Pierfranco Bruni
La filosofia della conoscenza non è conoscenza filosofica. Da Agostino ad Heidegger il tempo della conoscenza è nel non limite della metafisica. Tra la grecità profonda e il terribile dell’inquieto filosofico Giovanni Reale resta il filosofo di un segno che ci permette di entrare in quella metafisica del tempo tra il tremore e l’onirico, in un tempo in cui il buio non riesce a penetrare il bosco. Innovatore geniale della filosofia Occidentale, ha offerto una chiave di lettura profondamente legata all’idea di Dio e soprattutto ad una lettura consapevolmente spirituale tra Platone, Seneca, Agostino e Giovanni Paolo II. È il filosofo più zambraniano nella cultura filosofica dell’Occidente.
A Maria Zambrano, Reale deve quella rilettura non solo di Seneca (di cui ha tradotto tutta l’opera nel 1994), ma soprattutto la rilettura e la riproposta di una interpretazione che parte, certamente, da Platone e Socrate, ma si innerva nella centralità di Agostino.
È la Zambrano che permette a Reale di ricollocare Agostino al centro dell’Occidente, anzi viene considerato il vero iniziatore della cultura europea.
Non esiste l’ottimismo del tragico. È una perenne dissolvenza. Esiste il tragico dell’ottimismo in un Tempio in cui senza Nietzsche il novecento riconoscerebbe soltanto la morte dell’ Ecce homo. Zambrano fa del tragico una confessione nel quotidiano vivere che è chiosa diversissima dell’ottimismo. L’ottimismo è il paravento della Ignoranza del relativo.
L’Europa, dice la Zambrano, nasce con le Confessioni di Agostino. Da qui Giovanni Reale apre delle prospettive che non sono meramente filosofiche, di una filosofia accademica, ma ha il coraggio di spezzare la egemonia laica – laicista e porre all’attenzione le coordinate di un Tempo oltre l’Eternità, in cui Dio diventa il Cerchio e l’Orizzonte.
Il problema filosofico dell’Anima non è una questione teologica. Dopo la Zambrano, e quindi dopo Giovanni Reale, la visione del concetto dell’Anima assurge ad una visione della Ragione laica, ma diventa l’invisibile permanente e presente nello sguardo del Cristiano. Non si pone il problema di un Agostino che si converte, come in Paolo, ma si pone finalmente il problema dell’Uomo. Non è la conversione che penetra il labirinto della metafisica dell’anima, ma è quel diamante, per dirla con Teresa D’Avila, che vive le mansioni della Bellezza. Gli studi di Giovanni Reale hanno una loro progettualità e pongono come asse il modello, appunto, del Tempo – Anima. Un modello di una cultura che trova nella grecità il fondamento. La crisi o il dissolvimento della fenomenologia è oltre il concetto di sistema metafisico. In questo campo sottolinea una premessa importante Aldo Masullo.La Grecia è il luogo della filosofia, ma la filosofia non è il pensare, piuttosto il pensiero dell’Uomo che attraversa le epoche e diventa, quindi, metafisica dell’essere. Nei sui testi, da Platone a Socrate e soprattutto alla impostazione di una “diversa” storia della filosofia da proporre alle nuove generazioni, la Grecia ha il suo humus nel verso dell’Immortalità e la presenza di Dio, non divina, attenzione, è la chiave di lettura dell’universo metafisico.
È indubbiamente la sua la conoscenza della filosofia come metafisica e il confronto tra il reale e il non limite del reale assume la valenza della morte di un Occidente che ha smarrito la sua tradizione. Il filo che lo lega allo Zambramo lo conduce oltre la fenomenologia di Masullo. Quindi oltre anche lo storicismo.