Cala il sipario sul Labirinto di Creta di Piovani

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Oggi, al Petruzzelli di Bari, l’ultima replica dell’opera inedita di Nicola Piovani. Cala il sipario su una rappresentazione dal grande valore simbolico

 

Il pubblico di Bari ha decretato indubbiamente il successo di quest’opera inedita del premio Oscar Nicola Piovani. Un’opera voluta e commissionata al grande musicista dalla Fondazione Petruzzelli con un intento altamente divulgativo del bel canto anche tra i bambini. Un’impresa ardua, ma riuscita, che ha reso ragazzini anche i più maturi, regalando a tutti il sogno, ma anche offrendo spunti di riflessione. Un’opera che, sin dalla sua prima rappresentazione, del 16 maggio, ha suscitato l’entusiasmo della platea del Petruzzelli, ma anche della critica. Tutto perfetto, tutto simbolicamente concreto. Cala dunque il sipario su questo ennesimo successo del maestro Piovani.

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Gli applausi

Il mito, la fiaba

Che il mito, specie nella classicità, abbia avuto un grande intento e valore paideutico è ben noto a,noi cultori di un mondo che vive ancora nella nostra identità, ma cercare di stigmatizzarlo in schemi precisi è un compito quanto mai arduo. Anzi pressoché impossibile. Sia per le sue molteplici implicazioni di carattere psicologico che per le sue stesse origini, spesso legate alle diverse realtà socio culturali del mondo greco.

Sarebbe erroneo infatti confonderlo con la fiaba che, già nella sua etimologia, presuppone un racconto inquadrato in precisi schemi narrativi e in evidenti valenze simboliche, perché il mito è avulso da ogni schematizzazione o catalogazione.

Eppure ci hanno provato nell’incipit dell’opera di Piovani due personalità di grande spessore culturale,  quali Pietrangelo Buttafuoco e Alessandro Barbero, che si sono alternati nelle diverse serate nel lungo preludio all’opera. Ciascuno con le proprie personali riflessioni, ciascuno con la propria visione

E, se l’intento sarebbe stato quello di preparare il pubblico( ovviamente  non più bambino), ai temi sviluppati dagli autori dell’opera, in realtà tutto si è concluso in un nulla di fatto. Il mito resta ancora un enigma, sia per la sua origine, che per le sue implicazioni etiche.

L’atmosfera, la narrazione

Così, dopo un preludio musicale di grande efficacia descrittiva, la narrazione ha avuto inizio in un’atmosfera quasi felliniana, ostentatamente circense.

In una perfetta sinbiosi di canto e parlato due straordinari personaggi hanno dato vita al racconto. Papela, mirabilmente interpretata da Carlotta Proietti e l’istrionico William Hernandez, baritono di grande potenza vocale, che ha vestito i panni di un  convincente Don Cosimo.

E la fiaba ha avuto inizio inquadrando il protagonista di questa vicenda, il Minotauro, il mostro, il male.

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il Minotauro

La scena, in un effetto di grande impatto, grazie anche ad un sapiente gioco di luci, è stata dominata da questa immagine spaventosa, almeno per l’immaginario infantile. E il mostro, chiuso nella sua solitudine,  ha dato il via al suo stesso mito.

Metà uomo, metà toro, insaziabile divoratore di ragazzini, imprigionato nel famoso labirinto, fatto realizzare dal padre, il re Minosse, è stato il perfetto simbolo delle forze oscure dell’uomo, perso spesso nel labirinto delle sue stesse pulsioni, ma anche nel labirinto della vita.

Poi, il bene, l’antagonista, colui che vince il male: Teseo. Astuto eroe di una saga narrativa nella quale confluiscono l’astuzia e l’amore per Arianna, figlia di Minosse. E sarà proprio Arianna, interpretata dalla brava Maria Rita Combattelli, a dare a Teseo lo strumento per uscire dal labirinto, previa uccisione dello sfortunato Minotauro. Un semplice gomitolo di lana, per l’occasione di dimensioni eccezionali!

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Arianna consegna il gomitolo a Teseo

Imprigionato nella sua fisicità, ma per l’occasione capace anche di cantare una ninna nanna all’astuto Teseo, che si offre quale vittima per il suo pasto mensile, il Minotauro si carica di un inusuale spessore umano, reso ancor più dalla straordinaria voce del basso Toni Nežić.

E il momento dell’uccisione del mostro è la sublimazione della vittoria del bene sul male. Un momento di incredibile pathos emotivo,  ancor  più intenso grazie alla musica di Piovani, alla direzione dell’orchestra del Petruzzelli, nonché  del coro del Teatro barese.

Teseo vince e porta con sé Arianna, che ha la meglio sulla sorella Fedra,( impersonata da una convincente Federica Giansanti), anche lei innamorata del bel Teseo, nei panni del quale si sono avvicendati nelle diverse serate i tenori Murat Can Guvem e Jésus Hernández.

Così, nel tripudio generale, la fiaba si ferma qui, non certo nel mito, che avrà un epilogo ben diverso. Ma i bimbi, anche quelli più maturi hanno bisogno di credere nei finali felici, hanno ancora bisogno di credere nelle favole.

E se a regalacele ci sono la genialità di Nicola Piovani con la sua musica  e la sua regia, abilmente affiancato in questa  da Paola Ponti, se ci sono le luci, le scene straordinariamente suggestive di Angelo Linzalata, allora la fiaba diviene reale, visivamente tangibile.

Così la storia e la sua ambientazione, collocata temporalmente dai costumi di Luigi Spezzacatene, colpisce l’immaginario collettivo, inducendo lo spettatore alla riflessione. Certamente colorata di onirico, ma suggestivamente concreta.

 

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