Presunzione di innocenza e diritto di cronaca. Giornalisti e magistrati a confronto

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 Il procuratore di Milano: “Riforma Cartabia introduce velina di regime”

Un momento della tavola rotonda su diritto di cronaca e presunzione di innocenza organizzata da UsigRai – Foto da streaming

Sono state oltre due ore confronto costruttivo tra magistrati, avvocati e giornalisti, quelle andate in scena ieri (24 Febbraio 2022) nel corso della tavola rotonda organizzata dall’Usigrai sul recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza e il diritto di informazione e cronaca.

L’esposto della Fnsi al Parlamento europeo – Una tematica di strettissima attualità tanto che in apertura di incontro il Presidente della Fnsi, Beppe Giulietti, ha annunciato un esposto al Parlamento europeo nel quale si chiede di valutare una procedura di infrazione o segnalare difformità tra la direttiva e la legge italiana di recepimento.

“La Federazione nazionale della Stampa italiana – ha detto Giulietti aprendo l’incontro – ha presentato un primo esposto all’Unione Europea dove si chiede al commissario alla Giustizia e alla presidente del Parlamento di valutare le difformità tra il testo della direttiva sulla presunzione di innocenza e le norme italiane di applicazione di tale direttiva”.

“L’auspicio – ha aggiunto – è che sia sottoscritto da tutte le istituzioni dei giornalisti. Il punto è evitare il caos creato di queste settimane, con notizie che vengono tenute nascoste o date in ritardo, per via delle diverse interpretazioni delle nuove norme. Anche perché è evidente che il giornalista le notizie se le procura comunque, ma per vie meno trasparenti e questo rende il quadro complessivo inquietante”.

Appello alla Ministra Cartabia – Da qui l’appello alla ministra Cartabia a “convocare attorno a un tavolo tutti i soggetti che riterrà per ragionare a tutto campo sui temi dell’articolo 21 della Costituzione e affrontare – ha incalzato Giulietti – non solo la presunzione di innocenza, ma tutti i nodi ancora irrisolti, da 20 anni a questa parte, sulle tutele da garantire al lavoro dei giornalisti: dal contrasto alle querele bavaglio all’applicazione dell’equo compenso, dalla tutela delle fonti e del segreto professionale all’abolizione del carcere per i cronisti”.

Il diritto a informare – Nel corso del dibattito si è evidenziata da un lato la difficoltà dei giornalisti a garantire il diritto dei cittadini a essere informati, dall’altro la difficoltà – testimoniata dagli stessi magistrati – di gestire le nuove incombenze previste dalla riforma Cartabia, tra cui decidere quali procedimenti siano di interesse pubblico.

Ritorno alla velina di regime – Su questo argomento, significativo l’intervento del procuratore di Milano facente funzione Riccardo Targetti che ha detto: “Da cittadino questa legge la giudico male, non mi è piaciuta per niente, mi sembra che introduca il concetto della velina di regime. Mi sono chiesto, quando ho redatto la circolare applicativa di questo decreto legge, se non stavo addossando al Procuratore della Repubblica un grande potere, molto maggiore di prima, e se questo potere non è concentrato in maniera eccessiva per uno stato democratico”.

E poi ha aggiunto: “Perché devo essere io Procuratore a dire cosa è di interesse pubblico o cosa no. Non lo trovo molto sensato. Questa legge mi ha dato un potere assolutamente eccessivo.

È poi intervenuta Francesca Nanni, procuratore generale della corte d’appello che ha ricordato come “la Giustizia non deve mai essere vista come qualcosa di chiuso o non ostensibile, è solo una fase che è segreta, per le indagini, poi deve essere tutto pubblico. E ha aggiunto come si stia cercando di trovare una linea comune tra tutti i distretti giudiziari”.

Nel suo intervento il procuratore capo di Monza, Claudio Gittardi, ha ricordato come “la direttiva, o meglio il legislatore europeo, ponga la valutazione dell’interesse pubblico in capo all’autorità pubblica”
E ha poi ha aggiunto: “Posto che c’era questa direttiva ho cercato a mia volta di fare una direttiva per stabilire cosa fosse l’interesse pubblico e ho fissato dei criteri e degli indici: la gravità del fatto criminoso, la diffusività o reiterazione dei reati, rilevanza degli interessi lesi dal reato, numero degli indagati coinvolti, allarme sociale che si determinava”.

“Il decreto – ha aggiunto il procuratore Gittardi – sclerotizza le modalità di comunicazione indicando nel comunicato ufficiale o conferenza stampa le modalità di comunicazione”.

“Se l’informazione è unilaterale – ha concluso – il rischio è che il giornalista trovi altri canali di informazione”.

Un altro rischio evidenziato da Cesare Giuzzi del Corriere della Sera è che con questi nuovi limiti nella comunicazione giudiziaria non si vengano a conoscere i fatti che accadono. Il problema è anche ciò che oggi non è giornalismo ma comunicazione. Pagine social che diffondono qualsiasi video ripreso dagli utenti molto spesso accompagnati da descrizioni non veritiere.

L’obiettivo – ha chiosato Enrico Rotondi, responsabile della redazione cronaca della Tgr Lombardia – è marcare la differenza tra il giornalismo con regole deontologiche e il giornalismo fatto da chiunque con un telefonino. Nel momento in cui il nostro ruolo non viene riconosciuto e si nega un interesse legittimo ad accedere a certe informazioni, certamente tutto questo crea una cattiva informazione nel suo complesso e io credo che il valore della buona informazione la nostra Costituzione ancora lo garantisca”.

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