C’è un’idea che comincia a piacere a molti: separare Facebook da Instagram

Economia & Finanza

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I giornali anglosassoni si interrogano come arginare il monopolio dell'”imperatore Zuckerberg”. Il ruolo dell’antitrust e l’ideale anni 90 che ha reso possibile l’ascesa di Menlo Park. L’ipotesi più acclamata per ora è lo spacchettamento (approfondimenti su Washington Post e Guardian)

di ARCANGELO ROCIOLA  

 Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook 

Facebook è diventato troppo grande. E il suo fondatore Mark Zuckerberg, di conseguenza, troppo potente. Nei giorni successivi la nuova ondata di scandali che ha colpito il social network e le strategie del suo amministratore delegato, la stampa anglosassone si interroga su cosa sia diventato oggi Facebook e se può diventare un pericolo sia per gli equilibri del mercato digitale – nel momento in cui è diventato, semplicemente, il mercato – sia per la tutela della privacy dei suoi utenti. E sulla loro capacità di scelta, di decisione.

L’hacking che ha messo in guardia 90 milioni di utenti è l’ultimo, forse il più preoccupante, degli eventi di questa settimana. Forse meno scalpore hanno fatto l’addio dei cofondatore di Instagram (1 miliardo di utenti) Kevin Systrom e Mike Krieger e le dichiarazioni al veleno di Brian Acton, fondatore di WhatsApp (1,5 miliardi di utenti), che ha accusato se stesso di aver “venduto la privacy dei miei utenti a chi ci ha voluto guadagnare molto di più”.

Due fatti che hanno rivelato come oramai non ci sia nessuno interno alla società in grado di contrastare le decisioni di Zuckerberg, che viene accusato di aver di fatto monopolizzato le strategie di monetizzazione dei social network, puntando sulla loro capacità di tenere incollati allo schermo e alla massiva di pubblicità, creando di fatto delle macchine genera-utili imbattibili persino per Google (come dimostra il fallimento di Google Plus, lanciato nel 2011, o la rincorsa riuscita a Snapchat, o la guerra vinta con Twitter sui contenuti video).

Il monopolio di Facebook sul mercato dei social (e della pubblicità)

Oggi il mercato della pubblicità online è controllata per il 58% da Facebook e Google, solo negli Stati Uniti (dati eMarketer). E Facebook controlla in assoluta tranquillità gran parte del mercato delle pubblicità sui social. Unico rivale possibile? Instagram, appunto, comprata da Facebook nel 2012 per un miliardo e adesso controllata da Facebook anche nella gestione della privacy degli utenti e della pubblicità. L’acquisizione di Instagram, social preferito dalle nuove generazioni, mentre Facebook di fatto è il social degli over 35 oramai, dà a Mark Zuckerberg un controllo pressoché totale su tutto il nostro tempo dedicato ai social network.

Perché nessuno ha agito finora per evitare che si creasse un duopolio fittizio, di fatto un monopolio, Facebook-Instagram, che insieme contano 3,5 miliardi di utenti? “La risposta”, scrive Tim Wu sul Washington Post, “è che glielo abbiamo permesso. Perché le norme antitrust volute dalla commissione di Obama non contemplavano questo mercato basato su un servizio gratuito, come quello dei social media”. Sono società che generano utili monetizzando il tempo che gli utenti spendono sulle piattaforme, quindi non un servizio ‘venduto’ all’utente. E qui si è creato lo zoccolo duro dell’”Imperatore Zuckerberg”, come lo ha definito il Guardian.

Un problema che Internet si porta dietro dagli anni 90 

La creazione di un monopolio su Internet, scrive ancora il Washington Post, era qualcosa di impensabile negli anni 90: “Quello che è successo si deve all’influenza che una certa ideologia di internet degli anni 90 ha avuto finora: si riteneva che il cyberspazio fosse un regno senza barriere, soprattutto all’ingresso. La competizione era sempre a portata di click. Il monopolio era semplicemente impossibile su Internet. Un’azienda poteva considerarsi fortunata se fosse durata 5 anni”. Poi però sono arrivate Google, Facebook, Amazon, e la storia cambia radicalmente.

“Questo dimostra che la legge antitrust deve evolversi per comprendere il mondo dei social network”, ribatte dall’altra parte dell’Oceano il Guardian. Acquisizioni come quelle che fa Facebook sui propri concorrenti “dovrebbero essere bloccate se sono su una scala significativa, perché a rimetterci sono gli utenti – che hanno meno possibilità di scelta e sono più presi di mira dagli inserzionisti – e di fatto annichiliscono i rivali che potrebbero creare una proficua concorrenza”. E ancora: “Il pericolo dalla tecnologia arriva quando c’è troppa concentrazione di potere. Ma nessuno lo ha impedito, e adesso internet ha un nuovo imperatore. È tempo di distruggere questo impero”.

Lo spacchettamento di Facebook come possibile soluzione 

Il come non è facile prevederlo. L’autore dell’articolo del Washington Post il prossimo novembre pubblicherà negli States un libro piuttosto atteso: The Course of Bigness dove spiegherà come l’unica soluzione possibile è lo spacchettamento di Facebook, come è stato già fatto in passato con alcune compagnie petrolifere e telefoniche americane, con l’effetto di aprire quei mercati dopo decenni di monopolio. Cosa vuol dire spacchettamento? Che se adesso la società Facebook ha in pancia social network come Facebook, Instagram, WhatsApp ma anche Oculus, Surreal Vision, Pebbles, quella pancia va ’spacchettata’, e create società singole non più controllate da Menlo Park. Indipendenti e in grado di competere liberamente sul mercato.

È già successo. E forse i tempi sono maturi affinché succeda di nuovo.

@arcangeloroc

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