Il rosso fa sempre tendenza e il design antiguerra prova a conquistare i moderni “comunisti”.
I radical chic li riconosci, anche da come si vestono. Non è uno scherzo o uno spot, o forse si.
Non scherzano anzi, le stampano sul serio e arrivano a casa tua. Parliamo delle magliette eco-solidali promosse sulle pagine Radical Chic dei social network italiani e vendute dalla piattaforma radical–chic.net .
Un marchio singolare, tanto colorato quanto definito, è quello inventato in Germania da Umberto Mastropietro per realizzare una linea di abbigliamento non profit.
Lo shop online funziona e, dalla maglietta “Zekka” rossa alla bandana “Buonista” per cani, i prodotti per uomo e donna riecheggiano nelle stampe degli appellativi, rivolti per lo più da esponenti della destra italiana, a sostenitori dell’antifascismo che, in Matteo Salvini, subito dopo il caso Sea Watch, individuarono il nemico numero uno.
Autoironia oppure orgoglio buonista, fatto sta che i fruitori di questo nuovo brand, acquistando una t-shirt, contribuiscono a sostenere Emergency, Croce Rossa, Medici Senza Frontiere. Alle organizzazioni arriverebbero le donazioni di questa iniziativa che “non opera a scopo di lucro”, come precisato nel 2018 alla’apertura della pagina facebook Radical Chic.
Tra i post “commerciali” non mancano in bacheca quelli ridicolizzanti lo stile di vita del leader leghista, le foto solidali a Carola Rackete, le vignette su “giggino”ovvero Di Maio o il Conte di Bibbiano. Ora che il premier Giuseppe Conte non è più il rappresentante del governo giallo-verde il catalogo è aggiornato?
Viene da chiedersi se Matteo Salvini fa vendere più di Che Guevara, ora che pur non essendo al governo, tiene banco nel far-west mediatico. Indubbiamente non conoscerà crisi di mercato il bracciale ”No war” e oggettistica del genere che possa identificare gli anti-razzisti, ora più che mai visibili nell’abbigliamento nelle nostre città, quasi fossero bandiere dei partiti che furono o che torneranno. L’obiettivo della vendita non è questo ma la solidarietà, e sappiamo tutti quanta “solidarietà anti razzista” abbia attirato il capitano della Sea Watch nello scorso Giugno.
Ammettendo che “l’abito no fa il monaco” come reagiranno gli italiani alle magliette a stampa con Gesù aureolato sulla cui tonaca spicca l’icona Che Guevara ? Ironia irrispettosa o mercato spietato dunque?
Cattolici a parte, ormai pungolati dalla satira più dei vegani, il coloratissimo brand dopo tutto non sembra aver conquistato il costume nazional-popolare che, nel bene e nel male, continua ad andare in onda a colpi di tweet provocatori e fumose ospitate televisive.
@giuScarlato