La maggioranza va trovata

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Matteo Salvini e Silvio Berlusconi non mollano. Sono pronti a giocarsi la loro partita per un governo di centrodestra, magari di minoranza, sull’esempio dell’esecutivo Andreotti III del ’76, che la spuntò a palazzo Chigi grazie all’astensione del partito comunista e dei socialisti. I due leader accolgono l’appello al senso di responsabilità del capo dello Stato, Sergio Mattarella e si fanno avanti per ottenere un ‘incarico’ dal Colle pur di sfilarlo ai cinque stelle. “Non staremo certo alla finestra”, ”ha ragione il presidente Mattarella, gli interessi del Paese e degli italiani vengono prima di qualsiasi altro calcolo politico”, sottolinea il segretario del Carroccio, che esclude inciuci, ovvero ”accordi organici” con Pd, M5S e Leu, e si prepara a chiedere il sostegno in Parlamento alle altre forze politiche su ”alcuni punti del programma”.

Nessuno si nasconde che il sentiero è strettissimo, sia per i numeri incerti sia per la scarsa praticabilità politica di una soluzione che coinvolga il Pd. A Salvini fa eco il Cav che in una lettera inviata a tutti gli ‘eletti’ azzurri torna a riconoscere la premiership alla Lega, diventata primo partito della coalizione ma ricorda che si deve fare di tutto per formare un governo: “In leale collaborazione con i nostri alleati e fermo restando l’impegno a sostenere il candidato premier indicato dal maggiore partito della coalizione, si devono produrre le condizioni di una maggioranza e di un governo in grado di raccogliere un consenso adeguato in Parlamento per dare attuazione ai nostri impegni programmatici”. In vista delle consultazioni si parla anche di una ‘delegazione unica’ del centrodestra, forse formata dai leader o dai rispettivi capigruppo uscenti. Per ora Berlusconi e Salvini, almeno in pubblico, fanno gioco di squadra, forse per controllarsi reciprocamente, ma soprattutto per far muro ai pentastellati, sapendo benissimo che la trattativa sarà lunga e difficile con vari scenari plausibili. Se il tentativo di Di Maio, in caso di mandato affidato ai cinque stelle, non dovesse andare in porto (anche i grillini oggi hanno plaudito al richiamo del Quirinale), il secondo round dovrebbe spettare al candidato premier in pectore Salvini. Se pure il segretario di via Bellerio dovesse fallire, allora ecco che ritornerebbe in campo Berlusconi, pronto a un ‘monocolore’ con a palazzo Chigi una figura meno marcata di Salvini, come, per esempio, Luca Zaia. E contando in questo caso sull’astensione del Pd.

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