Raffaella Carrà: la rivoluzione gentile nel pianerottolo

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Raffaella Carrà icona pop trasforma il varietà anni settanta in un cambio d’epoca nei costumi e nel sentire del paese.

Tra testi e balli, inusuali per gli anni settanta e considerati audaci, attutiti nei focolari dalla vicina di pianerottolo quale viene vissuta la Raffa, non sembrano un evento capace di anticipare o essere già una nuova stagione. In fondo appena due anni prima, nel 1968, viene abolito il reato di adulterio e dopo anni di scontri “solo” introdotta la legge sul divorzio.

Quando Raffaella canta “da Trieste in giù” e “ad ognuno come gli va” il diritto di famiglia è ben lungi da essere riformulato (attende ancora 5 anni) e sono in vigore il delitto d’onore ed il matrimonio riparatore, abrogati nel 1981.

La rivoluzione dei costumi: il tuca-tuca

Raffaella Carrà quando balla il tuca-tuca viene sommersa dai malumori di Oltretevere verso cui sono molto sensibili i vertici Rai, ma nella terza puntata le basta un partner come Alberto Sordi per rasserenare gli animi.

La leggerezza contro la pruderie

È fatta: se la politica non sa, non può e non vuole superare le angustie di codici e pruderie, la Signora di Bellaria gliele canta ballando: col paese dalla sua.

L’esito del referendum del 1974 mostra quanto uno spettacolo definito leggero, disimpegnato, con tratti da osé casalingo, non ha solo precorso i tempi.

L’impegno sociale

La Carrà ospita, poi, il Presidente degli Industriali e riceve la richiesta di partecipazione di un operaio che vuol fare presente le condizioni di lavoro nella fabbrica del Presidente: il dipendente viene invitato in trasmissione e vede accolte le richieste che rivolge alla sua azienda.

Le trasmissioni di Raffaella Carrà non sono pure carrambate o tuca-tuca ma hanno anticipato la TV dei giorni a venire.

L’etica del pop

Una show girl non show girl ma una di famiglia, Raffaella Carrà è una trasgressiva rassicurante, capace di trasformare in leggerezza, fino a sfumare del tutto, l’ impegno ed il rigore nel proprio lavoro: l’etica del pop.

di Camilla Iannacci

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