Mario Negri Alumni Association, a sostegno dei giovani talenti per evitare la fuga dei cervelli

Senza categoria

Di

Intervista a Michela Bozzetto, ricercatrice all’Istituto Mario Negri

Michela Bozzetto

Nella ricerca scientifica italiana, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, IRCCS, rappresenta una delle realtà più prestigiose e influenti nel panorama internazionale. Fondato con lo scopo di migliorare il trattamento delle malattie della vita dei pazienti, l’istituto si è distinto non solo per i suoi contributi in campo medico, ma anche come un baluardo nella battaglia contro la fuga dei cervelli.

Collaborare con un istituto di tale calibro offre ai ricercatori italiani l’opportunità di fare esperienze anche all’estero, ma soprattutto di poter tornare in Italia lavorando in un ambiente all’avanguardia. Tra i giovani talenti spicca Michela Bozzetto, ricercatrice presso il Laboratorio di Medical Imaging dell’istituto.

Dopo aver conseguito una laurea magistrale in Ingegneria Biomedica presso il Politecnico di Milano, con una tesi sulle condizioni fluidodinamiche delle fistole arterovenose per emodialisi svolta in Istituto, ha ricevuto una borsa di studio per proseguire le attività di ricerca iniziate durante la tesi. Ha poi conseguito un dottorato di ricerca in Ingegneria e Scienze Applicate presso l’Università di Bergamo, frequentando sempre l’Istituto per le attività di ricerca clinica.

Oggi è ricercatrice post-doc nel Laboratorio di Medical Imaging. Negli anni Michela si è dedicata alla ricerca avanzata nel campo dell’elaborazione di immagini mediche, della ricostruzione 3D di organi e vasi, e della simulazione fluidodinamica computazionale.

La sua carriera riflette l’importanza di istituzioni come il Mario Negri, che non solo attraggono ma che trattengono scienziati di alto profilo in Italia, offrendo loro risorse, reti e opportunità ineguagliabili. Infine, proprio grazie alla Mario Negri Alumni Association, MNIAA, Michela ha avuto la possibilità di completare il suo percorso formativo con periodo al Barnes-Jewish Hospital di St. Louis (USA), un’importante esperienza che ha fattivamente contribuito a consolidare i suoi studi e soprattutto la sua posizione, e quella di altri dei giovani italiani che hanno vissuto una simile esperienza all’estero, sulla mappa mondiale della ricerca biomedica.

Potresti descrivere uno dei progetti di ricerca a cui hai lavorato recentemente che ti ha particolarmente appassionato o sfidato?

Certo, ma prima devo fare una breve premessa. I pazienti che soffrono di insufficienza renale allo stadio terminale hanno perso quasi completamente la funzionalità dell’organo. Due o tre volte a settimana questi pazienti devono essere sottoposti a dialisi per 3-4 ore: il sangue viene prelevato e fatto passare attraverso un filtro per depurarlo delle sostanze di scarto.

Per poter assicurare un trattamento dialitico adeguato ed efficiente, negli anni ’60 due grandi chirurghi, Michael Brescia e James Cimino, hanno realizzato per la prima volta la fistola arterovenosa, una congiunzione chirurgica tra un’arteria e una vena, nel braccio di un paziente. La fistola arterovenosa è l’accesso vascolare di prima scelta per effettuare il trattamento dialitico, tuttavia dopo un anno dalla chirurgia circa il 40% delle fistole non sono più utilizzabili, poiché si sviluppano nella vena delle stenosi, cioè dei restringimenti nel vaso che ostacolano il passaggio di sangue o addirittura lo impediscono completamente.

I pazienti sono quindi costretti a subire un nuovo intervento e non possono essere sottoposti a dialisi. Mancano completamente strategie efficaci per monitorare il buon funzionamento della fistola e i pazienti vivono con la paura costante che questa si chiuda. Recentemente con i medici della dialisi dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo abbiamo iniziato lo studio clinico VASOUND, che mira a dimostrare che l’analisi acustica, ovvero l’analisi dei suoni che la fistola arterovenosa produce e che medici e infermieri talvolta ascoltano con il loro fonendoscopio, può essere usata per identificare le stenosi molto prima che il vaso sia completamente chiuso.

Con un fonendoscopio digitale che ci permette di registrare e analizzare i suoni a diversi tempi dopo la chirurgia e tecniche sofisticate di analisi del segnale, vogliamo dimostrare che possiamo dare un’ indicazione ai medici che la fistola si sta chiudendo settimane o addirittura mesi prima rispetto a quando la situazione sarà completamente compromessa.

In che modo la tua ricerca può influenzare la gestione dei pazienti in emodialisi?

I risultati dello studio VASOUND ci permetteranno di definire le caratteristiche dei suoni che sono tipiche di fistole in cui si sta formando la stenosi e questo ci permetterà di definire un criterio per cui alcuni pazienti devono essere dei “sorvegliati speciali”, cioè devono essere monitorati frequentemente. L’identificazione di questi pazienti favorirà anche l’attuazione di interventi precoci volti a salvare la fistola quando ancora è possibile tramite angioplastica con palloncino.

Altri studi che stiamo facendo mirano invece a comprendere come il moto disturbato caratterizzato da vortici e ricircoli e le vibrazioni che si creano nelle pareti della vena della fistola possono avere un ruolo importante nella formazione di stenosi. La comprensione di questo potrebbe in futuro favorire lo sviluppo di dispositivi medicali o strategie farmacologiche che limitino le vibrazioni di parete.

Quali tecnologie o metodi specifici utilizzi nella ricostruzione 3D di organi e vasi? Ci sono stati recenti progressi in questi strumenti che hanno trasformato il tuo lavoro?

Di solito per le fistole arterovenose e per i vasi sanguigni partiamo da immagini di risonanza magnetica senza contrasto e per la segmentazione usiamo il software imageJ, molto utilizzato in tutto il mondo da chi si occupa di elaborazione di immagini.

Per generare i modelli virtuali 3D dei vasi usiamo invece il software open-source VMTK, che è stato sviluppato anni fa all’interno del nostro laboratorio. Ci sono poi altri software commerciali come Slicer e Itk-snap che usiamo per altri distretti anatomici, compreso quello renale. I software sono in continua evoluzione, ma anche le tecnologie per acquisire le immagini medicali.

Da pochi giorni è arrivato al Mario Negri un ecografo dotato di un sistema che permette di fare acquisizioni tridimensionali di vaste aree di interesse: nel nostro caso lo useremo per prima cosa per ottenere con ecografia, in un tempo brevissimo e con costi molto limitati, modelli 3D di fistole arterovenose. E poi molti altri studi in ambito renale ma non solo saranno possibili. E’ una rivoluzione!

Quali sono alcune delle sfide principali che incontri nella tua ricerca e come le affronti?

La sfida principale è sicuramente la costante ricerca di finanziamenti per poter sostenere le nostre attività di ricerca. Ci vogliono tenacia, determinazione e molta pazienza! L’altra sfida grossa, che mi entusiasma particolarmente, è quella di sviluppare qualcosa che sia davvero utile per il paziente. A volte tendiamo a concentrarci su quello che piace o entusiasma noi ricercatori o ci sembra utile, ma solo grazie a un confronto costante coi pazienti possiamo rimanere concentrati sui loro bisogni e possiamo quindi dare le giuste priorità.

Ci sono nuovi ambiti o tecnologie che sei interessata ad esplorare?

Mi interessano molto i nuovi sensori wearable, perché penso che possano avere un’infinità di applicazioni e a tante di queste non stiamo ancora neanche pensando e possono davvero favorire il monitoraggio dei pazienti cronici da remoto. Un’altra grande rivoluzione dei nostri tempi è l’intelligenza artificiale, ha enormi potenzialità in ambito medico e le stiamo esplorando in laboratorio per l’elaborazione di immagini. Non me ne occupo in prima persona, ma mi piacerebbe capirne sempre un po’ di più!

Avendo percorso un cammino di successo in un campo STEM, quali consigli daresti alle giovani donne che desiderano intraprendere una carriera simile alla tua?

Direi a loro quello che è stato detto a me qualche anno fa, son parole che a tratti mi rimbombano ancora in testa! “Diventerai un tutt’uno con la tua ricerca, a volte starai sveglia la notte a pensarci, ma se è quello che vuoi fare.. vai fino in fondo. Ne varrà la pena!”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube