Il colmo del “pezzotto”: la piattaforma anti-pirateria dell’AgCom è stata piratata

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ll codice sorgente di Piracy Shield è stato rubato e messo online. Pastorella: “Va disabilitato immediatamente, è a rischio l’accessibilità di siti innocenti”

ROMA – I pirati hanno piratato la piattaforma anti-pirateria. La lotta al “pezzotto” s’è ritorta contro l’AgCom: il codice sorgente di Piracy Shield, il sistema creato dallo Stato per bloccare gli indirizzi IP e oscurare gli streaming illegali, è stato rubato e messo online su GitHub. Lo scrive Calcio e Finanza.

“In particolare -scrive Calcio e Finanza – nei leak pubblicati si possono trovare dall’interfaccia utente ai modelli di dati, dalla gestione dello storage e filesystem, fino all’API e alla documentazione interna. Non è chiaro chi ci sia dietro al furto di dati, ma contro la piattaforma erano state mosse accuse pesanti, con Piracy Shield definita come «uno strumento di censura nascosto come una soluzione alla pirateria»”.

La piattaforma infatti aveva riscontrato non pochi problemi, ed era stata accusata per esempio di bloccare molti IP legittimi, tra 15 indirizzi IP di Akamai, il Content Delivery Network più grande del mondo. Il suo coinvolgimento è stato scoperto attraverso Piracy Shield Search, strumento con cui è possibile inserire un indirizzo IP o un dominio FQDN (Fully Qualified Domain Name) per verificarne la presenza nella block list della piattaforma, scrive ancora Calcio e Finanza.

“Speravamo che l’intervento della scorsa settimana di Agcom in Parlamento – dice la deputata di Azione Giulia Pastorella – servisse a trovare soluzione ai problemi del Piracy Shield. Invece non solo continuano ad arrivare segnalazioni da parte di utenti ingiustamente colpiti in via cautelare dalla piattaforma antipirateria, ma oggi scopriamo addirittura che il codice della piattaforma è stato reso pubblico. Bisogna immediatamente disabilitare il servizio mentre si sistemano le cose se non vogliamo rischiare che dei malintenzionati mettano a rischio l’accessibilità a siti innocenti“.

 fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

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