Commiato da un gigante della sinistra italiana: Emanuele Macaluso

Politica

Di

PER EMANUELE MACALUSO

E per un dialogo semplicemente inevitabile: nella convinzione che per onorare Macaluso bisogna continuare a lavorare al suo progetto di ricomposizione dei filoni ideali della sinistra della italiana. 

di Felice Besostri 

Tra le fortune legate all’attività politica, sempre più rare per chi sia collocato a sinistra in questo XXI secolo, vi è stata quella della conoscenza, frequentazione, confidenza, reciproco rispetto, e amicizia, pur correndo il rischio di essere considerato presuntuoso, di Emanuele Macaluso.

    L’occasione è stata la vittoria dell’Ulivo del 1996 con la mia elezione nel Senato della Repubblica, come candidato socialista della Federazione Laburista, che sarebbe confluita nel progetto dei DS (Democratici di Sinistra), sorto in seguito all’ assemblea degli Stati generali della sinistra del 12, 13 e 14 febbraio 1998, a Firenze.

    Quel progetto, purtroppo, non fu all’altezza di quello che avrebbe potuto essere nell’intenzioni dei suoi promotori al vertice delle formazioni coinvolte, ma soprattutto nelle speranze dei militanti. Il fatto, che fosse stata battezzata giornalisticamente la “Cosa 2” ha, con il senno di poi, contribuito al suo insuccesso.

    Si era dissolta l’Unione sovietica nel dicembre del 1991, dopo che uno dei simboli della divisione dell’Europa, il muro di Berlino era crollato il 9 novembre del 1989 (un evento da me vissuto, per caso assolutamente fortuito, in presa diretta). La divisione storica della sinistra europea poteva essere ricomposta almeno nell’Europa a 12 membri, che si era allargata a Spagna e Portogallo nel 1986, finalmente liberate dai regimi fascisti instaurati da Salazar e Franco. Nel 1989 le terze elezioni dirette del Parlamento europeo si erano concluse con una vittoria dei socialisti, primo partito con 180 seggi su 518, che con i 42 dei comunisti e i 30 verdi totalizzavano 252 seggi e il 48,65% dei voti, a un passo dalla maggioranza assoluta di 260 seggi.

    Ebbene che si propone? Una «Cosa 2», una “cosa” appunto, senza attrattiva e continuista dopo l’evidente insuccesso della «Cosa 1: sarebbe stato meglio, che si fosse organizzata un’Assemblea della sinistra comune, dopo qualche decina di migliaia di incontri di base, territoriali o di gruppi tematici, invece che “gli stati dei generali della sinistra”.

    All’interno del Gruppo senatoriale dei DS-Ulivo si era costituito un sottogruppo dei socialisti, laburisti e democratici progressisti, di cui ero stato nominato coordinatore, che aveva come riferimento la rivista fondata e diretta da Emanuele Macaluso, “Le Ragioni del Socialismo”.

    Macaluso nelle vicende della sinistra italiana è stato un gigante, non il solo, di cui un certo numero ancora attivo, tra i quali annovero Rino Formica, che ha per primo usato l’espressione alla notizia della morte a pochi mesi dal suo 97° compleanno, era nato il 21 marzo del 1924: “Macaluso un gigante. Quando cade un gigante non c’è spazio per piangere”.

    Sindacalista della CGIL e organizzatore, nella sua Sicilia, delle occupazioni contadine delle terre, scontro non solo con gli avversari politici, ma anche con il sistema di potere e di controllo della mafia, di cui sono perenne testimonianza i sindacalisti socialisti Placido Rizzotto e Salvatore “Turi” Carnevale, a prezzo della loro vita. Basta pensare alla strage di Portella delle Ginestre nella Piana degli Albanesi del 1° maggio 1947, dove Emanuele, che aveva 23 anni tenne il primo comizio e nella stessa località nella ricorrenza del 2019 il suo ultimo alla presenza di 5.000 persone o meglio compagne e compagni. È stato un discorso di quelli da imparare a memoria come quello di Piero Calamandrei sulla Costituzione di Milano 1955, decisivo nella mia formazione. Li potete sentire e quello di Macaluso, anche vedere nella rete. Ai miei tempi del primo impegno politico nella Federazione Giovanile Socialista nei primi anni ’60, dopo i fatti di Genova e Reggio Emilia, c’erano ancora i comizi, a distanza di oltre 60 anni ricordo ancora un comizio di Pietro Nenni, in piazza del Duomo a Milano per la pace e contro la bomba atomica, o quello al Congresso del PSOE del 1976 a Madrid, dove aveva combattuto 40 anni prima.

    Macaluso come altri è stato parte della storia della sinistra e perciò anche dei suoi errori, altrimenti non sarebbe ridotta al lumicino, come forza politica e parlamentare, con la formazione del PD, alla quale Macaluso non risparmiò critiche. Ad essere precisi, una sinistra non di testimonianza non esiste più, semmai un centro-sinistra, con o senza trattino di separazione. Non era questa la prospettiva di Macaluso, che avrebbe voluto una ricomposizione della frattura storica tra comunisti e socialisti, consumatasi nella scissione di Livorno della quale ricorre quest’anno, e proprio in questi giorni, il centenario.

    A questa scelta di fondo – per una ricomposizione della frattura storica tra socialisti e comunisti – appartengono non solo i suoi scritti polemici, senza sconti per nessuno, ma anche atti simbolici, come quando fece uscire l’Avanti! insieme con il quotidiano il Riformista che Macaluso – già direttore storico dell’Unità berlingueriana – guidò nel biennio 2011-2012.

    Sono convinto che per onorare Macaluso bisogna continuare a lavorare al suo progetto di ricomposizione dei filoni ideali della sinistra della italiana. Nel contesto europeo ciò significa rimettere insieme socialisti, comunisti e libertari come suggerito da Edgar Morin a partire dal 2010, con il suo libro “Ma gauche” (La mia sinistra: rigenerare la speranza), un libro che ora viene rivisto e attualizzato dall’autore (mentre si avvicina a compiere cento anni l’8 luglio 2021!).

    Quest’anno non si potrà sfuggire al centenario di Livorno. E temo che sarà un’occasione politicamente sprecata, se si ridurrà a un confronto su un passato, che non ha nulla da insegnare, invece di parlare del presente, che se non si muoverà in altra direzione escluderà che possa esserci un futuro. Qui lo dico, e spero ardentemente di sbagliarmi.

    Con spirito macalusiano io aderisco a un progetto intitolato “Dialogo Gramsci Matteotti”. I compagni impegnati in esso sanno bene che quel dialogo non c’è stato e che esso, negli anni ’20, sarebbe stato impossibile. Oggi quel dialogo è semplicemente inevitabile. Ciao, Emanuele.

  

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