Il 2017, per il Bari un anno vissuto senza infamia e senza lode

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Tempo di bilanci. Un altro anno è filato via dalla nostra vita e già si intravede l’altro scorrere lento ma inesorabile entro l’alveo della passione biancorossa. Cantare il tempo passato via dall’inizio di quest’anno sarà un po’ il nostro tema anche perché, da centodieci anni a questa parte, il problema è sempre lo stesso, magari cambiano i protagonisti ma la sostanza è la stessa: la piazza e l’indotto barese è un’autentica miniera ancora, colpevolmente, inesplorata da sempre, vuoi per paura di investire, vuoi per incapacità imprenditoriali, vuoi per la troppa levantinità barese che rende tutto più difficile in chiave sviluppo, vuoi per altri misteriosi motivi, fatto sta che nessuno mai ha pensato di investire seriamente nel pallone. Si spera lo faccia Cosmo Giancaspro con la sua proverbiale calma ed esperienza imprenditoriale, ma soprattutto, considerato che, fino adesso, non lo ha (voluto) capire nessuno a partire da Matarrese, si spera che capisca che investire un euro sul Bari vuol dire seriamente vedersi capitalizzare cento euro senza troppi panegirici, grazie anche alla possibile ristrutturazione dello stadio. A Bari non si è mai voluto esplorare nella miniera sottostante, e se solo qualcuno ci provasse, siamo certi che otterrebbe grossi rientri economici. Del resto la squadra del Bari è l’unica, tra le prime venti squadre italiane, a non aver ancora assaporato una trasferta europea e che non abbia gettato delle, più o meno, solide basi in serie A.

Lungi da noi voler emulare Sciascia e la sua straordinaria linea letteraria alla ricerca di eroi, di falsi miti, di verità e di ambiguità di taluni senza dimenticare il sottobosco che, senza dignità, cresce ai piedi della passione biancorossa per il gusto di essere un effimero protagonista e portatore di improbabili verità assolute, cercando nella sana passione egoismi irrazionali per un proprio tornaconto (vecchio vizio), anche perché, non accettando, noi, compromessi da nessuno, ci piace andare avanti masticando valori razionali, di giustizia e di libertà, senza dimenticare che ne avremmo tante da dirne, ma per una concordia ordinum, ci limiteremo a fotografare l’anno appena trascorso dal punto di vista sportivo, nulla più.

Tra alti e bassi, dunque, si chiude quest’anno solare per il Bari. Un anno iniziato con la coda del 2016 contrassegnata con gli strascichi di un esonero, quello di Stellone per Colantuono, scelta che aveva, un po’, fatto sognare i tifosi considerato il suo curriculum ma che, pian piano, a cominciare proprio dalla prima trasferta di Cittadella del 2017, ha di fatto aprire gli occhi ai tifosi che si son visti, pian piano, tarpare le ali dell’entusiasmo per vivere di partita in partita, mentre il Benevento, la Spal ed il Verona, tra alti e bassi, si stazionavano lassù dove, invece, avrebbe potuto e dovuto essere il Bari.

In una intercapedine del campionato, il Bari riusciva persino, illusoriamente, ad espugnare il difficile terreno del “Vigorito” di Benevento con un suggestivo 3-4, vittoria che aprì di nuovo le ali dell’entusiasmo biancorosso finché fu possibile salvo, poi, tarparle di nuovo visti gli scarsi risultati ottenuti successivamente.

Si dette la colpa ai vari campi sintetici, agli infortunati, a situazioni, a dir di Colantuono, abbastanza ambigue, fatto sta che il Bari terminò il campionato in un anonimo posto di centro classifica con la fortuna di essere al sicuro da possibili risucchi verso le zone paludose in quanto, a naso, se solo il torneo fosse durato ancora qualche giornata, vista la caduta libera intrapresa dal Bari di Colantuono, non sappiamo come sarebbe potuta andare a finire, o meglio, un dannato sospetto ci è balenato per la testa.

Il web, naturalmente, si scatenò per l’insuccesso della propria squadra, cosa fisiologica, affidando le speranze ad una nuova campagna trasferimenti gestita da Sogliano, “reo” di aver costruito una squadra non competitiva.

Fu così che il DS barese, afferrando il “messaggio”, tra giugno e luglio, prima del ritiro, ingaggiando con estremo coraggio Fabio Grosso che, fino ad allora, aveva allenato solo la Primavera juventina e, dunque, senza particolare esperienza del calcio che conta, cercò di disegnare una rosa la più competitiva possibile puntando sui ritorni di Floro Flores, sulla conferma di Capradossi, e sugli ingaggi di Nenè, D’Elia, Tello, pupillo di Grosso, Busellato, Marrone, Iocolano, Improta e Cissè, rosa perfezionata, poi, a fine agosto con l’ingaggio di altri giocatori come Fiamozzi, Petriccione ed altri. Insomma una seconda rivoluzione dopo quella di gennaio dove il Bari cambiò, praticamente, pelle. E si sa che le rivoluzioni, ormai, non han mai portato a nulla di positivo. In qualunque contesto.

Con questi giocatori, insieme a Scalera e qualche altro giovane primavera, si è partiti, così, in ritiro per la seconda volta a Bedollo, con vivide speranze per un torneo, finalmente, positivo.

Va da se’ che il Bari di Grosso, pur perdendo sette volte (troppe, oggettivamente), grazie soprattutto ai gol di Galano, ala destra rinvigorita ed abilitata a sognare anche da cannoniere della B pur non essendo un centravanti alla Caputo, si è stabilizzato nei quartieri alti della classifica toccando persino il primo posto per una settimana.

Si termina il girone al quarto posto inaspettato, se riavvolgiamo il film delle partite disputate fino adesso, forse grazie anche alla classifica cortissima che ancora alberga anche se da un paio di settimane sembra che qualche squadra abbia indossato l’abito del proprio obiettivo, soprattutto Palermo e Frosinone le quali, avendo avuto risultati più costanti, hanno impegnato i primi due posti in classifica, meritatamente. Almeno per adesso.

Il Bari, nonostante un organico non esattamente brillante, si è posizionato abbastanza bene in classifica, Bari che ha saputo sfruttare alla meglio le partite casalinghe e che solo nel finale di girone sembra aver spezzato quell’odioso trend negativo delle puntuali sconfitte in trasferta. E fin quando ha regnato un certo equilibrio nel campionato, è sembrato che il Bari di Grosso potesse giocarsela a viso aperto con chiunque, ma poi le sconfitte di Chiavari e soprattutto quella col Palermo in casa, ha riportato il Bari sulla terra a mangiare il proverbiale pane duro al pari delle altre.

Non sono passate inosservate le felici sorprese di Anderson e di un ritrovato Sabelli che sembrano poter dare ampie garanzie sulla fascia destra. Qualcosa, invece, sembra mancare a sinistra. Su Diakhitè preferiamo non sbilanciarci più di tanto in quanto ha sfoderato una pessima prestazione a Reggio Emilia ed un’altra discreta contro il Carpi. Così come non sappiamo dire se Tonucci sia, o meno, da mantenere o da lasciar andare via. Dipenderà dal lavoro di Sogliano. Di certo tra un ruvido e grezzo ma generosissimo Tonucci e Capradossi, quello che ha disatteso le aspettative è stato il romanista che non ha mai convinto al cento per cento. Ma è solo un umile ed opinabile giudizio.

Qualcosa sembra mancare a centrocampo nonostante le buone prestazioni, anche se con andamento alternato, di Basha, Tello, Petriccione e Busellato, mentre sulle fasce mancano come il pane due degni sostituti di Improta e Galano.

In attacco, purtroppo, determinate scelte non hanno regalato i frutti sperati: pensiamo a Floro Flores che, dopo aver subito un infortunio muscolare lo scorso anno che ne ha pregiudicato il proseguo del torneo, ha disatteso le speranze dei tifosi che intravedevano in lui quel “quid” in più rispetto ad altri giocatori. Kozac, ennesimo rinforzo, proveniva da diversi anni di inattività per seri problemi fisici, Nenè ha fatto quel poteva, Cissè anche, così, alla fine, il quartetto d’archi dell’attacco da inizio torneo fino ad oggi, han racimolato la miseria di quattro gol. Oggettivamente troppo pochi per poter sperare in grande, né si poteva (e si può) fare affidamento sul solo Galano.

L’anno si è chiuso con un bizzarro finale composto da due sconfitte amare a Chiavari ed in casa col super Palermo, una vittoria a Perugia, e due pareggi con Parma, in casa, e col Carpi in Emilia. E sebbene posizionato lassù in classifica, questo Bari di Grosso ha manifestato evidenti limiti in fase di proposizione di gioco fuoriuscito solo a sprazzi, a volte nel primo tempo, altre volte nel secondo, ma soprattutto ogni qualvolta è stato “schiaffeggiato” da qualche gol, ma anche seri limiti in difesa con una media di uno-due gol quasi sempre subiti.

E, gioco forza, l’unica considerazione da fare è che Sogliano, senza star lì a rifar rivoluzioni, dovrà lavorare per dare un assetto tattico definitivo alla difesa, un altro assetto al gioco del centrocampo e, possibilmente, reperendo un attaccante prolifico, cosa, obiettivamente, difficile in quanto chi ha attaccanti validi se li tiene ben stretti. In alternativa occorre far di necessità virtù mantenendo questi “magnifici quattro” nella rosa sperando che almeno uno possa incidere nell’economia dell’obiettivo che, a quanto pare, sembra essere la promozione in A o, quanto meno, il raggiungimento di un posto nei playoff.

Buon anno a tutti.

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