Responsabilità civile e cultura della libertà: il messaggio di Rosmini per la società di oggi

Scuola, Formazione & Università

Di

Markus Krienke

In uno dei suoi scritti sulla politica nel mondo moderno, Antonio Rosmini (17971-855) analizza criticamente i “progetti utopistici” che «sciolgono l’uomo da ogni obbligazione e responsabilità di sue operazioni, né da lui cosa alcuna pretendono», mentre «aggravano la colpa di tutti i mali del mondo alla presente società o civilizzazione». Da parole come queste emerge la grande forza analitica del noto filosofo dell’800, uno dei protagonisti del mondo intellettuale e politico del periodo del Risorgimento. Con il primo aspetto, egli indicava la tendenza a sfuggire dalle proprie responsabilità: nella misura in cui questo atteggiamento si dilarga e diventa il modello di agire anche di politici ed altri esponenti del mondo pubblico, si crea una società dell’indifferenza, del conformismo e del “disimpegno morale” in cui non solo i singoli tendono ad attribuire la responsabilità sempre agli altri, ma alla quale vengono a mancare sempre di più esponenti in politica, nell’economia e nel mondo civile capaci di prendere delle decisioni importanti anche se scomode. La disaffezione democratica, e i vari fenomeni di “crisi della democrazia” che stiamo affrontando da molto tempo, deriva anche da questa “fuga dalla responsabilità” nell’ambito politico.

Il secondo aspetto, invece, lo ritroviamo oggi in fenomeni di “cancel culture” che consiste nello stigmatizzare forme o espressioni culturali nel nome di una presunta “purezza”, quando ad esempio si abbattono alcune statue di Cristoforo Colombo negli Stati Uniti o si “cancella” la lettura di Dante o Shakespeare nelle scuole per le affermazioni spregiative verso altre religioni o il gentil sesso nei loro scritti. Allo sforzo di comprendere, spiegare e appropriarsi di testimoni culturali importanti, si sostituisce la reazione “comoda” di eliminare tutto ciò che non corrisponde a una determinata linea di cui ci si promette la “redenzione” dei mali sociali. In altre parole, la “sostanza morale” della democrazia – fatta del rispetto dell’altro, della ricerca del “miglior argomento” e dei giusti compromessi – viene sostituita da un “moralismo” che lascia poco spazio per la libertà. Altre espressioni di una tale radicalizzazione del “politically correct” sono i divieti di parola a determinati personaggi ritenuti non conformi a una presunta idea di “purezza culturale”. Certamente esiste anche il dibattito fino a quale grado una tale “cancel culture” esista davvero, ma l’impressione che nel nome dell’universale tolleranza si praticano atti di intolleranza sta diffondendosi nella nostra società.

Con queste due fotografie di fenomeni “di crisi” delle nostre libertà moderne, sono indicati solo due aspetti che evidenziano l’attualità di Rosmini: anche grazie alla sua profonda amicizia con Manzoni, il “poeta del cuor suo” con il quale ha coltivato lungo tutta la sua vita un approfondimento delle opportunità e dei rischi delle “nuove libertà” del mondo moderno, egli ha svolto delle riflessioni intense sull’etica della libertà nella società dopo la Rivoluzione francese (1789), svolgendo delle riflessioni che proprio oggi emergono con un’attualità inaspettata. Non è un caso se Luigi Sturzo ha fondato il “Partito popolare italiano” con il suo appello “Ai liberi e forti” su basi di pensiero rosminiano, e che le attuali tendenze pubbliche del “populismo” esprimono la sfida più seria alla cultura pubblica e politica resa possibile grazie al “popolarismo” sturziano.

In questo modo sembra un compito senz’altro attuale e un contributo rilevante alla cultura di oggi riprendere e ristudiare i testi di Rosmini. Le sue indicazioni sulla responsabilità civile e la felicità pubblica stanno alla base di un convegno che si svolge tra alcuni giorni – dal 13 al 14 giugno – a Lugano e che può essere seguito anche da remoto. L’evento è aperto a tutti, e per ottenere ulteriori informazioni circa i temi proposti e le modalità d’iscrizione, cliccate qui: LINK.PROGRAMMA STESO

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