Il saggio dal titolo “The Decline of Fertility in Europe: an analysis of data, causes, consequences. Plus a provocation and a (possible) solution” pubblicato su Academia ( https://marcopalombi4.academia.edu/research ), nelle sue 42 pagine, affronta una spinosa questione, dati alla mano: il calo della natalità in Europa, e propone una provocazione ed una soluzione viabile.
Basandosi sui dati provenienti da fonti ufficiali, tutte riportate nella ricca bibliografia, il saggio parte da un’amara considerazione: l’Europa si trova ad affrontare una crisi demografica che minaccia la sua stabilità economica e sociale a lungo termine. Negli ultimi decenni, il tasso di natalità è diminuito drasticamente, con paesi come l’Italia, la Spagna e la Grecia che registrano tassi di fertilità ben al di sotto del tasso di sostituzione necessario per mantenere stabile la popolazione. In Italia, ad esempio, si parla di un tasso di fertilità di circa 1,3 figli per donna, mentre il livello di sostituzione demografica è fissato, ovviamente, a 2,1 figli per donna. Anche paesi come la Germania e la Francia, che storicamente hanno avuto un’economia ed una struttura sociale più solida, non sono immuni da questa tendenza al ribasso.
Questo fenomeno ha radici profonde che coinvolgono fattori psicologici, economici, culturali e sociali, creando un circolo vizioso che sembra difficile da spezzare. Tuttavia, se da un lato le cause del declino della natalità sono complesse e multilaterali, dall’altro è possibile delineare alcune soluzioni concrete che, se attuate correttamente, potrebbero contribuire a invertire questa tendenza.
La prima e più evidente causa del declino della natalità in Europa è la pressione economica. Crescere un figlio oggi è una decisione che comporta un onere finanziario significativo per le famiglie. In paesi come l’Italia e la Germania, il costo medio stimato per mantenere un figlio fino ai 18 anni varia tra 113.000 € e 200.000 €, una cifra che pesa notevolmente sulle finanze familiari. Il costo della vita, soprattutto nelle aree urbane, è aumentato negli ultimi decenni, rendendo la procreazione un impegno difficile da sostenere per molte coppie. L’accesso limitato a un alloggio adeguato, l’aumento del costo dell’educazione e la necessità di garantire uno stile di vita confortevole frenano molti dall’avere più di un figlio.
Accanto ai fattori economici, uno dei cambiamenti più rilevanti è la crescente ed irrinunciabile libertà di scelta delle donne nella selezione del partner. Il saggio evidenzia come le donne oggi siano libere di scegliere il proprio compagno, ma questa libertà porta con sé una selettività più rigorosa. I dati confermano che solo il 10-25% degli uomini nella fascia d’età che una donna fertile è disposta a prendere in considerazione, è ritenuto da questa potenzialmente adatto come partner, basando la scelta su criteri che includono lo status economico, l’attrattiva fisica e l’affinità valoriale. Questo restringe notevolmente la disponibilità di uomini “idonei” per le donne fertili. Inoltre, circa il 60% degli uomini nella fascia d’età considerata ideale è già sposato o impegnato in una relazione stabile. Ciò riduce ulteriormente la possibilità di formare nuove famiglie e aumenta l’età in cui le donne decidono di avere figli.
La posticipazione della maternità è un altro fattore critico. In molti paesi europei, l’età media al primo parto supera i 30 anni. Questo ritardo nella formazione della famiglia è spesso dovuto alla crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro e all’istruzione superiore. Oltre il 40% delle donne europee tra i 30 e i 34 anni possiede una laurea, un dato che riflette il progresso sociale ma che ha l’effetto collaterale di ridurre il numero di figli che una donna può avere durante la sua vita fertile.
Anche i cambiamenti culturali hanno avuto un impatto significativo. La crescente enfasi sulla realizzazione personale, l’individualismo e il perseguimento di carriere professionali ha portato a una visione della famiglia diversa rispetto al passato. Le famiglie numerose, un tempo viste come un valore sociale, sono oggi considerate un’eccezione piuttosto che la norma. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle aree urbane, dove il costo della vita è elevato e gli spazi abitativi sono spesso limitati.
Il calo della natalità non è solo un problema demografico, ma ha conseguenze economiche e sociali di vasta portata. Un’Europa che invecchia deve far fronte a un crescente squilibrio tra la popolazione attiva e quella in pensione. In Italia, ad esempio, il 16% del PIL è già destinato alle pensioni, un costo che continuerà a crescere man mano che la popolazione in età lavorativa diminuisce. Questo squilibrio tra pensionati e lavoratori attivi rende il sistema pensionistico insostenibile nel lungo periodo, minacciando la stabilità economica.
Inoltre, la mancanza di giovani lavoratori porterà a una carenza di manodopera, soprattutto in settori come la sanità e le costruzioni. Si stima che entro il 2030 l’Europa potrebbe trovarsi di fronte a una carenza di 20 milioni di lavoratori, rallentando la crescita economica e aumentando la dipendenza dagli immigrati per mantenere le economie funzionanti.
Fatto ancora più grave, forse, l’invecchiamento della popolazione riduce anche la capacità di innovare e adattarsi alle nuove sfide tecnologiche, rendendo l’Europa meno competitiva a livello globale.
Delle due proposte avanzate nel saggio, basate su dati oggettivi, la prima è una provocazione: l’introduzione della poligamia come possibile soluzione al calo della natalità. Questo approccio si basa sull’idea che la selettività femminile nella scelta del partner limita le opportunità per formare famiglie. In una società poligamica, gli uomini già considerati “buoni” partner, anche se già sposati, potrebbero formare nuove famiglie con altre donne. Questo modello permetterebbe di superare il vincolo rappresentato dalla scarsità di uomini “idonei” e potrebbe contribuire ad aumentare il tasso di natalità. Secondo le proiezioni basate sui dati, l’introduzione della poligamia potrebbe portare il tasso di fertilità a 1,9 figli per donna. Anche se non si avvicina completamente al livello di sostituzione, sarebbe un miglioramento rispetto agli attuali tassi di fertilità in molti paesi europei. Sebbene questa proposta sia provocatoria e difficilmente realizzabile nella società contemporanea europea, solleva questioni interessanti sulla limitata disponibilità di partner “adeguati” per le donne fertili.
Una soluzione più realistica e attuabile risiede nelle politiche fiscali mirate alla classe media, un segmento cruciale della popolazione europea che non beneficia pienamente degli attuali sussidi statali. La proposta principale del saggio è di sostituire i tradizionali sussidi diretti, che spesso avvantaggiano maggiormente le famiglie con basso reddito, con un’esenzione fiscale totale per le famiglie della classe media con tre o più figli. Questa misura permetterebbe di alleggerire il carico fiscale di queste famiglie, esentandole dalle imposte fino a quando il figlio più grande non raggiunge i 26 anni.
In termini pratici, l’esenzione fiscale potrebbe generare un risparmio annuale significativo per le famiglie della classe media. In Germania, ad esempio, una famiglia con tre figli potrebbe risparmiare fino a 6.000 € all’anno, mentre in Francia il risparmio sarebbe di circa 5.000 €. Questi risparmi non solo ridurrebbero l’onere economico legato alla procreazione, ma permetterebbero anche alle famiglie di investire maggiormente nell’educazione e nel benessere dei propri figli. Questo tipo di incentivo fiscale sarebbe particolarmente efficace nel sostenere la natalità nella classe media, un segmento che ha la capacità di trasmettere patrimonio e stabilità economica alle future generazioni, riducendo così il rischio che i figli diventino un onere per la società.
Un aspetto fondamentale è la percezione del futuro da parte delle famiglie della classe media. Il saggio sottolinea che la scelta di avere figli non è solo una questione di calcolo economico, ma è influenzata anche dalla visione che le famiglie hanno del loro futuro. Le famiglie della classe media tendono a fare figli quando percepiscono un miglioramento rispetto al presente, sia in termini di stabilità economica che di accumulo di patrimonio. Incentivare questa visione ottimistica del futuro attraverso politiche fiscali mirate potrebbe quindi contribuire ad aumentare la natalità. Si stima che l’introduzione di queste misure fiscali potrebbe portare il tasso di natalità a 2,4 figli per donna, superando così il livello di sostituzione e garantendo una maggiore sostenibilità demografica.
Questo saggio, quindi, dimostra che il calo della natalità in Europa è una sfida complessa che richiede un approccio integrato. Mentre le proposte provocatorie come la poligamia offrono spunti di riflessione, è nelle politiche fiscali concrete che si trova la vera chiave per invertire questa tendenza. Incentivare la classe media attraverso esenzioni fiscali mirate e promuovere una visione positiva del futuro familiare rappresentano un approccio concreto per aumentare la natalità, garantendo al contempo un futuro più sostenibile per le nuove generazioni europee.