Mercati delusi dallo scudo della Bce senza effetti immediati

Economia & Finanza

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Secondo gli analisti lo strumento anti-spread potrebbe rilevarsi inefficace in un contesto di inflazione elevata, crescita in rallentamento e alto rischio geopolitico.

di Giorgia Ariosto

© Foto: Daniel Roland / AFP  –  Bce, Banca centrale europea

 

AGI – Lo scudo anti-spread della Bce, il nuovo strumento anti-frammentazione varato oggi, delude i mercati.

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Secondo gli analisti, il Transmission Protection Instrument non “darà effetti immediati” e potrebbe rilevarsi non abbastanza efficace in un contesto come quello attuale di inflazione elevata, crescita in rallentamento e alto rischio geopolitico.

In particolare, non convince la “vaghezza” e la “discrezionalità” sulla sua attuazione. Per quanto riguarda il Tpi, osserva Andrew Mulliner, head of global Aggregate Strategies di Janus Henderson, “in questa fase iniziale i dettagli sono stati piuttosto scarsi e i punti chiave stanno nella sua dimensione illimitata e nel fatto che la sua attuazione sarà completamente a discrezione del Consiglio direttivo.

Durante la conferenza stampa e nel comunicato stampa successivo, è stato rivelato che la condizionalità sarebbe stata un fattore, con diversi ostacoli da superare prima della decisione di attivare il Tpi; a prima vista, queste condizioni sembrano onerose; tuttavia, l’analisi dei dettagli suggerisce che l’ostacolo per l’inclusione è basso”.

In particolare, spiega Mulliner, “la vaghezza dell’attivazione significa che i mercati non possono testare esplicitamente lo strumento, il che limita chiaramente qualsiasi impatto immediato, ma non è questo il punto: non si tratta di uno strumento attivo, ma di un backstop”.

Per l’analista, “un elemento sorprendente dell’annuncio è stato che la Bce cercherà di compensare gli acquisti con una sorta di sterilizzazione per garantire che gli acquisti non interferiscano con l’impostazione della politica monetaria; questa sterilizzazione – sottolinea Mulliner – non riguarda solo il livello di liquidità nel sistema, ma anche la dimensione aggregata del portafoglio di titoli di debito di politica monetaria, indicando che la Bce potrebbe cercare di ridurre la sua allocazione alle obbligazioni core come parte di questo programma”.

“Sebbene i mercati siano stati inizialmente sorpresi dall’entità della mossa – prosegue l’analista di Janus Henderson – l’allontanamento dalla forward guidance per la riunione di settembre ha contribuito a smorzare la reazione del mercato.

Il riconoscimento delle difficili prospettive di crescita, insieme a quelle di inflazione, segna una presa di posizione più sfumata rispetto a quella che forse è stata notata dalla Bce nelle precedenti conferenze stampa.

Dovremmo aspettarci sostanziali revisioni negative da parte dello staff della Bce nella prossima tornata di previsioni. Il rovescio della medaglia è che la stagflazione è un ambiente da incubo per una banca centrale responsabile di 19 paesi diversi”.

“Evitare la frammentazione del debito europeo è praticamente impossibile. Il rialzo di mezzo punto dei tassi d’interesse non riuscirà a colmare un’inflazione che è ormai fuori controllo – spiega ancora Andrea Bragli, ceo della Società di Consulenza Finanziaria Indipendente (Sfc) Aequilibrium, specializzata sugli investimenti alternativi -Ci troviamo in una situazione di crisi finanziaria così avanzata dove anche gli interventi in extremis da parte della Bce non riusciranno ad essere produttivi anche se decisi volta per volta in base ai dati macro e ai target di inflazione. Le banche centrali hanno usato tutte le loro armi nel tenere i tassi di interesse negativi, e in particolare la Bce non ha mosso i tassi al rialzo per 11 anni, tenendoli ‘artificialmente negativi’ per 7 anni. Passare ad un approccio in cui le decisioni sui tassi vengono prese volta per volta, non cambierà di certo la situazione e i mercati ne risentiranno”.

Secondo, Giorgio Broggi, quantitative analyst di Moneyfarm, “i primi segnali sembrano suggerire che i mercati stiano reagendo con nervosismo alla narrativa dettata da Francoforte, con vari effetti contrastanti almeno in questa prima fase, anche se gli spread dei Paesi periferici rimangono volatili a fronte dei dubbi sul nuovo tool, esplicitamente finalizzato ad assicurare che la politica monetaria europea sia trasmessa senza attriti in tutta l’area monetaria, senza limiti di portata, anche se soggetto a criteri di eligibilità stringenti (soprattutto sul lato della finanza pubblica). Uno strumento che – osserva – i mercati non sembrano ancora ritenere abbastanza forte, in un contesto di inflazione elevata, crescita in rallentamento ed alto rischio geopolitico, come mostrato dalla mancanza di un apprezzamento deciso dell’euro contro il dollaro. Certamente, il focus rimane sull’evoluzione delle vicende politiche nei paesi periferici, Italia sopra tutti, e sul rischio di una ritorsione russa nella fornitura del gas. In tale contesto, l’obiettivo di abbassare l’inflazione senza causare una crisi economica rimane ancora forse realizzabile, ma certamente più arduo”.

Sulla stessa linea Konstantin Veit, Portfolio Manager European Rates di Pimco: “Il backstop anti-frammentazione è povero di dettagli e rimane improbabile che la Bce limiti gli spread dei paesi periferici a livelli troppo stringenti, man mano che la normalizzazione delle politiche procede. Se da un lato vediamo che la Bce finirà per effettuare un numero di rialzi inferiore a quanto previsto dal mercato sulla base di prospettive di crescita più deboli, dall’altro l’inflazione dell’eurozona per il resto dell’anno rimarrà elevata e la pressione sulla Bce per intervenire sarà elevata anche nel breve periodo”.

L’Eurotower, evidenzia poi Nicolas Forest, global head of fixed income di Candriam, “alla fine ha aumentato i tassi di 50 punti base, per la prima volta in 10 anni. Contrariamente alle sue comunicazioni, ha dovuto effettuare un rialzo più aggressivo a fronte di un’inflazione che è stata ampiamente sottovalutata negli ultimi mesi. In questo modo, sta minando la sua forward guidance e la sua comunicazione. Il secondo momento saliente della giornata è stata l’attesa risposta della Bce sullo strumento anti-frammentazione. Tuttavia, la condizionalità associata alla sostenibilità del debito – conclude l’analista – ricorda i brutti tempi della crisi del debito periferico. Dal momento che l’Italia si trova nel bel mezzo delle elezioni anticipate, i prossimi mesi dovrebbero essere complicati per gli spread periferici”.

Per Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, “la Lagarde è riuscita ad ottenere un ‘do ut des’ tra un rialzo più corposo in cambio del via libera al piano anti-frammentazione (Tpi) che reca però quattro condizioni. Le quattro condizioni di fatto (soprattutto quella inerente al rispetto dei criteri del recovery fund) – spiega Cesarano – fanno riferimento a condizioni di stabilità politica tali da poter garantire il percorso previsto per il rispetto dei vari milestones e target necessari per ottenere i fondi dei recovery plan nazionali (il nostro Pnrr)”.

Secondo l’analista, queste condizioni “rappresentano un fattore importante che lega ulteriormente l’evoluzione dello spread a quella della crisi politica in atto”.

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