Confcommercio rialza il Pil dell’Italia ma il Paese è diviso in due

Economia & Finanza

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Per il 2022, le previsioni di Pil e consumi si attestano al +2,5%. Ma oggi il Pil pro capite al Sud è quasi la metà di quello del Nord: 20.900 euro contro i 38.600 euro del Nord-Ovest e i 37.400 euro del Nord-Est. Con la pandemia nel 2020 la contrazione degli occupati ha sfiorato i 2,5 milioni di unità.

di Andrea Managò e Elisa Trincia

© Gloria Imbrogno / NurPhoto / Afp
– Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli

 

AGI – Confcommercio rivede al rialzo le stime sul Pil dell’Italia, ritoccandole dello 0,4% rispetto alla precedente rilevazione.

Per il 2022, le previsioni di Pil e consumi si attestano al +2,5%. La ripresa di consumi e occupazione, però, non si annuncia rapida e resta su livelli inferiori a quelli pre-pandemia, gravata dalle preoccupazioni per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la corsa dell’inflazione ed il costo crescente delle materie prime.

Resta marcato anche il divario negli indicatori di crescita e reddito tra Nord e Sud. “Lo scorso anno il Pil è cresciuto del 6,6%, questa spinta è proseguita fino a oggi, seppure fortemente indebolita da una sequenza quasi insostenibile di shock negativi. Crisi economica, crisi geo-politica, crisi energetica. Oggi si affaccia anche lo spettro della crisi alimentare”, argomenta il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli aprendo l’Assemblea generale della confederazione.

Per questo, come sottolinea in un messaggio il Capo dello Stato Sergio Mattarella: “Centrale rimane, per una economia competitiva, il successo del Pnrr che, affrontando nodi cruciali per la modernizzazione, non può che riflettersi positivamente sulla crescita”.

L’Italia, l’analisi di Confcommercio, resta un Paese a due velocità. Tra il 1996 e il 2019 il Pil reale del Mezzogiorno è cresciuto in termini cumulati solo del 3,4%, quasi cinque volte meno della media nazionale (15,3%) e otto rispetto al picco del Nord-Est (23,8%).

Oggi il Pil pro capite al Sud è quasi la metà di quello del Nord: 20.900 euro contro i 38.600 euro del Nord-Ovest e i 37.400 euro del Nord-Est.

Quanto alla ripresa, rischia di essere frenata da “un’inflazione particolarmente elevata” del +6,3%, misurata come variazione dell’indice dei prezzi al consumo. In un contesto così sfavorevole, si legge in un report, sarà “più difficile avviare nuove attività, alimentando ulteriormente la denatalità”.

Il calo demografico preoccupa – nel 2022 -824mila unità con un picco del 60% al Sud – anche perché in prospettiva si trasformerà in deficit di capitale umano. Tra le variabili che frenano la ripartenza, naturalmente, il caro energia. “Vanno riviste in modo strutturale le regole di formazione del prezzo dell’elettricità, anche introducendo un tetto a quello del gas”, specifica Sangalli.

Altro nodo che preoccupa è l’occupazione. Con la pandemia nel 2020 la contrazione degli occupati ha sfiorato i 2,5 milioni di unità e la crescita attesa di circa 2 milioni nel biennio 2021-22 non consentirà di recuperare i livelli occupazionali pre Covid.

Il Nord e il Centro registrano una flessione di oltre il 2%, in controtendenza il Mezzogiorno che evidenzia una migliore performance del mercato del lavoro anche grazie alla ripresa dei flussi turistici.

“Oggi le prospettive per il turismo italiano sono buone – spiega Sangalli – ma non bastano pur significativi segni più: serve un recupero completo, è ancora da raggiungere”.

Nella relazione spazio anche all’agenda politica delle ultime settimane, il presidente di Confcommercio annota alcune considerazioni. Sulle concessioni demaniali: “Il tema è trovare l’equilibrio tra un’apertura del mercato e la tutela dei diritti degli attuali concessionari”.

Mentre sul salario minimo: “Bisogna fare attenzione a non scambiare tra loro cause ed effetti. Non ci sono scorciatoie e, se ci sono, sono pericolose”.

Gli fa eco il ministro Giancarlo Giorgetti, intervenuto da remoto: “Attenzione a pensare che con una legge si possano risolvere automaticamente i problemi. Credo l’Italia abbia una storia nell’esperienza della contrattazione”.

A riguardo il titolare della Pa Renato Brunetta commenta: “Non abbiamo bisogno di ulteriori derive stataliste e di rigidità”.

Mentre per il segretario della Cgil Maurizio Landini: “Tutti parlano di salario minino, il problema è aumentare i salari, di questo ne sento parlare un po’ meno”.

Capitolo bonus. Secondo Giorgetti: “Sicuramente hanno svolto un ruolo meritorio ma forse adesso servirebbe una razionalizzazione, viste anche le altre urgenze che ci troviamo ad affrontare”.

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