Arginare il regime di Putin

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“Non dobbiamo solo mantenere le sanzioni esistenti, ma imporne anche di più severe”- David Kramer.

Recentemente, David Kramer, un esperto di diritti umani e diplomazia presso la Scuola Internazionale Green e Affari Pubblici dell’Università Internazionale della Florida, ha visitato l’Ucraina. Questo esperto americano, che per ben otto anni ha servito il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in cui è anche stato nominato assistente segretario di Stato per la democrazia, ha un background molto lungo. Fino a poco tempo fa è stato il direttore Senior per i Diritti Umani e le Libertà Umane presso l’Istituto McCain. Prima di questo, Kramer è stato per quattro anni presidente della Freedom House. In precedenza ha seguito un Senior Transatlantic Fellow presso il fondo tedesco, Marshall degli Stati Uniti. La ragione della visita di Kramer all’Ucraina è stata il lancio del suo libro “Back to Containment: Dealing with the Putin’s Regime”, che lui ha redatto con l’aiuto della Open Ukraine: Fondazione Arsenii Yatseniuk.

Pertanto, abbiamo da subito chiesto a Kramer, perché avesse considerato importante lanciare il libro in Ucraina.
“Nel libro descrivo il regime di Putin come una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti, per i vicini della Russia e, francamente, per lo stesso popolo russo. Credo che le persone di questi paesi non abbiano bisogno di essere convinte della minaccia russa. Avevo pensato nel mese di settembre di recarmi anche in Georgia, ma l’uragano, che si è abbattuto nella regione in cui vivo, mi ha obbligato ad annullare il viaggio”.

“Tra un paio di settimane sarò a Vilnius, dove ci sarà un’altra presentazione dell’opera; ma come si può intuire, io sono certo che i paesi di questa regione sono quelli che meglio di chiunque altro capiscono e conoscono la minaccia che questo tipo di regime russo pone a tutti quanti. Inoltre, mi è sembrato il momento opportuno di arrivare a Kyiv, infatti il libro è uscito in agosto, per cui è ancora relativamente nuovo”.

D. Dato che Ucraina, Georgia e Lituania sono nazioni che sanno molto bene che la Russia è una minaccia, percepisci veramente che sia utile proporre a loro anche questo libro? Non ti è sfiorata l’idea che sarebbe stato meglio offrirne una copia a Donald Trump e alla sua squadra?
R. “Tempo fa, se ben ricordo, hai scritto d’aver intervistato Kurt Volker. Beh, Kurt ha scritto un’introduzione al libro. Penso che se guardi i commenti che hanno effettuato, Nikki Haley, l’ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite; il Segretario Tillerson del Dipartimento di Stato; il Segretario Mattis del Pentagono; Mike Pompeo, direttore della CIA, quando erano davanti al Senato degli Stati Uniti per le loro audizioni di conferma, capisci che un certo numero di membri dell’amministrazione di Trump comprendono chiaramente che tipo di minaccia pone il regime di Putin. Ti ricordi cos’hanno sostenuto: tutti hanno espresso concetti e critiche molto forti nei confronti della Russia di Putin. Anche il Vicepresidente Pence, che è stato in Estonia e in Georgia nei mesi di luglio e agosto, è stato molto chiaro”.

“La tua provocazione era indubbiamente rivolta al Presidente, che tende ad essere abbastanza morbido con Putin e la Russia; ma credo che se guardi la politica e le azioni, l’amministrazione è stata abbastanza coerente. Adesso esiste la questione dell’attuazione delle sanzioni …”.

D. Quindi, i senatori John McCain e Ben Cardin hanno recentemente sollevato la questione che il governo USA non ha attuato la legge sulle sanzioni contro la Federazione Russa …
R. “Come sai, il Congresso ha approvato la legislazione con una grande maggioranza e l’amministrazione deve iniziare ad attuarla. Penso che ci dovremo aspettare più solleciti dal Congresso prima di vedere attuata la legislazione. Così, finora, questa sarebbe l’unica eccezione alle politiche. Ma gli Stati Uniti stanno aiutando la NATO ad aumentare le proprie posizioni militari nella regione, Pence ha ribadito il sostegno statunitense per l’adesione della Georgia alla NATO, che credo che sia implicito anche il sostegno degli interessi dell’Ucraina per l’adesione alla NATO. Così, considerando tutte le azioni e le dichiarazioni, tra cui quelle di Nikki Haley, la quale in una conferenza a New York, ha definito le azioni russe e l’interferenza nelle elezioni statunitensi come una specie di guerra – ritengo che in generale si possa dare all’attuale amministrazione una valutazione di positività altalenante”.

D. Dati i recenti avvenimenti negli Stati Uniti, la profonda divisione interna tra i partiti principali e la crescita del movimento razzista bianco, molte persone si stanno chiedendo: “ dove andrà a finire la democrazia? E in particolare, quella degli Stati Uniti?
R. “Stiamo attraversando un momento difficile, non dobbiamo nascondercelo. Il presidente Trump ha vinto le elezioni basandosi sui voti dell’unione elettorale, un modo che il nostro sistema contempla. Hillary Clinton effettivamente ha ottenuto più voti nel complesso, ma questa è una modalità che abbiamo nel nostro sistema elettorale presidenziale. Non c’è nulla di strano”.

“In termini di sostegno Trump sta avendo difficoltà a superare il 40 per cento nelle ultime indagini che sono state condotte, e all’interno del partito ci sono alcuni membri che hanno assunto posizioni molto critiche; ma allo stesso tempo anche i democratici sembra che abbiano molta difficoltà ad organizzarsi. Non c’è chiarezza per le future elezioni presidenziali. Quindi, credo che entrambi i partiti stiano attraversando delle significative evoluzioni interne. Mi aspetto che il nostro sistema rimanga com’è adesso, cioè con due partiti, non prevedo l’insorgenza di un terzo polo, ma non sai mai”.

D. Lo scienziato politico americano Lincoln Mitchell ha rilevato nel suo libro “The Democracy Promotion Paradox”, che “la convinzione dei politici americani di rendere gli altri paesi più democratici, liberali, giusti – in breve, più americani – si fonda non sull’esperienza, ma sul carattere nazionale. Gli Stati Uniti promuovono la democrazia perché non possono aiutare loro stessi”. Cosa mi puoi commentare?
R.”Non sono in disaccordo con la caratterizzazione della politica statunitense. Non cerchiamo di rendere delle nazioni democratiche gli altri paesi; ma cerchiamo di sostenere le forze locali che cercano più libertà e più rispetto dei diritti umani. Ogni paese si deve sviluppare nella sua unicità. Gli Stati Uniti non insistono perché gli altri paesi seguano il sistema americano. Se guardiamo l’invasione dell’Iraq nel 2003 – penso che non ci sia dubbio del danno che ha causato la promozione della democrazia”.

“Lo stesso Barack Obama, cinque giorni prima di diventare presidente nel gennaio 2009, ha riferito a Washington Post che non puoi imporre la democrazia con la canna di una pistola. E ha ragione. Per decenni gli Stati Uniti hanno sostenuto il diritto delle popolazioni a scegliere i propri leader, l’espressione libera, l’associazione libera, la libertà di religione, e quindi ciò che oggi noi dobbiamo sostenere sono ancora questi principi e valori. Non serve che gli altri paesi creino un modello basato sul sistema statunitense, perché il nostro sistema non è perfetto”.

“Come ho già riferito prima, abbiamo eletto diversi presidenti che non hanno vinto il voto popolare, ma hanno vinto il voto del collegio elettorale. Per molti paesi ciò non ha molto senso. Quindi il nostro sistema, seppur in voga da molti anni, non è perfetto, e non è un sistema che gli altri paesi devono necessariamente adottare. Però abbiamo delle specifiche caratterizzazioni che vorrei sottolineare, tra queste metterei la separazione dei poteri, i controlli e gli equilibri, i mezzi di comunicazione liberi, la molto importante libertà di stampa, una vibrante società civile e la capacità della gente di scegliere i propri leader”.
“Se guardiamo George Bush e la sua agenda di libertà, lui ci credeva con l’intera passione del suo cuore; ma non è stato in grado di tradurre le sue credenze in realtà. Barack Obama invece, non ci credeva in cuor suo, ed è per questo motivo che la sua politica non ha avuto una grande attuazione. L’amministrazione Trump ha dimostrato di tenere in considerazione questi temi, seppur con poco interesse e con alcune eccezioni: Venezuela, Cuba, Corea del Nord e Iran. Ma, il presidente Trump si è seduto con il presidente Erdogan, con il presidente Sisi, il presidente Putin … e sembra che il mese prossimo vada in Asia per incontrare il presidente Duterte, quando già qualche mese fa ha avuto con lui una conversazione molto amichevole. Pare che Trump abbia un’affinità, una simpatia per i leader forti. Spero che la politica statunitense torni su una base che promuove i diritti umani, promuove la democrazia, ma lasci che i paesi decidano il loro genere di gestione. Il bello della democrazia, oltre al fatto di salvaguardare il popolo, è che ogni stato la può adattare a se stesso come se avesse un sarto personale”.

D. Nel tuo libro, scrivi che ogni presidente americano ha cercato di avere buoni rapporti con la Russia, ma alla fine tutti hanno fallito. Perché tu pensi che succeda?
R. “Ogni presidente pensa di poter sviluppare un buon rapporto con la sua controparte russa. E alla fine di ogni amministrazione abbiamo visto che la situazione è peggiorata, non migliorata. Se diamo uno sguardo a Bill Clinton, lui ha avuto un buon rapporto con Boris Yeltsin, però quando è uscito dal suo incarico, il successore di Yeltsin è stato Vladimir Putin; ma il disaccordo per il Kosovo e il bombardamento della Serbia nel 1999 sono stati fonte di grande tensione, che è continuata quando nei giochi è entrato George Bush. Anche se Bush, ovviamente, ha notevolmente “guardato l’anima di Putin”, un suo commento che non si cancellerà mai più”.

“E anche nel lontano aprile 2008, se ti ricordi, dopo il vertice di Bucarest e della NATO, Bush andò a Sochi dove incontrò Putin e Medvedev. Essi insieme, siccome dall’estate del 2001 all’aprile 2008 le relazioni tra i due stati erano in continua discesa, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che tentava di chiarire un nuovo tipo di rapporto. Così, dopo che in aprile hanno firmato la dichiarazione, in agosto i rapporti si sono ancora una volta incrinati per l’invasione russa della Georgia”.
“Dopo è subentrato Obama. E, vuoi perché l’amministrazione Bush, insieme agli alleati europei non hanno imposto alcuna conseguenza alla Russia per la sua invasione della Georgia, vuoi per il “reset” di Obama, la situazione è solamente peggiorata. Così l’invasione della Georgia è stata solo nascosta sotto un tappeto”.
“Intanto negli Stati Uniti si pensava:” Vogliamo buoni rapporti con la leadership russa e lo stiamo facendo meglio dell’amministrazione precedente – ma in ogni caso si sono sempre sbagliati”.

D. Cosa, a tuo avviso, motiva Trump a non definire Putin un assassino e un malvagio?
R. “Sai, il presidente Trump ha espresso alcune volte (anche quando era un candidato): Non sarebbe bello se la Russia e gli Stati Uniti avessero un accordo? Penso che tutti lo vorrebbero. L’Ucraina vorrebbe che gli Stati Uniti e la Russia si avvicinassero. Non a scapito dell’Ucraina. Ma il problema è che, è il regime a Mosca che non vuole un buon rapporto con gli Stati Uniti. Mi spiego, già nel 2004, dopo la tragedia di Beslan, Putin ha riferito che “altri poteri stavano cercando di prendersi pezzi della Russia” – già allora Putin si riferiva agli Stati Uniti. Poi, naturalmente, c’è stato il suo famoso discorso a Monaco di Baviera, nel 2007. Così, tutto è iniziato prima. È Putin che ha dovuto sviluppare l’idea che gli Stati Uniti, la NATO e, più tardi, l’Ucraina rappresentano una minaccia per la Russia. Noi non siamo una minaccia per la Russia. Noi vogliamo buone relazioni con tutti e anche con la Russia. Sarebbe bello se avessimo buone relazioni ora, ma non credo che sia possibile. Ma come ripeto, non a causa nostra”.

“Quindi non capisco bene il pensiero che si nasconde dietro alle osservazioni del presidente Trump, ma credo che prima o dopo lo scoprirà autonomamente che il tipo di relazione che lui vuole non è possibile solo a causa del regime che vige a Mosca”.

D. A proposito, non pensi che quando l’Occidente parla con la Russia, sia un errore affermare che la NATO, l’Occidente e tutti aspirano ad avere buoni rapporti con la Russia, invece di proclamare chiaramente che questo argomento può essere affrontato solo dopo che il regime di Mosca sarà ritornato nella piega del diritto internazionale, restituirà la Crimea e ritirerà le truppe dal Donbas?
R. “Sono d’accordo. Sono sicuro che le persone di qualsiasi paese sono pronte ad accettare di avere un dialogo per un regolare e pacifico rapporto con la Russia solo dopo che Mosca avrà iniziato a rispettare le aspirazioni degli altri paesi, la loro sovranità, la loro integrità territoriale, restituirà la Crimea, lascerà la regione del Donbas, rispetterà gli standard dei diritti umani nel proprio paese e smetterà di interferire negli affari interni delle altre nazioni. Purtroppo però, non vedo come ciò possa accadere finché il potere è nelle mani del signor Putin. E non è solo lui, è il cerchio intorno al presidente, è l’intero regime. Perché Putin potrebbe uscire domani, ma chi lo sostituirà sarà lo stesso tipo di elemento, con lo stesso pensiero”.

“Il regime di Putin, come sostengo nel libro, è autoritario, è cleptocratico, è molto corrotto e più diventa corrotto, più diventa autoritario. Perché più ruba, più vuole assicurarsi di non perdere il potere. Diventa un circolo vizioso. Non può uscirne, a meno che non facciano saltare in aria il cerchio. Ma questo potrebbe portare a conseguenze imprevedibili”.

D. Alla fine del tuo libro “Back to Containment: Dealing with Putin’s Regime”, rilasci consigli di come contenere la Russia; ma tu sei sicuro che agendo su di essa si arrivi al risultato desiderato?
R. “Lo spero. Non intendo nemmeno suggerire che sia una politica perfetta, ma mi sembra che non abbiamo un’alternativa. L’impegno con il regime di Putin non ha ricavato un ragno da un buco da ben 17 anni e far finta che la Russia non sia in Ucraina, non abbia annesso illegalmente la Crimea, non supporti le forze proxy a oriente dell’Ucraina è un terribile errore. Ogni giorno, gli ucraini pagano un prezzo per l’aggressione russa, non parlo solo di economia ma di vite, feriti o morti. Noi dobbiamo sostenere l’Ucraina. L’Ucraina è la prima linea di difesa contro l’aggressione russa. Se l’Ucraina non riesce nel nostro intento, lo sottolineo, nostro intento, non solo ucraino, dovremo affrontare altrove l’aggressione russa, probabilmente in alcuni Stati della NATO. Ecco perché, a partire dal 2014, ho sostenuto l’assistenza militare letale all’Ucraina, affinché l’Ucraina possa difendersi. L’Ucraina non ha mai chiesto alle truppe americane di combattere la sua battaglia. Hanno bisogno di missili Javelin per affrontare i carri armati russi. L’Ucraina ha chiesto i missili Javelin – questo è un tipo di materiale e attrezzature che l’Ucraina non può usare per andare all’offensiva o per impadronirsi di territorio o per andare in Russia, un simile pensiero o dichiarazione è assurdo. Ma possono impedire alla Russia di avanzare ulteriormente nel territorio ucraino. Credo che nel Memorandum di Budapest del 1994 siano ben presenti i principi di sovranità e integrità territoriale. Noi abbiamo l’obbligo di fornire all’Ucraina questo tipo di assistenza. Penso che il presidente Obama abbia commesso un enorme errore a non sostenere l’Ucraina in questo senso”.

“Credo che sia importante che la gente apra gli occhi e capisca il tipo di minaccia che pone il regime di Putin. Guardiamo Nord Stream 2. Nord Stream 2 è un’idea terribile, commercialmente non ha senso, eppure la Germania sembra sposarla senza problemi. Un Nord Stream 2 terminato, vuol dire enormi problemi per l’Ucraina, la quale verrebbe privata di un sostegno finanziario necessario. Nessuno pensa a dopo? Quando un’Ucraina ben armata e ben addestrata viene messa alla povertà, nessuno pensa ad una sua possibile reazione? Cosa succederà? Perché non pensare tutti serenamente di risolvere una volta per tutte i conflitti che ci sono nella regione orientale del continente? Perché crearne di nuovi? Dobbiamo sperare d’essere in grado di riuscirci…”
“Infatti. Mi ricordo durante la mia carriera, quando lavoravo presso il Dipartimento di Stato, “la speranza non è politica” [ sorride].

D. Cosa dobbiamo fare allora?
R. “Abbiamo bisogno di sanzioni più severe. Non dobbiamo solo mantenere le sanzioni esistenti, ma imporne anche di più severe per far sapere alla Russia che ogni volta che non rispetta i propri impegni, pagherà un prezzo. Per avere successo abbiamo bisogno di sostenere l’Ucraina, sostenere le forze democratiche in Russia e non rinunciare alla Russia stessa. Aumentare le esportazioni di energia, cosa che l’amministrazione Trump sta facendo, in modo che sia un’opera positiva, che crei alternative e quindi una sana competitività, mentre dobbiamo rimanere fedeli ai nostri principi e valori. Oltre che, ogni volta che la Russia compie degli abusi, sottolinearli e combatterli, ovunque siano e in qualsiasi sfera”.

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