di Lezha, più all’interno, ma sempre nel settentrione, presso la località di Gjader. Nelle strutture dovrebbero essere accolte fino a 3mila persone, che nelle intenzioni dei firmatari vi rimarranno il tempo necessario perché possano essere esaminate le loro domande di asilo ed eventualmente avviate le procedure per il rimpatrio nei Paesi d’origine, se considerati “sicuri”.

ALBANIA IN DIRETTA

Su ‘Shqiperia Live’, che vuol dire “Albania in diretta”, dell’accordo si è parlato più volte. “Abbiamo raccontato i timori dei residenti sul fatto che i centri possano rendere la regione meno attrattiva sul piano turistico o possano configurare una sorta di ‘occupazione’ neocoloniale” sottolinea la direttrice: “Gjader ha appena 4mila abitanti, non molti di più rispetto al numero delle persone da accogliere nelle strutture per migranti”.

MANIFESTAZIONI E PROTESTE

Contro l’accordo, a partire dal 9 novembre, ci sono state manifestazioni e proteste di piazza. “A Shengjin i cittadini hanno sfilato denunciando il rischio che il porto si trasformi in ‘un campo profughi’” riferisce Kenaj. “Si sono anche visti striscioni con la scritta ‘Lezha non diventerà Lampedusa’ o, in riferimento alla candidatura dell’Albania a entrare nell’Ue, ‘Non portatemi l’Africa, datemi l’Europa’”.
A pesare è anche il rischio che la presenza di migranti desiderosi di raggiungere il territorio dell’Unione possa fornire opportunità alle organizzazioni criminali del posto, interessate a guadagnare magari anche con la tratta di esseri umani.

32 ANNI DOPO LA NAVE “VLORA”

C’è però chi la vede in modo diverso. Resta vivo il ricordo del Vlora, il mercantile preso d’assalto nel 1991 nel porto di Durazzo da persone che volevano lasciare il loro Paese dopo la fine dei governi socialisti. “E’ una vicenda, quella, rimasta impressa nella memoria collettiva” sottolinea Kenaj: “In tanti ritengono che adesso, accettando la creazione dei centri per migranti, l’Albania aiuti un popolo che l’ha aiutata in passato, non solo nei momenti più difficili ma ogni volta che ne aveva bisogno”. Un rapporto rafforzato anche in tempi recenti, nella fase più acuta della pandemia di Covid-19. In Italia, il 29 marzo 2020, dall’Albania erano arrivati 30 medici e infermieri. Il primo ministro era lo stesso, non Meloni ma Rama.Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

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