Cosa spinge un ragazzo verso Santiago

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Cosa spinge un ragazzo verso Santiago

di Evelyn Zappimbulso 
Cosa spinge un ragazzo verso Santiago. Cosa spinge un ragazzo con i capelli a treccine a partir da solo a piedi per Santiago de Compostela, camminare trentatré chilometri al giorno e arrivare dopo oltre un mese di cammino, alla meta? Non è un devoto o un praticante, si barrica a suonare o a leggere poeti maledetti e scrittori on the road. Ha vissuto sregolatamente, confondendo ‒ come faceva da lattante ‒ il giorno con la notte, ha patito la vita e i suoi rovesci con l’ipersensibilità dei suoi coetanei. Annunciò di partire e all’inizio parve un’intenzione vaga; ti abitui al guscio di comodità e di malinconie e alla fine ci rinunci. Un mese con il cielo per soffitto, nessuno a fianco, dieci ore al giorno di cammino, ma chi te lo fa fare. E invece un giorno di settembre il ragazzo si è svegliato prima dell’alba, alla stessa ora in cui nacque, tenne a dire, ed è partito per la sua seconda nascita; zaino in spalla dai Pirenei a Burgos, a Leon, in Galizia, fino al Santuario. Una crociata verso ignoti. Magari un tempo sorrideva dei nonni in pellegrinaggio a San Michele, a Pompei, a San Giovanni Rotondo. Ma lui ha capito che le cose veramente necessarie sono inutili ed è andato in cerca del suo cielo. E ha rifatto pace con la luce del mattino. Chissà cosa si saranno detti col Santo, solo grazie. Sono in tanti in quel cammino a non partire con la fede, poi qualcuno via via si ricrede, altri no, restano podisti di questa ginnastica celeste. Le vie dello spirito sono infinite e si percorrono a piedi. Un milione di passi per ritrovarsi. Bentornato, figlio mio.

Redazione Corriere Nazionale 

Evelyn Zappimbulso

vicedirettore@corrierepl

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