Integrazione dei sistemi fiscali o guida politica dell’Unione Europea?

Politica

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Il pensiero libero di Luigi Mazzella

I grandi sommovimenti della Storia producono spesso capovolgimenti costituzionali e istituzionali di grande portata.

La sconfitta dell’Italia nel secondo conflitto mondiale diede luogo alla nascita della Costituzione repubblicana e antifascista in sostituzione dello Statuto monarchico Albertino e del regime tirannico di Mussolini. 

La guerra d’Algeria, iniziata nel 1954 e conclusasi traumaticamente per la Francia nel 1962, consentì al generale Charles De Gaulle di inventarsi e di realizzare la Quinta Repubblica Francese. 

La sconvolgente e cruenta secessione americana (1861-1865), che è ricordata come “guerra civile” senza i falsi pudori ben noti ad altri popoli, inventori di parole più accattivanti, permise di trasformare una colonia britannica in una delle più potenti Nazioni del mondo: gli Stati Uniti d’America.

Di catastrofe in catastrofe, si giunge ai nostri giorni con il disastro della pandemia del Covid19, altrimenti detto Coronavirus.

Ed è questo punto che nasce il sogno degli Europei, non di quelli, naturalmente, affetti e contagiati dall’ “Europeismo ideologico” imposto dalle Banche e dai tecnocrati di Bruxelles, condiviso e fatto proprio dagli assolutisti, universalisti e globalizzatori di vario genere: religioso (ebraico-cristiano) o filosofico (idealista post-hegeliano di sinistra); ma di quelli che vorrebbero vedere uscire dalle rovine della pandemia di Coronavirus gli Stati Uniti d’Europa. 

E ciò, con la previsione di una guida politica autonoma, libera e indipendente, in grado di assumere provvedimenti nell’interesse della popolazione e non delle centrali finanziarie di Wall Street e della City.

Qualche notista politico, incline all’ottimismo, ha timidamente accennato che ve ne sarebbero le condizioni, se tutti gli Stati-membri mostrassero con determinazione tale volontà.

Non ha tenuto presente che proprio qui casca l’asino! 

Il predetto commentatore, per quanto riguarda l’eventuale contributo del nostro Paese (che non è proprio l’ultimo dei ventisette Stati-membri ma ha classe politica e dirigente più sgangherata dell’Occidente) ha ignorato che v’è una circostanza altamente “ostativa” (secondo il linguaggio dei giuristi), proprio nella predetta, assoluta inadeguatezza del nostro Governo a perseguire una linea libera e autonoma di azione; che non segua, cioè, pedissequamente direttive provenienti da altre fonti.

Lo stiamo vedendo nella gestione della pandemia del Covid 19. 

Il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giuseppe Conte (soprannominato da Donald Trump “Giuseppi” probabilmente proprio per le sue abilità trasformistiche, idonee a fargli presiedere governi di segno diametralmente opposto) parla come il braccio vestito di stracci e con la faccia di carton-gesso che muove le labbra, ripetendo le frasi di un ventriloquo “remoto”, che nel caso di specie è un virologo, un epidemiologo, un infettivologo, un esperto di telefoni cellulari e così via.  

L’uomo, sotto il piglio severo e suadente, di un dittatore “aggraziato”, non ha il coraggio di esprimere una propria volontà e continua a “pontificare” solo perché è al governo di un popolo che Carducci, non a caso, definiva “morto”. 

Figuriamoci se il predetto è in grado di contrapporre una sua visione politica alle manovre che Angela Merkel ha già avviato da qualche tempo. 

Con il pretesto di volere “armonizzare i sistemi di tassazione vigenti negli Stati membri dell’Unione come condizione necessaria per aumentare le risorse finanziarie divenute insufficienti a causa del Covid19”, la Cancelliera tedesca intende offrire un altro elemento di “camuffamento democratico” ai suoi burattinai finanzieri. E ciò, in buona sostanza, per dare una “stretta” agli altri popoli europei, approfittando delle circostanze favorevoli offerte dall’epidemia.

Le domande che l’iniziativa della leader cristiano-sociale tedesca pone sono molteplici:

Perché, parlando di entrate, non ha fatto alcun cenno al controllo centralizzato e uniforme delle spese?

La risposta è fin troppo agevole.

Perché se lo avesse fatto avrebbe fatto balenare agli Stati (vittime di una camicia di Nesso più che membri) l’idea di un’entità politica autonoma e distinta dai sinoli Paesi, con un proprio bilancio e con regole valide per tutti gli abitanti dell’Eurocontinente. In altre parole, norme abolitrici delle diversità attualmente esistenti.

C’è da chiedersi, infatti: Perché dovrebbero continuare a coesistere nello stesso contesto umano sistemi che puntano sul reddito di cittadinanzasussidi, pensioni a quota-cento et similia, inclinando verso misure pauperistiche (pseudo-emergenziali) e altri che si ripropongono, invece, soprattutto un rilancio del sistema industriale con adeguati investimenti produttivi? E ciò, con buona evidenza, per raggiungere un più alto livello di ricchezza.

E ancora: Perché dovrebbero stare insieme Stati che parlano unicamente di redistribuzione di un reddito che va assottigliandosi se non scomparendo con altri che vogliono innanzitutto aumentare la soglia del reddito complessivo?

Anche il più “illuso” degli “Europeisti ideologici” non può negare che senza un raccordo politico le fratture attualmente esistenti tra gli Stati-membri dell’Unione, di fronte a una catastrofe della portata della pandemia da Corona virus, sarebbero destinate ad allargarsi con l’affermazione di già ben noti principi para-darwiniani di inevitabili supremazie di “popoli eletti”.

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