La commissione europea ci ripensa. Ritirata la disposizione che vietava di dire “natale” e nominare ‘Giuseppe’ e ‘Maria’

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Questa sera a Milano, passando da Piazza Duomo per prendere la metropolitana, vedendo la grandiosità della Veneranda Fabbrica, nonostante io abbia scelto di vivere la mia religiosità da buddhista, non ho potuto fare a meno di pensare al balzano documento della Commissione Europea che avrebbe inteso vietare l’uso della parola Natale nel senso della ricorrenza Cristiana e nello stesso quadro vietare anche di nominare  Giuseppe e Maria. Salvi solo il bue e l’asinello.

Forse per rispetto verso l’attivismo animalista. La ragione di questa elucubrazione metafisica ?

Rispetto nei confronti di fedeli di altre religioni che avrebbero potuto avvertire minata la propria sensibilità. Non ho potuto fare a meno di realizzare che una civiltà, che definiamo occidentale  e che noi abitiamo, per la prima volta nella storia umana rischia di annichilire  e sparire per stupidità. Come conseguenza  di una malattia che si chiama politically correct, in lingua italiana politicamente corretto.

E allora non è bislacco che siano tanti non Cristiani come me a ricordare che fu odioso il rifiuto di dichiarare nei documenti fondativi d’ Europa le sue radici Giudaico e prevalentemente Cristiane?

Perché quelle radici sono nel sangue della storia umana e in particolare in quella di Benedetto da Norcia, del suo lavoro e di tutti i Benedettini dopo di lui con i loro conventi  e la  trasmissione della conoscenza attraverso la cura dei libri e di biblioteche silenziosamente spirituali, meravigliosi opifici del sapere. Benedetto “è” l’Europa.

E non è inevitabile raggiungere un altro Benedetto di cognome Croce che dimostrò quanto fosse per noi impossibile  “NON DIRSI CRISTIANI”?  Dimostrando la grandezza e l’unicità della rivoluzione Cristiana nella storia dell’umanità.

E come si fa a non pensare al momento della cultura illuminista e ai grandi dell’Encyclopedie,  a cominciare da Voltaire che, seppure all’interno del trionfo della ragione, spingevano le proprie speculazioni filosofiche e culturali su sostegni indubitabilmente Cristiani come, ad esempio, la TOLLERANZA?

E allora due cose mi hanno dato momentanea speranza. Una è lo scoprire che il nipote di Leonardo Sciascia, che dirige la Fondazione che porta il nome di suo nonno, in questo 2021 che è il centenario della nascita del grande scrittore e intellettuale siciliano, sta portando in giro per l’Italia un’occasione teatrale dal titolo “LA BELLEZZA DEL POLITICAMENTE SCORRETTO”.  Evviva!

L’altra cosa è un ricordo.

A un incontro di dialogo interreligioso, una di quelle occasioni ove inevitabilmente si finisce a confrontarsi al confine con la politica, ascoltai con grande attenzione Riccardo Pacifici, l’ex Capo della Comunità Ebraica di Roma. Tanto da citarlo a memoria.

“In queste occasioni, ci diciamo sempre che dobbiamo cominciare da QUELLO CHE CI UNISCE.

 No, così non va bene. Troppo facile. E non si fanno passi avanti. Qualcuno si annulla.

Bisogna cominciare da un’altra cosa, che costringe sacrificio e disponibilità. Cioè…

Dobbiamo cominciare dal rispetto inequivocabile delle nostre SPECIFICHE E RECIPROCHE DIFFERENZE. Questa è l’unica strada”.

Mi trovai improvvisamente con la mente aperta, nonostante i miei tanti anni di pratica buddhista.

E allora, prima di entrare nel foro sotterraneo della linea rossa della Metropolitana milanese, ho dato un ultimo sguardo alla Veneranda Fabbrica del Duomo, rassicurante dal 1386, anno d’avvio dei suoi lavori di costruzione.

E quella grandezza mi ha ricordato un giudizio sferzante di Leonardo Sciascia su certi politici all’interno di una riflessione sulla stupidità come complicazione:

“ …ci si arrovella tanto sul pensiero di tanti politici. Io credo che si debba concludere che essi non pensano…”    

Francesco Magisano

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