Zaia: “Dimissioni Valdegamberi, non decido io”

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E sulla violenza contro le donne: “Non scaricare tutto sulla scuola”. Il presidente del Veneto dopo il barbaro femminicidio di Giulia Cecchettin: “Bisogna aiutare tutti a cogliere i segnali di allerta”

VENEZIA – Stefano Valdegamberi non è un consigliere regionale della Lega, ma “del gruppo misto”, ci tiene a ribadire il presidente del Veneto Luca Zaia. E soprattutto: la questione delle sue dimissioni, per quel che ha detto sulla sorella di Giulia Cecchettin, dipende dal Consiglio regionale. Zaia lo mette in chiaro parlando questa mattina a Radio Anch’io e ‘rispondendo’ a quei cittadini che, dice, gli chiedono di mandare via Valdegamberi. “Non è che funziona così: c’è il Consiglio regionale dove i consiglieri sono eletti democraticamente e poi c’è la giunta. Io rispondo per i miei assessori per i quali posso anche provvedere ad un allontanamento, ma un consigliere regionale non dipende da me”, specifica il presidente. Resta il fatto, conferma e ribadisce Zaia, che le parole di Valdegamberi sono “da condannare senza se e senza ma, non sono condivisibili”, poi “ognuno parla per conto suo e ne risponde”.

 

 

ZAIA: “GUAI ALL’ALIBI DEL ‘SE NE OCCUPA LA SCUOLA’”

Non si scarichi il tema della lotta alla violenza alle donne tutto sulle sole spalle della scuola. “La comunità non può avere l’alibi di dire ‘se ne occupa la scuola’, perché in questo paese molto spesso funziona così” quando invece è una questione che riguarda “le famiglie, tutta la comunità… È un problema di tutti, altrimenti non ne usciamo”, spiega Zaia, intervenendo dopo la tragica morte di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato 22enne Filippo Turetta. È successo “qualcosa di tragico e tutti ci stringiamo tutti attorno alla famiglia, al padre e alla sorella, a quanti hanno voluto bene a Giulia “, dice Zaia evidenziando che “questa famiglia sta vivendo il dolore in maniera estrema ma anche l’orrore di quello che è accaduto: Giulia è stata trucidata”.

Zaia però soprattutto riporta l’attenzione al tema di saper cogliere “i segnali” che possono far scattare campanelli d’allarme. “Si parla molto di scuole e io in tempi non sospetti su questo ho avviato delle iniziative. Penso sia utile approfittare” del contesto scolastico come occasione e spazio di sensibilizzazione. “Ma la maggioranza dei femminicidi non passa dagli adolescenti.

Approfittiamo delle scuole, luogo sacro della formazione, è giusto che si faccia e spero che già in queste ore si sia cominciato a parlare della donna, della violenza di genere, di cosa significa amare una persona, delle patologie di possesso e ossessioni…. Ma la comunità non può avere l’alibi di dire ‘se ne occupa la scuola’, perché in questo paese molto spesso funziona così” quando invece è una questione che riguarda “le famiglie, tutta la comunità… È un problema di tutti, altrimenti non ne usciamo “, avverte Zaia.

C’è chi dice che a parlare di violenza di genere nelle scuole bisogna mandare degli esperti… “Non possiamo però sempre complicare la vita a tutto. La perfezione non si raggiunge mai“, risponde Zaia. “Intanto se ne parli e ci sono molti supporti per i docenti, ma è fondamentale che non sia solo un problema della scuola perché se facciamo un lavoro di squadra come comunità il problema lo riduciamo moltissimo perché dobbiamo aiutare le donne, i famigliari e i cittadini in generale a cogliere i segnali di allerta perché questo è il vero tema”.

Continua Zaia: se un genitore vede un figlio ossessivo nel controllare la sua ‘fidanzata’, ossessivo nel controllare il telefono della ragazza con cui sta, “nella stragrande maggioranza dei casi può essere una coppia che gli passa, ma a volte può sfociare in casi come quello di Giulia. Noi dobbiamo fare in modo che nulla venga banalizzato. C’è il rischio, altrimenti, che Giulia diventi semplicemente la 105esima vittima. Lo dice un veneto che ha già avuto altri casi di giovani e non giovani trucidate dai loro fidanzati e partner

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