Il Bari continua a vincere ma la vetta è sempre lontana

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Ormai siamo abituati. Bari cinico, non esteta, esistenzialista, nonostante l’ultima in classifica che lasciava aperta la possibilità di una goleada o quanto meno di una vittoria netta senza storie che pure c’è stata. Poca la sofferenza stavolta forse anche per l’avversario, oggi davvero poca cosa. Intanto, però, i risultati utili sono arrivati a dodici. Niente male, sia inteso, per il periodo Vivarini che da quanto è subentrato al posto di Cornacchini non ne ha persa una. Il Bari, dunque, espugna anche Rende (Vibo Valentia, per essere precisi, n.d.r.) dopo il pareggio deludente contro il Teramo al San Nicola, confermando una continuità di risultati tipica di chi ambisce a traguardi importanti. Se non fosse per la Reggina, ovviamente. Si diceva di una vittoria netta che ci sta tutta soprattutto per quello che i giocatori son riusciti a mettere in campo pur senza strafare considerando i valori in campo.

Vivarini conferma il collaudato 4-3-1-2 con Frattali, Perrotta, Di Cesare, Sabbione e Berra indifesa, Hamlili, Bianco e Schiavone a centrocampo, Terrani dietro le punte Simeri ed Antenucci, tuti con l’inedita maglia giallo-nera che rievoca tanti bei ricordi catuzziani.

Primo tempo molto vivace col Bari che finalmente ha dominato il campo, facendo la partita al cospetto di un modesto avversario che non ha impensierito pressoché mai la difesa barese tranne in una occasione dove Frattali, con un po’ di fortuna, ha sventato la minaccia. Molte, invece, le opportunità per il Bari. Va vicino subito al gol Simeri che controlla bene il pallone in area e sferra un tiro che il portiere calabrese para con difficoltà.

Poi sugli sviluppi di un corner Berra si inserisce pericolosamente ma non ci arriva di testa quando bastava spingerla per far gol. E ancora Simeri su capovolgimento di fronte, rocambolescamente, porta in vantaggio il Bari con un gol fortunoso causato da un rimpallo. Vicinissimo al raddoppio Berra che di testa sfiora il palo. Quindi ancora lui, Simeri, che su una profondità, in area di rigore, tira defilato ma il portiere gli dice no. Poi sul finale di tempo, su azione irresistibile, Antenucci  arriva in area e in modo chirurgico infila il portiere calabrese per il doppio vantaggio.

Il Bari concede poco al Rende che quando ha il possesso palla, non riesce mai a mettere il muso in area barese, davvero mai. Un fallo netto di Vitofrancesco su Perrotta che lo aveva superato nello slancio, provoca il rigore che Antenucci, ancora lui, trasforma in gol per il tre a zero. Antenucci che ha preso tanti palloni, giocandoli, ormai non si ferma più, è sempre più leader in questa squadra cui appare sempre più dipendente. Purtroppo, oseremmo dire, perché la realtà è questa, pur senza discriminare nessun giocatore che ci mette sempre l’anima in campo.

Dentro Floriano per Terrani e Scavone al posto di Bianco. L’espulsione di Rossini, per giunta un attaccante, rende (nome omen) ancora più semplice il compito del Bari che gestisce la gara anche se sembra aver perso un po’ di brio rispetto al primo tempo.

Torna in campo D’Ursi al posto di Simeri e fa l’esordio Esposito al posto di Di Cesare leggermente infortunato. Il Bari, molto concentrato e dotato di ottima personalità, palleggia per almeno un quarto d’ora senza che il Rende opponga resistenza ma è assolutamente infruttuoso, e questi sono i limiti di questa squadra che, invece, approfittando anche dell’uomo in più, avrebbe potuto e dovuto arrotondare il punteggio dimostrando di essere una squadra da primato così come fa la Reggina che, ogni tanto, vince con quei quattro-cinque gol senza tanti problemi, ma forse la differenza tra le due squadre sta tutta qui. E, come sempre, nel momento topico, quando c’è da dominare e, se vogliamo, anche arrotondare, improvvisamente si spegne.

Una partita senza storia, dunque, ma il giudizio, non ce ne vogliano i lettori, per noi è rinviato ancora. Oggi non fa testo, occorre vedere il Bari all’opera più in là quando incontrerà in trasferta le prime dieci in classica nel girone di ritorno, si spera, con altri innesti precisi di mercato. Per Bisceglie e Pagani, ed oggi, non c’è spazio per le sentenze, solo sensazioni. Resta quella dei tre difensori centrali che, oggettivamente, sembrano troppi per una squadra allestita per dominare il campo, ma il calcio è questo: qui gli equilibri fanno le differenze, occorre essere solidi, dimenticando di giocare bene o male. Oggi è stata una vittoria limpida, netta, ma non da dominante, sul terreno di Vibo Valentia, una di quelle che si son giocate rincorrendo il pallone, con poche idee, ma siamo in serie C, mica in A, dunque tutto sommato ci sta, anche perché il Bari non vuol saperne di guarire da questa strana patologia nonostante il risultato netto. Questi sono i palcoscenici dove si dovrebbe esibire la propria forza prorompente, queste sono le gare dove si capisce se c’è un’anima vincente, ed il Bari, tutto sommato, l’ha dimostrato anche se a naso avrebbe dovuto far di più, ma inutile lamentarsi, l’importante era vincere, e ha vinto. Ha saputo calpestare il terreno senza farsi mai prendere dalla mediocrità con la figura della Reggina, ormai, sempre più irraggiungibile. La gara è stata decisa da Antenucci, ancora lui, ormai il punto di rifermento della squadra il cui fiuto per il gol è come quello di un cane per il tartufo. Ma noi preferiremmo pensare che il Bari abbia vinto la gara non tanto per l’ennesima prodezza del bomber, quanto per la prestazione maschia della squadra oltre che, occorre ammetterlo, per l’inconsistenza dell’avversario che ha coinciso con l’immobilità di Frattali nel non effettuare nessuna parata di rilievo. Perché una squadra che ragiona in grande deve essere capace di vincere pur senza dominare ed il Bari, probabilmente, non lo è ma continua a macinare punti su punti sperando di continuare a tenersi aggrappato alla testa del treno della classifica, in attesa dello sprint finale con quei tre-quattro giocatori nuovi presi a gennaio anche se sarà dura. Molto dura. Il Bari deve capire che per arrivare lassù deve imporre il proprio gioco ed aggredire, non attendere e gestire. Finché non entra in quest’ottica non andrà lontano.

 

Massimo Longo

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