Capitalismo assistenziale? ?

Economia & Finanza

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La tempesta quasi perfetta colpisce per l’ennesima volta il sistema economico italiano: TIM, ITA, ILVA. Sono la conseguenza al pari di altre nostre disgrazie che ci hanno“ colpito” negli ultimi trenta anni ma frutto di cinque problemi strutturali irrisolti.

Deficit di classe dirigente non solo politica, declino demografico e relativo invecchiamento della popolazione, stallo della crescita economica con gravi e differenziate ricadute sull’occupazione, considerata la differenza di sviluppo Nord/ Sud, assenza di strategia sui migranti.

Bisogna considerare dei punti di forza, colpevolmente non colti e sviluppati proprio a causa del deficit di classe dirigente. Siamo al centro del Mediterraneo quindi una piattaforma logistica che intercetta rotte commerciali per esempio quella asiatica/europea.

Possibilità di trasformare il Mezzogiorno l’area della energia decarbonizzata, della innovazione tecnologica verde, e infine di un agroalimentare di comprovata qualità e sostenibilità.

Doveroso riflettere su un dato numerico: sono trascorsi  33 anni dall’anno in cui l’Italia raggiungeva il massimo livello di benessere relativo, un  debito pubblico pur essendo alto si collocava sotto il 100% del Prodotto Interno Lordo e la società Business International Corporation incorporata nella rivista“ The Economist” collocava l’Italia  in termini di PIL al quarto posto nel Mondo dopo Stati Uniti, Giappone e Germania.

 IL PIL pro capite italiano era passato dal 32,7% di quello degli Stati Uniti nel 1948 al 72,9% del 1991 e già nel 2011 era sceso raggiungendo nel 2020 il 62%.

Oggi i tavoli di crisi presso il Ministero sono 37 e quelli di monitoraggio 22 queste le affermazioni del ministro del made in Italy nel question time alla Camera. Rimettere in piedi ILVA equivale, a sborsare 5 miliardi di euro ma per una capacità produttiva di 6 milioni di tonnellate  e dopo l’uscita di Ancelor  si cercano nuovi patner e si fa il nome di Arvedi e di Jindal che però è già entrata a Piombino.

 Servono subito 1,5 miliardi per non chiudere il sito di Taranto e sarà dura visto che il deficit 2023 è stato del 7,2%  a gennaio 2856 miliardi.

IL rapporto debito/PIL è sceso al 137,3% ma il risultato dipende dalla inflazione. Lo scorso anno infatti ci sono stati 105 miliardi di debiti in più.

Dopo Ilva c’è il problema ITA ex Alitala e dove l’Antitrust  UE ha chiesto a Lufthansa di riscrivere il piano industriale.  A maggio Lufthansa aveva chiuso l’accordo con il Governo sborsando 325 milioni per il 41% del capitale di Ita Airways e assumendo ne la gestione ma ora sembra che i tedeschi ci abbiano ripensato.

 Intanto non prima di giugno arriverà l’assenso della Commissione UE all’accordo Governo/Lufthansa. Infine la questione Tim il cui titolo in Borsa è crollato del 24% dopo la presentazione del piano industriale.

 Azionisti scettici sulla riduzione del debito di Tim che ammonta a 7,5 miliardi di euro dallo scorporo della rete. Molte le incognite e ignoto su come si comporterà lo Stato azionista attraverso Cassa Depositi e Prestiti e che ha giù sborsato 2,5 miliardi di euro per finanziare l’operazione.

Una potenza l’Italia dai piedi di argilla la quale pur occupando in Europa la seconda posizione per la produzione manifatturiera ma che necessita di chiarimenti.

Abbiamo però poche grandi imprese manifatturiere.  La prime 10 società manifatturiere rappresentano un giro d’affari di  80 miliardi di euro contro gli 815 miliardi della Germania e i 375 miliardi della Francia. Relativamente agli investimenti effettuati nel periodo 2014/2018 la Germania al primo posto con 460 miliardi di euro, la Francia con 69 miliardi, il Regno Unito con 34 miliardi e l’Italia con 15 miliardi.

 Questi dati riscontrano le parole di Cuccia del secolo scorso quando il capitalismo italiano si arroccava attorno a Mediobanca  “ ho dovuto fare le nozze con i fichi secchi” aggiunse“ L’industria italiana non ha mai fatto da se. IL capitalismo privato italiano si è dimostrato inadatto alle sfide del suo tempo. Sono emersi vecchi limiti: un capitalismo senza capitali, scarsa attitudine a rischiare, tentazioni di adagiarsi sull’investimento di Stato. Invece di stimolare la classe politica a produrre le condizioni adatte per fare impresa e creare un clima favorevole allo sviluppo, i grandi imprenditori hanno chiesto aiuti, sussidi spingendo l’Italia verso un capitalismo assistenziale”

 

 

 

 

 

 

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