Papa Francesco, le donne nella Chiesa e… l’utopia del “neutro”

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Papa Bergoglio mi è simpatico, spesso ne ho fatto gli elogi e quindi penso possa permettermi ogni tanto anche di rivolgergli qualche critica. Scherzando un po’, con tutto il rispetto ovviamente. Solo fantasia, ovviamente, solo fantasia. Ho immaginato che dopo il discorso ai membri della Pontificia Accademia per la Vita,  papa Bergoglio se ne sia andato contando fra sé una canzone di Gigliola Cinquetti. Ve la ricordate? Il ritornello recitava così: “E qui comando io e questa e casa mia, ogni dì voglio sapere chi viene e chi va”. Sempre fantasticando, ho pensato ad un marito che dice alla moglie: “Le forme di subordinazione che hanno tristemente segnato la storia delle donne vanno definitivamente abbandonate” (parole del Papa). “Tu moglie mia sei importantissima in questa famiglia, ma il capo resto io. Sei importantissima, ma qualsiasi decisione importante che riguardi la nostra bella famiglia la prendo io. I tuoi consigli, cara moglie, sono preziosi, ma sono io che stabilisco le regole. Sei importantissima, preziosa, indispensabile, ma…”.

Il Papa ha poi detto: “L’ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l’intesa dell’uomo e della donna, non è giusta […] l’utopia del “neutro” rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita”. Neutralizzare radicalmente la differenza sessuale? E dove l’ha letta il Papa questa ipotesi? Quando mai gli studiosi della materia si sono prefissi di cancellare le differenze? E se le differenze ci sono, chi potrebbe illudersi di cancellarle? Gli studi gender non si prefiggono di cancellare le differenze, ma di cancellare le discriminazioni perpetrate in base alle differenze. E’ così difficile da comprendere? «Purtroppo su questi temi papa Francesco non fa che ripetere banali luoghi comuni… Davvero manca il senso della storicità e della parzialità delle “dottrine”. Per questo il cardinal Martini parlava di un ritardo della chiesa cattolica di almeno 2 secoli. Talvolta a me sembra che, su taluni terreni, il ritardo si avvicini al mezzo millennio…». Le parole tra virgolette sono di don Franco Barbero, il sacerdote ridotto alla stato laicale da Giovanni Paolo II.

Tornando alle donne nella Chiesa: saranno sempre subordinate sino a che la Chiesa negherà loro l’ordinazione sacerdotale, e quindi la possibilità che a capo della grande bella famiglia sia un giorno una donna,

Renato Pierri

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