“Fedor M.Dostoevskij” di Gianlorenzo Pacini [Bruno Mondadori]

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L’autore di questo saggio su Dostoevskij è Gianlorenzo Pacini, saggista, accademico, traduttore ed ex docente di Lingua e letteratura russa presso l’università di Siena.

Quest’opera è strutturata in modo simile a un sito web nel senso che può anche essere considerata un ipertesto: un ipertesto, che riesce a riassumere magistralmente in sole 193 pagine la vita, le opere e il valore filosofico dei romanzi del grande autore russo.

È un libro originale perché accurato e allo stesso tempo comprensibile ai più. Questo saggio non è però certo un Bignami su Dostoevskij perché riesce a riassumere senza ipersemplificare e senza togliere nulla alla complessità di ciò che fu e di ciò che scrisse il romanziere russo. L’opera è suddivisa in tre parti: la biografia, il dizionario (nelle cui voci compaiono anche i concetti chiave e tutte le opere) e la bibliografia ragionata. Tra le idee-chiave presenti nelle voci compaiono anche la compresenza dell’uomo “del cielo e della terra”, i doppi pensieri, la leggenda del “Grande inquisitore” presente nei fratelli Karamazov, l’uomo del sottosuolo.

L’autore cita anche i maggiori saggi critici riguardo all’opera di Dostoevskij, tra cui ricordiamo Butchin (che parlò di “romanzo polifonico”), Freud (che parlò di parricidio), R.Girard che coniò l’espressione “desiderio triangolare” per descrivere un meccanismo utilizzato dal romanziere russo in molti suoi romanzi.

Per polifonia nei romanzi si intende quando l’autore esprime diversi punti di vista e fa sentire più voci.

Secondo Girard in tutti i più grandi romanzi moderni esiste inoltre questo “desiderio triangolare” : 1) il soggetto protagonista che desidera 2) l’oggetto desiderato 3) un altro soggetto, che il protagonista imita nel suo desiderio.

Ciò sta a significare che il desiderio nasce per imitazione, per mimesi e non autonomamente. Oltre all’imitazione inoltre c’è anche l’invidia, la voglia esclusiva di possesso, l’angoscia di perderlo. In fondo se ci pensiamo qualsiasi ontologia del desiderio si basa su questi elementi fondamentali.

Pacini ricorda anche la fortuna critica di Dostoevskij in Italia e ricorda che ci fu chi predilesse il socialismo giovanile del romanziere e chi invece il panslavismo e il conservatorismo della maturità.

In quest’opera viene evidenziato anche come Dostoevskij stravedesse per la figura di Cristo e allo stesso tempo criticasse la Chiesa romana per aver ceduto a quelle tentazioni che Satana presentò inutilmente a Cristo.

Da quest’opera si scopre anche che nella sua maturità Dostoevskij non concepì l’Anticristo come un personaggio storico malefico, ma considerò Anticristo il socialismo perché fondato essenzialmente sul materialismo.

Bisogna però aggiungere che se per certi versi il romanziere russo fu profetico per altri aspetti si rivelò un uomo del suo tempo perché fu a favore dell’autocrazia e fu nettamente contrario alle idee professate dagli occidentalisti, che desiderarono la caduta dello zar e l’avvento di un sistema parlamentare.

Il grande romanziere russo è fondamentale anche per la filosofia, soprattutto per lo studio del nichilismo, in quanto fa terribilmente dire a Ivan Karamazov che se Dio non c’è tutto è permesso.

Da questa frase terribile alcuni hanno concluso che non può esistere una morale priva di cifra trascendente, altri hanno concluso che non può esistere una società di atei. In definitiva “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij come “Padri e figli” di Turgenev sono due romanzi imprescindibili non solo per i letterati ma anche per i filosofi.

Insomma anche filosoficamente il grande scrittore ha sollevato molti dubbi e molti interrogativi. Un libro da leggere dunque sia per chi è a digiuno di Dostoevskij sia per chi vuole ripassarlo.

Davide Morelli

Redazione Corriere Nazionale

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