Dopo tre anni e mezzo d’aggressione militare contro l’Ucraina, il mondo, in questa terrificante guerra, si è abituato agli sforzi russi di mascherare il suo ruolo.

Dapprima sono arrivati i piccoli omini verdi, armati fino ai denti e senza insegne; poi sono apparsi i cosacchi cubani, che sono intervenuti per “aiutare” i loro fratelli di lingua russa; a loro volta, sono stati seguiti dai volontari, arruolati per “seguire una chiamata spirituale interna” per combattere la “giunta” ucraina, e infine dai soldati a contratto, inviati dal loro paese – Russia – per uccidere per denaro, però, se vengono catturati nessuno li conosce, e se muoiono, nessuno gli da un minimo onore.

Uno degli strumenti della guerra indiretta dell’arsenale del Cremlino, è la versione russa delle aziende militari private, come il gruppo Wagner, che è entrato in rilievo, sia in Ucraina, che in Siria.
Mentre la realtà della situazione è ampiamente conosciuta, la comoda mancanza di determinazione, creata da questa forma di guerra, consente al Cremlino di fingere di essere un peacekeeper, una quinta colonna della politica ucraina per non riconoscere l’occupazione russa della regione del Donbass, e un non signatario dell’accordo di Minsk per continuare ad esprimere profonda preoccupazione e richiedere ulteriori prove dell’aggressione russa.

Inoltre, l’atteggiamento delle autorità ucraine, determinate a definire questa guerra di quattro anni un atto terroristico, non contribuisce a rendere chiarezza alla condizione.
Nel contesto delle recenti discussioni sull’uso delle società militari private, i media ucraini hanno rinnovato la loro attenzione sul tema di come riuscire a dimostrare il coinvolgimento di un potere estero in un’aggressione militare, se queste forze irregolari sono dotate, finanziate e dirette in modo segreto. Dai 110 anni dalla firma della Convenzione dell’Aia sulla guerra a terra, l’umanità non è diventata più umana, ma nei loro metodi di conduzione della guerra, sono gli aggressori che sono diventati più sofisticati.

Mentre alcuni conflitti futuri possono essere inevitabili, sviluppare delle regole e delle metodologie per identificare gli iniziatori e i partecipanti delle aggressioni, e anche definire la portata della loro responsabilità, potrebbe mitigare e limitare in modo significativo la potenziale scala di forza.

Non c’è dubbio che in ogni paese ci siano individui pronti e disposti a partecipare alle guerre su terreni stranieri, sia per soldi, che in nome di alcune idee assurde; tuttavia, se il paese dove loro sono residenti non fornisce una risposta adeguata alle loro azioni, il paese stesso dovrebbe automaticamente condividere la responsabilità dei crimini commessi da questi individui e divenire di per sé uno stato aggressore. In tal caso, i tentativi di mascherare l’aggressione come un “turista privato” o un’impresa commerciale diventerebbero inutili.

Se un tale approccio venisse combinato con sanzioni internazionali sufficientemente severe e con un meccanismo per cui lo Stato aggressore venisse costretto a compensare il danno inflitto agli altri stati e ai loro cittadini, l’umanità probabilmente potrebbe avere una migliore possibilità di un futuro più pacifico.

Un esempio di approccio civilizzato a questo problema è apparso il 14 luglio di quest’anno nel Regno Unito, quando per la prima volta, un tribunale britannico ha deciso che un suo cittadino è colpevole di terrorismo per la sua partecipazione al conflitto militare nella regione del Donbass. Benjamin Stimson, senza fissa dimora, che ha combattuto come parte delle milizie russe, è stato incarcerato per cinque anni e quattro mesi dalla Manchester Crown Court.
Tutto ciò che resta da fare, per arrivare a dimostrare che nessuno ha intenzioni aggressive, è di estendere questa pratica a tutto il mondo civilizzato.

L’Ucraina, durante tutti gli anni della sua indipendenza, ha continuamente testimoniato i tentativi di vedersi come oggetto di influenza da parte di stati economicamente e militarmente superiori: infatti, per le autorità ucraine, dipendenti da decenni dai prestiti del FMI e dal gas naturale russo, è stata una comoda dinamica.
La storia dell’umanità, però, conosce pochi esempi di stati di successo che non hanno ambizioni di diventare seri e normali membri della comunità internazionale.

Non dobbiamo mai dimenticare, e non essere mai timidi di ricordare che, in nome della sicurezza globale, l’Ucraina ha volontariamente rinunciato al suo arsenale nucleare, il terzo più grande al mondo all’epoca. Questa azione, insieme alla sua esperienza di guerra “occulta”, dà all’Ucraina l’autorità morale di presentare una nuova generazione di iniziative idonee a creare meccanismi per il sostegno della pace e per punire le aggressioni.

Sono fiducioso che, in un prossimo futuro, l’identità dell’Ucraina sul palcoscenico globale non sarà più definita dalle continue richieste di aiuto e dalla eterna lotta contro la corruzione, ma dai suoi vantaggi competitivi e dalle iniziative globali di una nazione europea di 40 milioni di cittadini.

Gabrielis Bedris