La “Zattera della Medusa” e la Sociurgia

Arte, Cultura & Società

Di

Pubblichiamo il testo integrale della relazione del critico d’arte Marco Pennone (*) in occasione dell’inaugurazione della Sociurgia – dall’Opera d’Arte all’Opera Sociale”, Bubbio (AT), lo scorso 29 ottobre.

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La “Zattera della Medusa” e la Sociurgia

di Marco Pennone

Anche chi ha una sia pur sommaria cognizione della Storia dell’Arte, non può non ricordare un’opera che è presente e largamente commentata in tutti i testi scolastici: si tratta de “La Zattera della Medusa”, il gigantesco (cm. 716 x 491) olio su tela dipinto tra il 1818 e il ’19 da Théodore Géricault (1791-1824), conservato nel Museo del Louvre, di cui è una delle più note attrattive; il quadro è diventato un’icona della pittura romantica, arrivando ad esercitare evidenti influenze su artisti del calibro di Delacroix, Turner, Courbet, Monet.

Il mito greco della Gorgone dallo sguardo magnètico non c’entra niente col dipinto: occasione dell’enorme tela fu infatti un episodio di cronaca: il naufragio della fregata francese “Medusa”, nel 1816, davanti alle coste della Mauritania. Molti uomini dell’equipaggio si salvarono sulle scialuppe; altri – quelli della ciurma – s’imbarcarono su una grandissima zattera: di 150 ne rimasero vivi solo 15, dopo giorni e giorni di convivenza forzata in condizioni estreme, inenarrabili episodi di violenza e perfino di cannibalismo. Géricault fece moltissimi disegni preparatori e studiò nei minimi dettagli l’anatomia dei personaggi della zattera, ispirandosi addirittura al “Giudizio Universale” di Michelangelo. Inutile dire che l’opera suscitò una enorme impressione negli spettatori, sia per la sua grandiosità sia per il tragico tema umano e sociale che raffigurava.

Ebbene, questa celeberrima opera mi ha ispirato una metàfora dell’Arte, dei suoi creatori e della “condition humaine”, per citare il capolavoro di André Malraux. Il tutto per fare poi un collegamento con la Sociurgia, intesa come idea e metodo per comprendere tutti gli aspetti della vita, partendo dall’Arte per arrivare ai suoi riflessi sulla Società. Le opere d’Arte (la pittura, la scultura, la ceramica, l’architettura, ma anche le opere letterarie e quelle musicali: insomma, includiamo tutte le Arti, secondo la visione idealistica crociana), i loro Autori ed anche gli spettatori-lettori-fruitori-ascoltatori, cioè tutti noi, sono un po’ come il carico imbarcato su una gigantesca, immensa zattera che solca lo sconfinato Oceano del Tempo e dello Spazio: cioè – come facilmente si può capire – la nostra amata Terra, perennemente in balìa dei flutti e degli eventi atmosferici avversi. Ogni opera – dalle maggiori alle minori o minime, da quelle famose a quelle del tutto ignorate – ha una sua gènesi, una sua storia, un suo messaggio, un racconto di vita vissuta, di pensieri, di sogni: tutte cose ugualmente degne di nota e di attenzione. Alcune opere navigano saldamente, altre vacillano, altre cadono nell’acqua e si perdono. Altre ancora, che sembravano perdute, vengono riportate a galla e restaurate…

Ne abbiamo fatta di strada, da quando i nostri antenati affidavano il loro bisogno di Arte alle pareti delle grotte, musei di pietra. Ci siamo evoluti, siamo cambiati, e l’Arte è cambiata con noi. Dal Figurativo all’Impressionismo; dall’Espressionismo all’Astratto; dall’Informale all’Arte Povera, fino ad arrivare alla “Digital Art”… Ma la funzione dell’Arte resta salda e fedele a se stessa: condividere con gli altri, con la Società, e trasmettere ai posteri, fino ai più lontani pronipoti, la Bellezza, la Cultura, l’Umanità. Senza questi Valori, l’uomo vivrebbe ancora nella Preistoria. Vedere un’opera d’Arte, leggere un libro, ascoltare una musica sono cose che ci fanno crescere, sognare, conoscere i loro Autori e le loro idee, regalandoci in continuazione emozioni e appagando il nostro bisogno interiore di spiritualità. Ogni opera d’Arte racconta il mondo del suo creatore, la sua essenza di uomo o di donna; ci trasmette un  contenuto con il linguaggio universale delle immagini, del colore, dei volumi spaziali, delle parole, delle note, dei gesti, della danza… L’Arte eleva l’uomo verso la conoscenza, la riflessione autonoma, il ragionamento, il dialogo e il confronto con gli altri. Per questo ogni opera d’Arte appartiene alla Sociurgia, in quanto è inserita nella Società in cui è stata concepita (anche quelle che rifiutano ogni inserimento o incasellamento, come ad esempio le opere dei Decadenti); solca l’Oceano sconfinato del Tempo e dello Spazio con l’umanità intera, per arricchire ogni singolo individuo dal punto di vista spirituale e – di conseguenza – tutta la Società come insieme di singoli individui.

Tanta acqua è passata sotto i ponti dal 1953, quando Arnold Hauser, influenzato dall’ideologia marxista, scrisse la “Sozialgeschichte der Kunst und Literatur” (trad. it. da Einaudi, 1955, col titolo limitativo di “Storia Sociale dell’Arte). Secondo i dettami della Sociurgia, dall’opera d’Arte si perviene all’Opera Sociale poiché l’Arte ha una sua natura sociale, è capace di suscitare affetti, sentimenti, moti e stati d’animo, sia positivi che negativi (amore, ira, invidia, gioia, solitudine, superbia, imitazione…): l’Arte è un qualcosa di sociale, di “politico”, in quanto – per richiamare Aristotele – inserita in una “pòlis”, in una “città”, piccola o grande che sia. L’Artista Sociale può modificare la realtà delle cose, generando un “miglioramento”, attraverso il concetto estetico – quanto mai soggettivo e dibattuto – di “Bello” (proprio quella Bellezza che salverà il mondo, secondo Dostoevskj) ed influenzando in tal modo l’ambiente circostante. E l’educazione, in questo processo, ha e deve rivestire un ruolo di primaria importanza, affinché le giovani generazioni siano consapevoli dell’immenso patrimonio che ci è stato trasmesso e sentano il dovere, a loro volta, di trasmetterlo.

La zattera della Medusa (Le Radeau de la Méduse), dipinto a olio su tela (491×716 cm) di Théodore Géricault

(*) Marco Pennone. Note biografiche: v. link.

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