Coste italiane, gestisce Red Bull

Dopo pressioni e sanzione UE e dopo la sentenza del Consiglio di Stato 12 ettari del golfo di Trieste “mettono le ali”. Direzione? Bolkestein

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Un’importante accordo commerciale, da poco andato “in porto” – è proprio il caso di dire -, ha attirato l’attenzione mediatica sulle coste del Golfo di Trieste: la multinazionale delle bibite energetiche Red Bull ha recentemente investito una considerevole somma di denaro, pari a 9 milioni di euro, per ottenere i permessi di gestione su un’area costiera di 12 ettari. Questa vasta proprietà comprende 60.000 metri quadrati di terreni privati e ulteriori 65.000 dati in concessione, con una serie di lussuose strutture tra cui spiccano Marina Monfalcone (Gorizia) e i limitrofi caseggiati, giardini e spiagge, i suoi 300 posti barca con un prestigioso yacht club, la rinomata Scuola di Vela “Tito Nordioe, in ultimo, un cantiere nautico di rilevanza internazionale.

Dietrich Mateschitz, il magnate austriaco proprietario di Red Bull, avrebbe condotto personalmente l’acquisizione del tratto di litorale attraverso una holding cinese. L’ambizioso piano aziendale, da quanto trapela, sarebbe quello di trasformare l’Isola dei Bagni a Marina Nova in un’esclusiva “saling academy”, il nuovo regno della vela e della nautica, naturalmente “targato” Red Bull.

Questa mossa strategica del colosso alimentare, rapida e decisa, ha gettato le basi per un nuovo approccio nel campo della valorizzazione e del management del patrimonio costiero italiano, con risultati che, da un lato, sembrerebbero attirare l’interesse di potenziali investitori e appassionati, mentre, dall’altro, aprono già discussioni e riflessioni sulla esterofilizzazione delle ricchezze di casa.

“Ce lo chiede l’Europa!”, più e più volte

Partiamo con l’analizzare per un attimo, dunque, il contesto che c’è dietro quest’investimento.
La questione delle concessioni balneari in Italia è stata oggetto di attenzione a livello europeo già dal dicembre scorso, quando la Commissione dell’UE aveva prima sollevato preoccupazioni riguardo al rinnovo automatico delle licenze da parte del governo italiano e inviato, a tal proposito, una lettera di “messa in mora”, minacciando poi la Politica nostrana di possibili azioni legali (alias: procedura d’infrazione) se le normative della Direttiva Bolkestein non fossero state prontamente applicate e rispettate in toto. Questa linea di condotta di Bruxelles, finalizzata a promuovere la liberalizzazione delle attribuzioni statali di utilizzo demaniale e l’assegnazione delle stesse tramite gare pubbliche, ha però scatenato un acceso dibattito sulla gestione delle spiagge nostrane. Perché?

Sicuramente perché l’apertura a bandi internazionali, a ben guardare, potrebbe mettere in discussione le gestioni familiari che, per lungo tempo, hanno custodito e preservato le tradizioni costiere del Paese: persone che hanno riversato per anni i propri risparmi per rilevare stagionalmente un angolino di litorale di cui occuparsi e su cui guadagnarsi da vivere. Se, da un lato, è vero che le percentuali riscosse dallo Stato sono, in genere, state relativamente basse, con stabilimenti del valore di milioni di euro che (con i canoni tuttora attuali) hanno pagato normalmente pochi spicci, dall’altro sembrano sempre più evidenti le possibili conseguenze nefaste della riforma richiesta: la possibilità di vedere grandi imprenditori stranieri e gruppi finanziari privati entrare in gioco (contro i quali i titolari di permesso nostrani avrebbero ben poche possibilità di concorrere nelle gare di appalto), non può non sollevare grandi interrogativi, insomma, riguardo alla preservazione dell’identità locale e dei valori tradizionali.

L’amministrazione italiana, a onor del vero, non ha mai recepito pienamente (finora) i dettami della disposizione europea: pur avendola ratificata formalmente nel  2010, il Bel Paese ha pensato bene di rinviarne l’applicazione nel tempo. Durante il “Governo Conte I”, infatti, fu apportata un’importante modifica legislativa (la 145/2018) riguardante l’estensione delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2033. Tale proroga venne giustificata come un “periodo transitorio” necessario, utile per una rivisitazione organica del settore – in accordo con la stessa Bruxelles – sotto la guida dell’allora ministro del Turismo, Gian Marco Centinaio. Successivamente, a causa dei ribaltamenti politici avvenuti, il lavoro non è comunque mai stato portato a termine, spingendo quindi la Commissione europea a intraprendere l’iter sanzionatorio nei confronti dell’Italia. Nonostante le Istituzioni nazionali abbiano risposto all’UE con una lettera in cui si sottolineava la necessità di avere ulteriore tempo per intervenire, la richiesta di procedere con l’infrazione ha seguito il suo corso e la situazione si è evoluta, in peggio.

Oggi più che mai, dunque, sembrano incombenti i rischi connessi all’inosservanza dei dictat europei, anche perché lo scorso novembre – come se non bastasse – è stata depositata una sentenza del Consiglio di Stato con cui si annullava la validità della proroga al 2033 e con la quale si richiamava il Governo ad imporre le gare pubbliche d’appalto entro due anni. Non pare esserci, quindi, alcuna via d’uscita per la Politica nostrana: la conquista delle coste italiane, da parte delle multinazionali straniere, “s’ha da fare”.

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Ma il “popolino”, cosa ne pensa?

La notizia dell’ottenimento del golfo di Trieste da parte di Red Bull sembra, pertanto, essere solo un punto di partenza, considerando che il futuro delle coste italiane si potrebbe prospettare pieno di enormi sfide – di portata nazionale – che, per alcuni, potrebbero invece essere anche…un “mare” di opportunità!

Se da un lato, infatti, potranno gioire tutti coloro che sono inclini all’invidia – caratteristica peculiare dell’animo italico, espressa in un “[…]Concessionari? Non pagano praticamente niente allo Stato ed evadono generalmente le tasse” – o si tornerà persino a leggere sui giornali importanti come, d’ora in avanti, le cose potranno andare soltanto meglio, dall’altro non bisogna sottovalutare che con la Direttiva Bolkestein – obbligata con l’ennesimo insistente “Ce lo chiede l’Europa”, fino all’implementazione – ulteriori piccole/medie imprese, che gestiscono stabilimenti da generazioni, scompariranno.

L’Italia, ora, si trova quindi ad un bivio: è chiamata a trovare un equilibrio tra l’apertura alle opportunità internazionali e la tutela delle proprie tradizioni costiere e, se la strada scelta non sarà quella giusta, chilometri e chilometri di sabbia bianca, per anni setacciata dai mozziconi di sigaretta, potrebbero finire presto là dove l’UE ha sempre voluto spedirli sin dagli albori, ossia nelle mani della privatizzazione straniera.
E pensare che pochi anni fa c’era ancora chi si scandalizzava nel vedere Gentiloni “regalare il mare” ai francesi

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Fonti:
Sito web dello Yacht Club Monfalcone e della Scuola di Vela “Tito Nordio”;
Wikipedia (enciclopedia libera con sito web);
Sito web di Mondo Balneare (testata giornalistica di riferimento e d’informazione specialistica per il settore turistico balneare);
Sito web della Commissione europea;
Il Fatto Quotidiano (Testata giornalistica italiana);
Sito web istituzionale di Giustizia Amministrativa;
Rai Play (canale video su YouTube);
La7 Attualità (canale video su YouTube);
FriuliOggi.it (Testata giornalistica italiana online);
Il Blog delle Stelle (blog ufficiale della piattaforma di democrazia diretta e partecipata Rousseau, gestito dall’Associazione Rousseau);
Ofcs.report (Testata giornalistica di approfondimento su temi di attualità della geopolitica, sicurezza, salute, cybersecurity ed economia).

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

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