Insulti, minacce e invettive non sono mai mancate. Prima si sono odiati (tanto). E adesso provano ad amarsi. O almeno, ad andare d’accordo. Quella tra Donald Trump e Kim Jong-un non è mai stata una relazione facile. Anzi. La loro guerra nucleare di parole si è combattuta per oltre un anno a colpi di retorica. Ma adesso che i due sono vicini a un incontro, e con la Corea del Nord che ha annunciato lo stop ai test nucleari e missilistici, la musica sta per cambiare. “È una buona notizia per il mondo, un grande progresso. Ora attendo il nostro summit”, ha twittato entusiasta Trump, dopo l’annuncio di Pyongyang. Certo non faranno la fine dei Roses, eppure tra i due leader i rapporti non sono sempre stati così idilliaci.
LA GUERRA NUCLEARE DI PAROLE – La ‘guerra nucleare’ degli insulti parte da lontano. Kim e The Donald, fortunatamente solo a parole, se le sono date di santa ragione. E il campionario delle offese è vasto. Il leader nordcoreano, ad esempio, senza peli sulla lingua ha definito Trump un “furfante e gangster che si diverte a giocare col fuoco”. A stretto giro di posta la risposta minacciosa di Donald: “Colpiremo Kim con furia e fuoco come il mondo non ha mai visto”. E ancora. Kim: “La gente si chiede se Trump sia sano di mente, non lo so”. The Donald: “Rocket Man è in una missione suicida”. Kim: “E’ un cane che abbaia e non morde”. Donald: “E’ un criminale. Sarà messo alla prova come nessuno mai prima”. Questi sono solo alcuni, tra i tanto accesi botta e risposta tra i due.
“FUOCO E FURIA” – E’ l’8 agosto 2017 quando Trump avverte che Corea del Nord “sarà accolta con fuoco e furia” se minaccia ancora gli Stati Uniti. L’avvertimento viene lanciato dal presidente americano dopo la notizia secondo la quale Pyongyang è riuscita a miniaturizzare una testata nucleare da caricare su uno dei suoi missili intercontinentali. Il Rispettato Maresciallo non si scompone. Replica a tono, promettendo di distruggere gli Stati Uniti e di attaccare la base navale di Guam, nel Pacifico.
PRIMA ‘RAGAZZO SVEGLIO’ POI ‘UOMO RAZZO’ – Stile da combattente, epiteti efficaci e concisi. Pochi appellativi ma incisivi, sventagliati il più delle volte via Twitter. Nei confronti del dittatore nordcoreano Donald Trump non usa mai mezzi termini. Durante la campagna presidenziale Kim è ‘un biscottino intelligente’, ‘un ragazzo sveglio’. E poi si trasforma in ‘paranoico’, ‘l’uomo razzo’, ‘un pazzo con le armi nucleari’. Certo, all’inizio dello scontro i toni usati dal presidente statunitense sono più moderati. Ad aprile 2017, quando Kim Jong-un sembra pronto al dialogo, Trump non nasconde le sue buone intenzioni, dicendosi disponibile a incontrare il Maresciallo “a determinate condizioni”. Salvo poi cambiare ancora linea. “Distruggeremo la Corea se minacciati”, minaccia Trump all’Assemblea generale dell’Onu, poco dopo aver giurato ‘fiamme e furia’ contro il regno eremita, “un regime depravato”.
“TRUMP? UN RIMBAMBITO” – Nelle risposte alle esternazioni di Trump, Kim Jong-un appare sempre razionale e meno impulsivo del presidente americano. Le stoccate di Trump non sembrano minimamente sfiorarlo. The Donald lo chiama ‘Rocket Man’? Lui rilancia, chiamando il presidente americano “un cane che abbaia”, “un rimbambito”, “uno squilibrato”. Gli Stati Uniti? Il dittatore li dipinge come “imperialisti”, “yankee” che “la pagheranno cara”. A volte però le sue dichiarazioni fanno venire la pelle d’oca. Come quando, commentando il video del lancio del missile balistico Pukguksong-2 a maggio, il dittatore si lascia sfuggire: “Visto dalla testata di un missile il mondo appare bellissimo”.
“PERCHE’ MI CHIAMA VECCHIO?” – A novembre i due tornano a punzecchiarsi. Abbandonati i toni istituzionali, durante le tappe ufficiali del viaggio in Asia, l’inquilino della Casa Bianca si sfoga su Twitter. “Kim Jong-un mi ha chiamato vecchio, io non gli direi mai che è basso e grasso”. Poi aggiunge sibillino: “Vedo molto difficile che possa essere mio amico, ma forse un giorno succederà!”. Boom. E Kim che fa, tace? Macché. Solo qualche ora prima aveva accusato Trump di essere un “guerrafondaio” in giro per l’Asia, che “cerca lo scontro per privare la Repubblica popolare democratica di Corea dal suo potere di deterrenza nucleare”.
LA GUERRA DEI PULSANTI – Infine la guerra dei pulsanti. A gennaio di quest’anno Trump impugna il suo smartphone e si rivolge indispettito a Kim: “Il leader nordcoreano ha appena dichiarato che ‘il pulsante nucleare è sempre sulla sua scrivania’. Qualcuno del suo regime di affamati e impoveriti lo informi che anch’io ho un pulsante nucleare, ma è molto più grande e molto più potente rispetto al suo, e il mio pulsante funziona!”. Il Rispettato Maresciallo aveva inaugurato l’anno con una nuova minaccia: il pulsante nucleare, spiegava, “è sempre sul mio tavolo” e i missili in dotazione alla Corea del Nord, aveva aggiunto, possono raggiungere il territorio degli Stati Uniti.