Deve essere rimasto un po’ deluso il ministro dell’Interno, apprendendo che ad uccidere il giovane carabiniere nel centro di Roma non sono stati immigrati africani. Aveva detto subito, troppo presto: “Caccia all’uomo a Roma, per fermare il bastardo che stanotte ha ucciso un Carabiniere a coltellate. Sono sicuro che lo prenderanno, e che pagherà fino in fondo la sua violenza: lavori forzati in carcere finché campa”.
E forse già pensava ad una nuova legge per introdurre la pena dei lavori forzati nel nostro ordinamento. E forse già vedeva il bastardo con le catene ai piedi a spaccare pietre sotto il sole cocente. Poi i toni si sono smorzati, giacché si è saputo che gli assassini sono due giovani americani. Però qualcosa il ministro doveva pur dire e allora si è rivolto ai buonisti, che in questa faccenda c’entrano come i cavoli a merenda. Ha scritto su Facebook: «Sperando che l’assassino del nostro povero Carabiniere non esca più di galera, ricordo ai buonisti che negli Stati Uniti chi uccide rischia la pena di morte. Non dico di arrivare a tanto, ma al carcere a vita (lavorando ovviamente) questo sì!».
E va bene, in fondo per i detenuti un lavoretto in carcere è un sollievo. Una domanda per il ministro dell’Interno: perché non lo abbiamo mai sentito augurare lavori forzati a vita agli uomini italiani che maltrattano e uccidono le donne?
Renato Pierri