Ridare fiducia agli italiani

Il nuovo libro di Canio Trione ed Enzo Varricchio si sta affermando come un vademecum per politici e decisori economici. Il Corriere Nazionale, grazie alla concessione degli Autori, ne pubblicherà alcuni stralci. Questo è il primo.

Economia & Finanza

Di

 

C’erano una volta due piccoli paesi. Uno ridente e felice, illuminato dai raggi del sole; l’altro, triste e desolato perché un’alta montagna impediva ai raggi solari di illuminarlo e scaldarlo. Un giorno, un vecchio abitante del paese buio prese un cucchiaio e un secchio e si avviò verso la montagna.
Un giovane passante gli chiese: “Dove vai?”.
“Sto andando a spostare la montagna”, gli rispose il vecchio.
“Ma che dici, vorresti spostare una montagna con un cucchiaio. Sei matto?”.
“ So che non ci riuscirò, ma qualcuno deve pur iniziare…”.
Alejandro Jodorowsky

Con questa favola di Jodorowsky si apre il nuovo libro di Canio Trione ed Enzo Varricchio, intitolato “Post Covid 19: 10 cose da fare subito”, edito da Scripta Moment di Bari, in formato ebook e cartaceo disponibile su Amazon e sulle principali piattaforme.

https://www.amazon.it/Post-Covid-19-subito-Engagement-ebook/dp/B088Q1V4D7/ref=sr_1_5?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=HEBZAATW71AB&dchild=1&keywords=trione+varricchio&qid=1590664808&sprefix=trione+va%2Caps%2C206&sr=8-5

La favola ci insegna che ognuno di noi dovrà fare il proprio dovere per risorgere dalle ceneri della crisi pandemica
Il volume ha subito acceso la discussione sulle proposte in esso formulate, tanto che l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) ha già intrapreso la strada delle irredimibilità del debito privato caldeggiata dagli Autori.

Il Corriere Nazionale li ha interpellati per conoscere in anteprima le 10 proposte sulle cose da fare per uscire dalla crisi economica post pandemica.
Il primo capitolo del libro si intitola: “Restituire agli italiani l’orgoglio di essere italiani”, che qui ritrascriviamo grati agli Autori per la gentile concessione.

L’effetto fiducia

La prima cosa da fare per superare la crisi è restituire agli italiani l’orgoglio di essere tali. L’effetto fiducia è noto anche in economia, oltre che sotto il profilo della spinta etica all’azione.
Col passare del tempo, a furia di autorimproverarci e autocommiserarci in attesa del cambiamento sempre rinviato, o peggio dell’”uomo forte” che dovrebbe per decreti miracolosamente accontentarci tutti, abbiamo perso il mordente di mostrare a noi stessi e agli altri che siamo i migliori.
Occorre rispolverare la nostra bandiera, il nostro inno, ma soprattutto dare fiato alle trombe del nostro amor proprio e nazionale.

I Nostri grandi motivi di orgoglio.

Storia
Greci e Romani si diedero il cambio nella grande opera di civilizzazione dei popoli.
Siamo permeati di cultura mediterranea e per questo siamo il centro radiante del “grande mare di mezzo tra le terre”. Il Mediterraneo, da sempre, è centro di scambi culturali e commerciali. E’ un mare solare, pulito, ancora pescoso, niente a che fare con il Mare del Nord, buio e zeppo di meduse.
Il Rinascimento italiano è sinonimo di Bellezza.
Il Papato “italiano” guida la religione cattolica, tra le più diffuse, da due millenni.

Cultura e Arte
L’Italia è la numero uno.
Insieme alla Cina, è il paese che detiene il record di maggior numero al mondo di patrimoni culturali dell’umanità tutelati dall’UNESCO, con ben 55 beni nella lista nel 2019, senza contare lo sterminato patrimonio culturale immateriale, fatto di feste, tradizioni, culti, leggende, dialetti, proverbi, ricette.
Roma, Venezia, Napoli, Firenze, sono le città più belle del pianeta e con loro riluce una miriade di cittadine e paesini incantevoli in ogni angolo d’Italia.
Tra scrittori e artisti, Dante, Petrarca, Leopardi, Giotto, Botticelli, Michelangelo, Caravaggio, Tiziano, Raffaello, Canova, Renzo Piano, sono solo alcuni dei tanti nomi che tutto il mondo ci invidia.
Nella musica, l’opera lirica basti: Verdi, Rossini, Puccini, Vivaldi… e gli altri silenziano. Nei viaggi, Marco Polo, Colombo e Vespucci. Nel cinema: Fellini, Visconti, Rossellini, Antognoni, sono più che sufficienti; nella scienza, Leonardo e Galilei, Marconi, Fermi, Montalcini; tra i filosofi: Tommaso d’Aquino, Bruno, Vico, Croce.

Terra, sole, natura
Spettacoli mozzafiato, montagne, mare, laghi, boschi, bellezze naturali e biodiversità sono eccellenze italiane. L’Italia è tra i pochi Paesi ancora basati sulla dimensione agricola e quindi sui ritmi della natura. All’esposizione universale di Milano 2015, la gran parte delle eccellenze italiane nel food and bevarage, era di provenienza meridionale.

Cucina
Varietà, originalità, naturalezza e benessere sono i piatti forti della nostra cucina, da sempre la più rinomata del pianeta. Non c’è borgo italiano che non ne abbia una propria, come il dialetto.

Manifatturiero
Nel 2019 l’Italia è stata fra i primi cinque paesi al mondo per surplus manifatturiero.
Dal Rapporto I.T.A.L.I.A. 2019 (Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, con il sostegno di Intesa Sanpaolo):
“Un’Italia di cui essere orgogliosi di cui spesso, però, non c’è piena consapevolezza. Un viaggio di scoperta in un Paese che ha i talenti e le risorse per guardare negli occhi il futuro”, si sottolinea nel rapporto, volto ad approfondire i vantaggi del Made in Italy, considerando i più diversi settori: dall’Industria al Turismo, dall’Agroalimentare al Localismo, dall’Innovazione all’Arte e alla Cultura.
Scorrendo le pagine della ricerca scopriamo che spesso l’Italia non sa di essere innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente. L’indagine condotta da Ipsos, all’interno del rapporto, è proprio sulla percezione e consapevolezza delle capacità del Bel Paese. L’Italia è tra i primi 10 Paesi al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo: solo il 13% degli italiani ne è consapevole, e addirittura quasi uno su due (45%) la ritiene una notizia poco attendibile. Inoltre, secondo la International Federation of Robotics l’Italia detiene un importante sesto posto a livello mondiale per stock complessivo di robot installati (64.356 unità nel 2017). Siamo poi il primo Paese europeo per riciclo di rifiuti col 76,9% del totale di quelli prodotti: ma solo un italiano su 10 lo sa e addirittura il 51% ritiene questa notizia non credibile.
L’Italia è anche il primo Paese per numero di siti classificati dall’Unesco nella lista del patrimonio culturale mondiale: 54, davanti alla Cina (53), alla Spagna (47), alla Francia (44) e alla Germania (44).
Eppure all’estero cresce la domanda di Italia: in base all’analisi svolta sulle ricerche effettuate su Google, il numero di quelle legate al made in Italy e alle parole chiave ad esso riconducibili – un fondamentale indicatore della notorietà e del desiderio dei prodotti italiani nel mondo – è cresciuto del 56% tra il 2015 e il 2018.
Da record il surplus commerciale manifatturiero: quello dell’Italia è infatti il quinto al mondo – con 106,9 miliardi di dollari – dietro alla Cina, alla Germania, alla Corea del Sud e al Giappone. Performance sostenute da migliaia di imprese medio-grandi, medie e piccole che ci fanno competere sui mercati globali grazie alle capacità di essere flessibili, attive in tanti campi diversi. I fattori vincenti del made in Italy si confermano essere la creatività, l’innovazione, il design, i settori hi-tech come la meccanica o i mezzi di trasporto”.

https://www.teleborsa.it/News/2019/07/05/italia-fra-i-primi-cinque-paesi-al-mondo-per-surplus-manifatturiero-65.html#.XqdkICmP7Vw


Stile di vita
L’Italia è la terra promessa: non solo storia, cultura, creatività ma, soprattutto, valori: libertà, diritti, primato dell’individuo sul gregge e importanza della singola vita umana, relazioni familiari, bellezza.
Pietas e humanitas, tali valori sono ancora radicati nella nostra penisola, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, la zona apparentemente più povera ma invero la più forte nell’economia reale, sostenibile e rispettosa dell’ecosistema. Basta guardare i commenti sui social di chi visita il Sud per capire che non è Milano la città italiana dove si vive meglio, contrariamente a quanto riportano le classifiche ufficiali, evidentemente troppo sbilanciate in favore di parametri occupazionali e di efficienza dei servizi pubblici e meno propense a guardare alla qualità del vivere in termini esistenziali.

https://www.ilsole24ore.com/art/qualita-vita-milano-fa-bis-anche-2019-e-citta-dove-si-vive-meglio-ACfXjl4?refresh_ce=1

Tutti gli altri popoli, sotto sotto ci invidiano mentre ci denigrano, e come tutti gli invidiosi cercano di trasformarci in qualcosa di simile a loro.
Il Nord Europa, che tanto riscuote la nostra ammirazione, non è affatto il paradiso che sembra: la Finlandia ha il record di suicidi in Europa, la Svezia di volontari dell’Isis e la Norvegia di consumo di eroina.

https://www.ilfoglio.it/esteri/2017/03/20/news/onu-felicita-norvegia-svezia-danimarca-italia-eroina-suicidi-126215/

Le famiglie olandesi sono le più indebitate dell’Eurozona. E Bruxelles mette in guardia i Paesi Bassi. A fine 2019 il passivo privato era circa il 264% del Pil nazionale, contro il 110% delle imprese e dei cittadini italiani. In un report di febbraio scorso la Commissione europea evidenziava i rischi olandesi per la sostenibilità economica.

http://europa.today.it/attualita/famiglie-olanda-indebitate.html#_ga=2.229405788.1950055398.1588049732-634743278.1566363783

Invece, le famiglie italiane, come accertato da un recente report della Commissione Europea e da uno studio di Ref ricerche, sono tra le più virtuose perché hanno “il più basso debito privato tra tutte le maggiori economie avanzate”.
L’istituto italiano Ref – che offre analisi in materia di politiche energetiche, del mercato del lavoro, della finanza pubblica – fa notare che “nella guerra contro le devastanti conseguenze economiche dell’epidemia”, nella quale il Governo di Roma si trova in netto antagonismo con quello de L’Aia, “l’Italia ha un’arma importante”. Nel 2019 famiglie e imprese italiane “avevano un debito pari al 110% del Pil, contro il 150% degli Stati Uniti, il 165% del Regno Unito, e fino al 253% della Svizzera e al 264% dell’Olanda”.
Lo Spiegel del 24 aprile 2020 ammette: “La Germania ha immagine distorta dell’Italia, forse è invidia per cibo e mare”
In un lungo editoriale, l’autorevole settimanale di Amburgo smonta i pregiudizi economici sul nostro Paese. E avverte: “L’Europa rischia di sprofondare nel dramma, non perché gli italiani sono fuori strada, ma a causa di una parte predominante della percezione tedesca“.

http://europa.today.it/attualita/pregiudizi-germania-italia-coronavirus.html#_ga=2.79891487.948755127.1587618562-634743278.1566363783

 

Che cosa è andato storto e da cosa ripartire?

Inglese, informatica e globalizzazione sono stati i cavalli di Troia della colonizzazione culturale post bellica. Per fare gli americani, abbiamo importato i computer, la pubblicità, il processo penale alla Perry Mason, i talk show e le basi militari NATO. Niente di male se c’è uno scambio, ma non è stato così. Abbiamo rinunziato a noi stessi per essere come loro.
Poi è arrivato l’Euro e, da essere la quarta potenza economica mondiale (“Italia quarta potenza mondiale”, titolava Il Corriere della Sera nel 1991), siamo diventati gli “indebitati” e “corrotti” d’Europa.
Ciononostante, riusciamo ancora ad eccellere in campo economico.
1. Siamo la nona potenza mondiale per P.I.L. e la quinta nel settore manifatturiero;
2. Le imprese italiane sono sempre più “green” (l’Italia è tra il leader mondiali nel fotovoltaico);
3. Siamo tra i primi in Europa per efficienza energetica ed emissioni;
4. l’Italia detiene il primato europeo del riciclo industriale, siamo una forza dell’economia circolare;
5. Sempre a livello europeo, siamo quarti per export di macchinari industriali.
Ad essere maggiormente esportati sono i macchinari per l’agricoltura e il tabacco, per l’industria alimentare, per lavorare legno, metalli, materie plastiche e minerali non metalliferi, macchine per imballaggi e giostre.
6. Cultura e turismo sono nostri classici punti di forza;
7. Abbigliamento, moda, arredo-casa le punte di diamante.
L’industria italiana del legno arredo è all’avanguardia della sostenibilità ambientale.
8. Il settore agroalimentare, in generale, è vincente.
Sono 16 i nostri prodotti agroalimentari primi sui mercati internazionali. Altri 52 prodotti si attestano tra il secondo e il terzo posto. Inoltre, l’Italia è il paese più forte al mondo per prodotti ‘distintivi’: primi nel food, con 292 tra Dop/Igp/Stg, e nel vino, con 523 Doc/Docg/Igt. Siamo, infine, secondi in Europa per superficie agricola biologica e primi per numero di imprese del settore.
9. Elettronica, Automazione Farmaceutica e Meccanica.
10. Wellness
La wellness economy vede l’Italia posizionata in quasi in tutte le macro aree (wellness puro, Turismo, Corporate ma anche cosmesi e bellezza) sempre nella top ten dei Paesi, con l’eccezione del Real Estate.

http://quozientegiovani.it/2017/01/11/la-top-ten-dei-settori-economici-piu-competitivi-in-italia/
https://www.prometeia.it/news/analisi-settori-industriali-febbraio-2019-highlights

La città ideale, Piero della Francesca, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino

Che cosa fare per uscire dalla crisi?

Per ridare orgoglio agli italiani occorre coinvolgerli tutti, ma proprio tutti, uomini e donne, vecchi e giovani, operai e manager, centristi, destrorsi e sinistrorsi. Tutti dovranno dare il loro apporto.
Ci serviranno tre strumenti di lavoro:
A) Riscoprire e valorizzare la cultura umanistica, classica, mediterranea.
L’Italia fu la patria dell’Umanesimo, movimento culturale ispirato da Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio e volto alla riscoperta dei classici latini e greci nella loro storicità, che rimise al centro dell’osservazione l’uomo.
Un italiano non potrà mai partorire un’idea così inumana come la teoria dell’immunità di gregge, l’Italia forse dovrebbe essere di più un Paese per giovani ma è certo che curerà sempre, amandoli, i propri anziani. La famiglia italiana, anche quella d’origine, sosterrà sempre i propri membri nelle difficoltà.

«Sì. Riscoprire la grande cultura dei classici, in senso laico e cristiano, è essenziale perché raccontano una visione dell’altro intesa come incontro con sé stessi. Praticamente, un’occasione per capirsi. L’esistenzialismo ha fallito nel Novecento, ma oggi quelle domande sono più che mai fondamentali».
Da qui l’ambizione di rimettere l’uomo al centro?
«Sì, perché dobbiamo essere consapevoli che la cultura umanista è il nostro vero petrolio. Nella Silicon Valley sostengono l’importanza di mettere i filosofi a capo delle aziende, affinché conducano un processo che sia attento alle reazioni fra uomo e macchina. Questo mentre noi siamo naturalmente immersi in questa sensibilità.
“Gli altri per incontrare me stesso”.
«Questo, come dicevo, è un concetto fondamentale della cultura umanista. Amo l’altro per amare me stesso. Se odio l’altro, ho un problema con me stesso. La grande cultura umanista ha lo scopo di introdurre la pace invece che amplificare le divisioni» (Andrea Pezzi).
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/nc/-io-sono-andrea-pezzi–rimettiamo-l-uomo-al-centro-di-tutto–46827?fbclid=IwAR3cxwXviCO-ZK3rOuxUFEzoErahhtpYT-2p5o-oFI6x1J4DWsN3dFWHgTo

Basta con le derive aziendalistiche oltreoceaniche che non ci appartengono, se non siamo ancora il Paese dell’efficienza, almeno restiamo quello della qualità e dell’attenzione alla persona e al suo valore individuale.
La Sanità, la giustizia, la scuola non sono aziende e non vanno trattate come tali, anche se, ovviamente, i conti devono andare in pareggio. I nuovi modelli organizzativi dovranno mettere al centro l’essere umano.
La riscoperta di un nuovo umanesimo è il prerequisito per una vera rinascita.
Umanesimo è libertà dell’individuo, è filantropia, è pensare e agire senza vincoli che non derivino dalla libertà altrui, rifiutare un modello politico dirigista, rifuggire le etichette e i luoghi comuni, pensare in modo creativo, generare idee artistiche e innovative.

B) Riportare al centro il nostro stile di vita, il nostro patrimonio culturale e naturale.
Riscopriamo la varietà e profondità della lingua italiana (quarta lingua più studiata al mondo nonché, per via della forte emigrazione di italiani all’estero, quella che viene parlata come madrelingua in più paesi, 26 in tutto),
https://www.agi.it/cronaca/italia_francia_lingue_piu_studiate-5048814/news/2019-02-24/
insieme al latino, lingua internazionale grazie alla Chiesa cattolica.
Insegniamo una nuova materia: storia d’Italia ed etica dei valori italiani. Aggiungiamoci un corso di intelligenza emotiva e creativa.
Valorizziamo le piccole imprese e l’artigianato, investiamo in cultura, ambiente ed ecologia, utilizziamo la tecnologia come un mezzo e non un fine, progettiamo città, case e quartieri all’altezza della nostra storia, non come dormitori, smettendola di scimmiottare modelli altrui. L’ultima grande architettura italiana risale al fascismo…
Questo passa da una radicale riforma della scuola e delle nostre università ma anche da una profonda rivisitazione del ruolo degli intellettuali (ne parliamo in seguito).

C) Utilizzare la tecnologia come mezzo per migliorare il mondo.
Da buon cinquantacinquenne, anch’io mi ostinavo a giudicare negativamente i tanti giovani con la testa sprofondata nello schermo, non perdendo occasione per sollecitarli a rientrare nella realtà vera e a viverla fino in fondo.
Ciò, fino a quando non ho intervistato una diciottenne con la testa piena zeppa di neuroni e il cuore carico di sensibilità, la quale mi ha fatto capire che mi sbagliavo perché il web non è una realtà parallela, bensì una parte della realtà diversa dall’altra parte che sta fuori dal web con cui coesiste, una parte della realtà che siamo noi più grandi spesso a non voler vivere e capire. Sicché, un grande (non nativo digitale) che non vive nella rete non è meno alienato di un giovane che vive solo nella rete.
La tecnologia è ormai una protesi del nostro corpo e della nostra mente, non bisogna rifiutarla ma accettarla e usarla, senza farsi usare da lei.
Passare la giornata a farsi i selfie su Instagram può avere senso se si cerca un fidanzato ma diventa patologico quando non c’è nessun obiettivo da raggiungere ma lo si fa perché non si ha voglia di fare altro. La tecnologia impigrisce perché è comoda. Perché memorizzare una poesia costa molta più fatica di cliccare su Google. Però, “No campo, no poesia”.
Tutto ciò che è comodo nasconde l’insidia del non nostro, del delegato ad altri da noi, è in fondo il perduto dal nostro campo di azione.
Quindi, qualcun altro controlla una parte delle nostre vite, siamo noi stessi ad affidarci a lui, autorizzandolo ad invadere la nostra vita privata in cambio di servizi che ormai ci sembrano irrinunciabili, ci vendiamo per trenta denari. Lui sa tutto di noi ma noi non sappiamo e non sapremo mai abbastanza di lui. Quando scriviamo le leggi dobbiamo tenere conto dello strapotere che le multinazionali esercitano sulla gente per le più variegate vie.
La tecnologia non è buona o cattiva, sono i suoi padroni che possono essere sia buoni che cattivi.
Non c’è antidoto al progresso, la tecnologia farà sempre più parte integrante delle nostre vite, tocca a noi cercare di asservirla a scopi benefici. Per farlo avremo bisogno di accettarla, di comprenderla, di integrarla e combinarla con gli insegnamenti ricevuti dalle precedenti generazioni.
In tal senso, in epoca di pandemia, è apparsa confortante la risposta della scuola italiana che si è in fretta ridata un senso attraverso l’impiego di piattaforme didattiche di vario genere e tipologia che hanno consentito di non spegnere le luci sul settore più colpito dalle restrizioni mantenendo il contatto indispensabile tra le componenti scolastiche (il personale ATA. non risulta coinvolto nelle attività. E’ un errore perché è un elemento fondamentale del sistema scolastico e ha molte energie sottoutilizzate).
Una buona risposta che conferma quanto la scuola sia meno considerata di quanto si dovrebbe me di quanto l’informatica, se ben sfruttata, possa essere preziosa.
Ora però servono idee chiare, occorre sapere se si intende approfittare della tragica evenienza del Covid19 per ricominciare in modo nuovo, non solo per via delle tecnologie ma soprattutto per la ricentralizzazione del ruolo dell’insegnante e del rapporto insegnante-studente (v. postea).
Solo un buon maestro può formare buoni allievi.

continua

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